La lucida «follia» del Cossiga furioso di Paolo Guzzanti

La lucida «follia» del Cossiga furioso FUOR! DAL CORO La lucida «follia» del Cossiga furioso ORSE i lettori ricorderanno che io ho un'antica consuetudine con Francesco Cossiga. Una consuetudine di lavoro, il giornalista che chiede e il politico che risponde, che dura dal gennaio del 1991. Ero stato spedito in quei giorni a Gela in Sicilia per assistere di persona a una di quelle che sembravano sconcertanti «esternazioni» (ma l'orrida parola ancora non esisteva) di un Presidente impazzito per il quale già si preparava un curioso impeachement per via psichiatrica e scopi obliqui e oscuri. Il bizzarro capo dello Stato mi riconobbe nel mucchio dei cronisti assiepati, perché mi aveva visto la sera prima in televisione da Catherine Spaak. E allora ruppe il corteo, mi venne a prendere sotto braccio e mi disse: «Non sapevo che lei avesse una figlia attrice». Si riferiva a Sabina di cui avevo parlato ad «Harem». Lo seguii trascinato per la manica e ricordo che il sindaco di Gela, gelosissimo, mi riempiva di calci negli stinchi. Poco dopo assistetti a una sfuriata di Cossiga contro coloro che, in occasione della strage dei carabinieri al Pilone di Bologna (un crimine della banda della Uno bianca), avevano trovato il modo di dire che tutto sommato la Benemerita ha comunque un passato pòco onorevole a causa delle trame del 1964 del generale De Lorenzo. Tuonò, vedevo i suoi capelli scomporsi, presi appunti e scrissi di questa indignazione raccontando fatti e parole. Il giorno dopo una serie di telefonate e di altri messaggi mi fecero capire che avevo rotto una consegna a me ignota: non avevo ripetuto, nel coro, che Cossiga era matto come un cavallo, un uomo pericoloso da ricoverare. Quanto sia da ricoverare Cossiga ognuno lo può vedere da sé, oggi, leggendo e vedendo quel che fa e dice: tutte cose che possono piacere o dispiacere, provocare approvazione o, come nel caso di D'Alema, profonda ansia e fastidio, ma di cui certamente nessuno si sognerebbe di dire che sono frutti della mente di un pazzo. Non avendo partecipato alla sottoscrizione della peI tizione per la cacciata di I Cossiga in autoambulanza e avendo poi moltiplicato le occasioni di colloquio con il Presidente della Repubblica,, (tutte fedelmente trascritte su questo giornale, al servizio dei suoi lettori), ebbi la gioia di vedermi linciato su tutta la stampa che partecipava al banchetto anticossighiano, insultato, diffamato e deriso. Il più benevolo dei miei amici del fronte a lui nemico sostenne spiritosamente recensendo un mio libro che il vero Cossiga ero io, una mia invenzione. Poi scoppiò l'affare Gladio e fu subito evidente che l'organizzazione «Stay behind» non era la responsabile dello stragismo e della strategia della tensione, ma che quelli erano i prodotti di altre e ben più pericolose associazioni che univano fascisti, agenti segreti italiani e americani, politici e mafiosi. li giudice Salvini di Milano $ arrivato da tempo alla descrizione di quei legami. A farla breve, dettero tutti addossò à Cóssigà come stragista. E ancora una volta vidi che quel che diceva quest'uomo non era creduto, benché controllabile e secondo me evidente. Oggi in politica è invalsa la moda di sostenere che Cossiga sta «rifacendo la De per dare una mano a Prodi». E, secondo me, ancora una volta la pigrizia di giudizio e di analisi è pessima consigliera a proposito di Cossiga, il quale non vuole rifare la De, ma vuole scardinare tutte le alleanze oggi combinate sui due fronti, per disossare la sinistra dal centro e il centrodestra dalla destra, per arrivare ad uno scontro finale fra sinistra democratica socialista, contro il liberalismo democratico. Riuscirà? Non riuscirà? fallirà? Vedremo. Ma consiglio ai lettori di guardare quest'uomo con un occhio non condizionato, anche se vogliono avversarlo. Se non altro, è divertente. Paolo Guzzanti nti |

Luoghi citati: Bologna, Gela, Milano, Sicilia