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LE PREDICHE NON DANNO LAVORO TROPPE FALSE PROMESSE LE PREDICHE NON DANNO LAVORO TUTTI avranno esperienza di certe giornate d'estate che partono serenissime, poi, in maniera impercettibile ma rapida, cambiano radicalmente: l'azzurro si trasforma di colpo in grigio minaccioso e improvvisamente tira aria di temporale. Un simile, repentino cambiamento si sta verificando nelle ultime settimane in Italia. Il Paese soffre infatti di una sorta di contraccolpo all'entusiasmo di Maastricht. Vi è un'improvvisa voglia di accentuare tutti gli aspetti negativi della congiuntura così come prima c'era voglia di minimizzarli e il malumore economico si tramuta con rapidità in malumore politico. Si scopre che l'occupazione sale pochissimo (anche se non è vero che scenda, come ha scritto qualcuno), che la produzione non «tira» come dovrebbe, che la Borsa ha smesso di salire. Le previsioni di crescita vengono ritoccate al ribasso, sia pure di qualche decimale, mentre piccoli segnali non tranquillizzanti provengono dai conti pubblici e dalla bilancia dei pagamenti. E' in questo quadro non favorevole che si avvia una difficile verifica politica, e il problema dell'occupazione, che ne viene posto al centro, non è affrontato con la necessaria freddezza. Dai comuni cittadini fino al Presidente della Repubblica, da vescovi e segretari di partiti, da sindacalisti e industriali, parte un invito sempre più pressante al governo perché «crei occupazione». Sembra quasi che il governo, per incapacità o durezza di cuore, non voglia o non riesca a «impegnarsi», che se solo facesse qualche sforzo, i posti di lavoro salterebbero fuori. E il governo si è incautamente lasciato andare a previsioni e promesse sui posti di lavoro futuri dei quali non ha alcuna certezza. In realtà, coloro che partecipano a questi dibattiti non possono non sapere che nella moderna economia globale, contro la disoccupazione le armi tradizionali dei governi sono spuntate ed arrugginite. Con i Mario Deaglio CONTINUA A PAG. 6 PRIMA COLONNA