«Ridare vigore al carcere duro»

«Ridare vigore al carcere duro» «Ridare vigore al carcere duro» Caselli: senza scordare i rilievi della Consulta IL PROCURATORE DI PALERMO PROCURATORE Caselli, continuate ad arrestare decine di mafiosi. Eppure Cosa Nostra da più parti viene data in liquidazione. «Le risultanze uwestigative, anche quelle di uggi, descrivono una organizzazione criminale purtoppo ancora in buona salute, nonostante i successi eccezionali conseguiti in questi anni dalle forze dell'ordine». Da quanto si apprende, sembra essersi delineata una separazione fra i gruppi guidati da Riina e da Provengano. E' prevedibile uno scontro? «Non posso entrare nel dettaglio di indagini in corso e perciò ini limiti ad osservare ciò che è stato descritto. C'è, in questo momento, una sorta di differenziazione dentro Cosa Nostra. La strategia che sembra fin qui prevalere è quella dell'inabissamento in attesa di tempi più propizi» La .\i •»!.« Provenzano». \Cl\0i\ intendo personalizzare una analisi strutturale». Procuratore, l'operazione di polizia eseguita tra Palermo e Catania evidenzia l'esistenza di altri problemi. Un boss aveva la possibilità di parlare al telefono, stando tranquillamente nella propria cella... «Certo, c'è qualcosa che non ha funzionato nella sorveglianza ai detenuti ritenuti pericolosi. La materia non consentirebbe ironie, ma sembra evidente che qualche aggiustamento dovrà essere previsto perché possa tornare all'originaria efficienza l'applicazione dell'art. 41 bis». Sta dicendo che il carcere per i mafiosi non è più auro r.orne qualche tempo fa? «Evitiamo te semplificazioni e cerchiamo di ragionare». Ragioniamo, allora. «L'art. 41 bis era stato chiesto e richiesto mentre erano in vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che indicavano almeno nel- la parità di trattamento dei boss coi detenuti normali una via per spogliare i capimafia di quell'aura di impunità che ne facevano dei miti imbattibili. Mi spiego: un mafioso che sta in cella senza poter comportarsi come al grand hotel è mia persona più facilmente ridimensionabile al ruolo di nomale criminale. Senza pensare che un boss nelle condizioni di non poter comunicare con l'esterno, non può fare uccidere nessuno. Chiari, dunque, quali vantaggi lo Stato può trarre dall'applicazione del 41 bis. Ci sono volute, tuttavia, le stragi di Capaci e via D'Amelio perché ci si convincesse di ricorrere al carcere duro, come dimostra quel "bis" che contraddistingue le leggi antimafia più nnportanti». Ci spieghi megUo il concetto. «La parolina "bis" sta a significare il ricorso a qualcosa di originariamente non previsto, anche quando necessario, introdotto soltanto dopo per tappare un buco, di solito in seguito al trauma di qualche strage o delitto eclatante». Poi col tempo il41bissièun po' afflosciato. «Hanno contribuito tre fattori, incolpevoli e indipendenti l'uno dall'altro: la facilità con cui i detenuti potevano sfuggire ai rigori delle norme grazie al cosiddetto turismo giudiziario che allargava le maglie per via dei trasferimenti e delle lunghe soste nelle aule giudiziarie di mezza Italia. Secondo fattore: alcuni interventi dei tribunali di sorveglianza che, nella loro ottica del caso per caso, si sono espressi in senso di ima applicazione più morbida delle norme. Terzo fattore: i richiami della Corte Costituzionale, ai quali non ci si può che inchinare rispettosamente, che invitava ad evitare tutto ciò che potesse favorire una eventuale disumanizzazione della pena». Lei ha già detto, proprio in seguito dell'operazione di Palermo e Catania, che è venuto il momento di riscrivere il 41 bis. Al suo richiamo si sono già unite molte altre voci... «Certo che bisogna rivedere questa realtà. Le indagini di oggi ci hanno mostrato quanto facile sia per i mafiosi comunicare con l'esterno attraverso le maglie dei colloqui, utilizzando persino bambini incolpevoli. Addirittura usufruendo di telefoni cellulari. Credo che sarà inevitabile ripensare a nuove norme, partendo proprio dall'esperienza sin qui acquisita e dalla nuova importante conquista rappresentata dall'avvento della videoconferenza. Penso a norme che tengano conto delle giuste esigenze rappresentate dai tribunali di sorveglianza e dalla Corte Costituzionale. Senza però vanificare l'altrettanto giusto principio che animò il ricorso al 41 bis: impedire ai boss di comunicare con l'esterno Ciò per ripristinare la legalità nelle carceri e per impedire spargimenti di sangue ordinati da persone che dovrebbero risultare neutralizzate dal loro stato di imputati detenuti o condannati. Sono peraltro convinto che al ministero di Grazia e Giustizia vi siano le necessarie competenze tecniche, politiche e giuridiche per ottenere questi risultati». Dott. Caselli, dicono che voi ternate tanto al 41 bis perché il carcere duro è una sorta di fabbrica di pentiti. «Il principio che ci ispira è quello di affermare l'autorità dello Stato. Può accadere che la fermezza convinca i criminali a passare dalla parte giusta. Ma ciò è fisiologico. Ce lo ha insegnato Giovanni Falcone: i pentiti non sono un temporale fuori stagione, ma il risultato dell'impegno nella lotta alla mafia». Francesco La Licata «Si deve ripristinare la legalità dentro le prigioni: va impedito che detenuti possano ordinare esecuzioni e spargimenti di sangue» «Anche alcune decisioni dei giudici di sorveglianza e le frequenti trasferte dei boss per i processi hanno afflosciato il regime 41 bis» «Oggi è troppo facile passare gli ordini attraverso le maglie dei colloqui e persino usando i bambini» «Le indagini provano che Cosa Nostra è purtroppo ancora in buona salute altro che in disarmo»

Persone citate: Caselli, Di Palermo, Francesco La Licata, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Provenzano, Riina

Luoghi citati: Capaci, Catania, Italia, Palermo