«Ecco la banda che ha rapito la Sgarella»

«Ecco la banda che ha rapito la Sgarella» Arrestate sette persone tra Milano e la Calabria, fra loro ci sarebbero il basista e il telefonista «Ecco la banda che ha rapito la Sgarella» La svolta da una chiamata intercettata ad aprile MILANO. Sette arresti, cinquanta perquisizioni, l'Aspromonte battuto palmo a palmo alla ricerca di Alessandra Sgarella. Sei mesi dopo il sequestro della giovane imprenditrice milanese, gli inquirenti battono una pista certa: quella che porta in Calabria, al paese di Oppido Mamertina, a una famiglia unita come un clan. In manette finiscono i Lumbaca, nomi da niente nel panorama della criminalità. Precedenti di poco conto, mai un sequestro di persona prima d'ora. Eppure sono loro, ne sono convinti i due magistrati milanesi Alberto Nobili e Alfredo Robledo, ad aver pensato, organizzato, gestito il sequestro di persona dell'imprenditrice milanese, su al Nord a mille e passa chilometri dai boschi dell'Aspromonte. Tra gli arrestati c'è Giuseppe Anghelone, nato a Oppido Mamertina ma residente a Quarto Oggiaro, uno dei quartieri all'estrema periferia di Milano. Ha 49 anni, fa il camionista, e per questo è stato in contatto con l'azienda dei famigliari di Alessandra Sgarella. Gli inquirenti sono convinti che sia il basista della banda. Tra i finiti in manette c'è Francesco Lumbaca, 43 anni anche lui di Oppido Mamertina dove gestisce un frantoio per le olive. E' il telefonista della banda, la voce che a una dipendente della Italsempione, l'azienda degli Sgarella, ha fatto arrivare più volte le condizioni per il pagamento del riscattò. Cinquanta miliardi in un primo tempo, sccsi a quindici ma forse solo come acconto. Ed è seguendo questa voce, che polizia e carabinieri sono arrivati a seguire il filo che ha permesso di dipanare le indagini. La telefonata che ha permesso di far partire il blitz risale al 2 aprile scorso. Veniva dalla zona di Gioia Tauro ed era un telefono pulito, una cabina telefonica di una stazione di servizio sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria paoUM w ti on E, allora le indagini si sono indirizzate lì, nella zona del polo siderurgico. Ma solo dopò che gli analisti hanno iniziato à lavorare sui tabulati Telecom, a controllare centinaia di telefonate è arrivata l'indicazione definitiva, quella che porta a Oppido Mamertina, alla provincia di Reggio Calabria, all'Aspromonte. ((Abbiamo ragionevoli speranze di trovare Alessandra Sgarella», è il primo commento soddisfatto del procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli. «Con gli arresti abbiamo ottenuto un risultato importante, abbiamo delle prove, non dei semplici indizi», conferma ancora Borrelli. Pronto già a tirare una prima conclusione, mentre con elicotteri e cani le battute sulle pendici della montagna non si fermano: «(Abbiamo ragione di ritenere che il gruppo coinvolto nel sequestro di Alessan dra Sgarella non sia molto più nu meroso rispetto agli elementi che sono stati arrestati. Quelli che sono in libertà non rappresentano un pericolo reale per gli sviluppi delle in dagini». In libertà ci sono ancora i carcerieri, le persone che in questi mesi da quell'll dicembre '97 quando Alessandra Sgarella venne prelevata davanti alla sua abitazione in zona San Siro, sono stati sempre accanto all'ostaggio. Quelli che la accudiscono, che le danno da mangiare, che raccolgono da lei gli elelementi per fornire ai parenti le prove di vita. Che si può ancora trattare, che l'ostaggio è ancora ima merce preziosa di scambio. Ed è a questo che si attaccano i famigliari di Alessandra Sgarella. Che ieri, a notizia di blitz avvenuto, hanno affidato la loro speranza a un comunicato. Poche righe, accompagnate dalla richiesta di mantenere comunque il silenzio stampa: «Non siamo mai stati messi al corrente del risultato delle indagini. Manifestiamo la nostra disponibilità ad ogni iniziativa per consentire il ritorno a casa di Alessandra». «Ogni iniziativa», sottolineano. In linea con i loro tentativi, anche dopo che i magistrati della Direzione distrettuale antimafia avevano pesto il blocco dei beni. Un blocco che non aveva impedito di tenere aperte le trattative, anche dalle colonne del «Corriere della Sera» dove in questi mesi, il 18 febbraio, quattro giorni dopo e ancora il 19 marzo, erano usciti annunci in cui si parlava 'fléìla'eónipfavdnrtìla di mia fascina in Toscana, dalle parti di Siena. Un filo sottile, quello della tratta;,t'iV > jiéilàL "elefantef ' palazzina ' a tivà' quattro piani in zona San Siro i fa migliari della imprenditrice, in un paesone della Calabria gli emissari dei sequestratori. Un'altra famiglia, un clan con a capo Vincenzo Lumbaca, 68 anni, una vita ferma nella frazione di Castellace alle porte del paese. E poi suo fratello Rocco, 45 anni, che adesso sta a Genova dove gestisce mi banco di frutta e verdura. E suo figlio Francesco, accusato di essere il telefonista. C'è un altro Vincenzo Lumbaca, di 40 armi, trasferitosi al Nord, a Bollate dove si occupa di intermediazione, figlio di un altro fratello del capoclan. A Oppido Mamertina vengono arrestati anche Domenico Russo, 38 anni, cugino del capoclan e Domenica Curro, 36 anni, moglie di Giuseppe Anghelone arrestato invece a Milano. Per tutti, l'accusa contenuta nelle 69 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmata lunedì scorso dal gip Guido Salvini è quella di concorso in sequestro di persona. Nell'ordinanza c'è la prova delle chiamate fatte alla dipendente del Gruppo Sgarella e c'è la prova di un vorticoso giro di telefonate tra i componenti della famiglia. Un mare di parole, su cui si attende una risposta dagli imputati - ma alcuni hanno già negato - già trasferiti in carceri della Lombardia. Prima ad essere interrogata, per quasi due ore, ieri pomeriggio, Domenica Curro. Anche lei nega tutto, nega di sapere che la sua famiglia sia coinvolta nel sequestro di Alessandra Sgarella. «La posizione della mia assistila è marginale, al limite del favoreggiamento», assicura il suo avvocato Mario Gragnani. E Domenica Curro, camicia beige, pantaloni blu, la faccia stravolta per una notte in auto dalla Calabria a qui, quasi non capisce che per lei si aprono adesso le porte del carcere. «Non andiamo a casa?», chiede stupita, agli uomini della Criminalpol che se la portano via dopo l'interrogatorio. Fabio Potetti Borrelli: «Abbiamo delle prove non semplici indizi». Caccia ai carcerieri dell'imprenditrice «Non sono un pericolo per gli sviluppi delle indagini» La richiesta scesa da 50 a 15 miliardi il tr SOVEMOOPPIDO i Itr SOVEMTO;' &VIB0 VALENTIA OPPIDO fi MAMERTINA I Alessandra Sgarella. A fianco, sul sedile posteriore, Vincenzo Lumbaca Francesco Lumbaca