Berlusconi: mi ricandido

Berlusconi: mi ricandido Berlusconi: mi ricandido Ma Palazzo Chigi avverte «Non credo che si voterà» ROMA DALLA REDAZIONE Berlusconi aveva rinunziato all'idea di ricandidarsi alla guida del governo, anche perché i suoi alleati non erano per niente entusiasti. Si poneva la domanda a Fini e lui rispondeva che ci si sarebbe pensato a tempo debito. Si interrogava Casini e rispondeva che bisognava riflettere bene. Ma quelli erano i tempi del Polo declinante. Ora Silvio Berlusconi torna alla carica e non esclude più la possibilità di ricandidarsi. Anche perché è convinto che il governo Prodi cadrà prima della fine della legislatura a causa della situazione economica. E poi, vuole tranquillizzare i suoi elettori che, dice, provocarono «un finimondo» quando lui annuncio il suo ritiro. «Prenderò la decisione assieme agli alleati, al momento opportuno - ha spiegato Berlusconi alla Reuters television -. In ogni caso il candidato del Polo dovrà essere una persona molto concreta, con grande autorevolezza, anche internazionale». In pratica, Berlusconi richiude la strada a Gianfranco Fini, perche, in base al suo ragionamento, il presidente di An non ha sufficiente autorevolezza internazionale. «Una bellissima notizia» ha commentato entusiasta il tesoriere di Forza Italia, Giovanni dell'Elee. «Si rinforza ulteriormente l'azione dell'opposizione» gioisce Enrico La Loggia, presidente dei senatori lbrzisti. Silenzio, invece, da parte degli alleati del Polo. Parla Rocco Buttiglione, che non è più un alleato ma non è ancora un avversario dichiarato di Berlusconi. Comincia dicendo «nessun veto» e poi attacca sostenendo che sono finiti i tempi in cui il candidato usciva da un accordo tra Berlusconi e Fini. Siccome l'apporto dell'Udr è determinante per il Polo, ora dovrà l'are i conti con i cossighiani «e quindi il nome del candidato e le caratteristiche della coalizione andranno concordate». Dal fronte ulivista una sola voce e canzonatoria. «Per fortuna Berlusconi annuncia che ci ripensa e si ricandida - dice il presidente dei senatori verdi, Maurizio Pieroni -. Lo ringrazio sinceramente: questa boccata di ossigeno ci voleva. E' un efficace contributo perché la maggioranza ritrovi lucidità e determinazione». Al momento, nel contro-sinistra la determinazione la stanno dimostrando concordemente Prodi e D'Alema. Entrambi determinati a chiudere, una volta per tutte, il contenzioso di Rifondazione comunista. «O si raggiunge un accordo forte e globale, oppure io mi faccio da parte» ha detto il presidente del Consiglio a La Repubblica. Nel Consiglio dei ministri di ieri, però, Prodi non si è mostrato del tutto pessimista sulle sorti del suo governo. «Non credo che siano necessarie elezioni» ha detto ai ministri. Comunque, per sapere come va a finire, ci vuole poco. Secondo Prodi entro il 15 luglio sarà deciso tutto: ripresa del governo o crisi. E con Rifondazione comunista si dovrà concordare anche una soluzione sul Kosovo, un problema che Prodi considera «dirimente». Mentre Bertinotti dice che di politica estera non ne vuole parlare. Anche Massimo D'Alema è per i tempi brevi. «Se da qui a dieci giorni noi dovessimo prendere atto che la maggioranza che ha vinto le elezioni non è in grado di governare il Paese, allora sarebbe difficile non portare questa realtà davanti agli elettori». Il percorso della verifica, precisa Minniti, numero due dei ds, si dovrà concludere con un voto di fiducia in Parlamento. Un voto che dovrà impegnare anche Rifondazione comunista. E proprio da Rifondazione è cominciata, ieri, la «verifica» dello stato di salute della maggioranza, con un incontro tra Prodi e Bertinotti. I popolari si aspettano un patto che duri almeno un anno perché «non vogliamo galleggiare» dice Enrico Letta. E il segretario Marini dice a Bertinotti che «non si può stare in una maggioranza solo quando conviene, o altrimenti no. Bisogna recuperare questo spirito di rispetto». Intanto, Lamberto Dini avvisa che non accetterà uno spostamento a sinistra dell'asse del governo.

Luoghi citati: Fini, Kosovo, Roma