Uno sconosciuto nell'Arena
Uno sconosciuto nell'Arena Verona: la favola del giovane tenore che stasera apre il 76° Festival con Ballo in Maschera Uno sconosciuto nell'Arena Salvatore Licitra, trentanni, siciliano ha cantato soltanto una volta in teatro VERONA. Salvatore Licitra: chi è costui? Il nuovo Pavarotti, come tutti ormai dicono, il nuovo Di Stefano, il nuovo Del Monaco, 0 nuovo Bergonzi, il maestro con cui ha studiato negli ultmi tre anni? Difficile dirlo, anche se Daniel Oren, il direttore d'orchetra dalla voce tonante, ha affermato senza mezzi termini di aver scovato il «nuovo Pavarotti». Una cosa è senza dubbio vera: Salvatore Licitra, trentanni, nato a Berna il 10 agosto 1960, nel segno del Leone, è un giovane tenore dalla voce bruna, scura, che nel registro centrale e negli acuti si fa sentire con piacere, è «un illustre sconosciuto - come egli stesso dice - che questa sera per l'inaugurazione del 76° Festival dell'Arena spera di conquistare il cuore degli italiani nel "Ballo in Maschera", una delle opere più difficili di Verdi, soprattutto se cantate all'aperto nel catino areniano davanti ad una platea internazionale di 15 mila persone». C'è da stupirsi? Non del tutto. Il successo dei grandi cantanti è sempre iniziato per caso: Salvatore Licitra, chiarissimo nome siciliano di Acate in provincia di Siracusa, ha cominciato a studiare a 18 anni, poi, qualcuno gli ha detto che era un baritono, lui non ne era del tutto convinto ed è finito a Parma da Carlo Bergonzi. Il grande cantante verdiano gli ha detto a chiare lettere: «Sei im tenore e basta. Studia e vediamo che succede». Licitra aveva tribolato per una decina d'anni, ha cominciato a macinare vocalizzi su vocalizzi, ha perfezionato l'emissione, ora smorza i si bemolle, è personaggio dai nervi saldi. Tre anni fa Bergonzi, vecchio volpone del paloscenico, gli ha detto: ho trovato per te la parte di Gastone nella "Traviata". Una parte da comprimario, ma necessaria a prendere confidenza con il teatro». Poi, a gennaio, l'incredibile salto: «Il Ballo in maschera» al Regio di Parma: come volare 2 metri e 30 senza aver fatto alcuna gara. Dopo il debutto a Parma il silenzio: «Non succedeva nulla», dice. Che ha fatto allora? «Ho preso il telefono e ho cominciato a chiamare tutti i teatri. L'Arena mi ha risposto: "Venga a fare un'audizione". Mi ha sentito il maestro Papagni e al pomeriggio il direttore artistico Pupo, che mi ha scritturato come: "doppione" senza recite. Il resto è andato così: Riccardo Ikaia Purdy s'è ammalato ed io mi sono ritrovato in scena senza sapere neppure perché e soltanto con un debutto alle spalle. Ieri sera c'è stata la prova generale del "Ballo" e stasera scendo nell'Arena». Da emozionato o da gladiatore? «Generalmente mi controllo, ma non ho grandi esperienze alle spalle. Spero proprio che il pubblico comprenda il mio stato d'animo, di non deluderlo. Altro che gladiatore». Mentre in passato i grandi facevano la gavetta nei teatri di provincia lei si ritrova nel bel mezzo dell'Arena. Una bella fortuna... «Spero proprio lo sia, ma non mi ci faccia pensare. Io ho studiato Tosca, Aida, Turandot, il Requiem di Verdi, ma non le ho mai cantate in teatro. Il mio è un caso più unico che raro». Chi le inculcato l'amore per il canto? «Nessuno, si può dire. In vacanza in Sicilia, mentre tornavo a casa in macchina ho ascoltato una voce tenorile d'un gruppo russo. L'ho imitata e mia madre che ascoltava dal balcone mi ha detto: "ma chi era quel pazzo che cantava...?"». Poi ha cominciato a studiare... «Per puro caso. Io sono diplomato in grafica, a Milano lavoravo in una litografia che stampava "Sipario". Ho chiesto al direttore della rivista che mi indicasse un maestro. Così è andata. Recentemente mi sono fatto ascoltare anche da Angelo Campori, poi Daniel Oren m'ha pescato in questa fortunata occasione. Il resto gLiel'ho raccontato». Ma lei si sente Pavarotti? «Io no, lo dice Oren forse per farmi piacere. Io ammiro il tenerissimo, ma stimo molto Domingo perché è un grande musicista e poi ha voce scura, quasi baritonale. In questo senso sono più vicino a lui, ma senza dimenticare la solarità di Di Stefano, la capacità di dar senso alla parola» Ama i concertoni lirica-rock? «Non amo le commistioni, ma questo non vuol dire nulla. Sono spettatore e a volte mi diverto». Lei quanti concerti ha fatto? «Aspetti un po': uno, due, tre...forse cinque o sei e neppure in posti importanti» Ha inciso Cd, un nastro? «Proprio no. Ho soltanto una videocassetta, ma non è granché dal punto di vista tecnico». Eppure lei inaugura l'Arena, come se lo spiega? «Sinceramente non lo so, mi sembra un sogno. Il mio unico desiderio è di far bene e di cominciare una bella carriera. Il resto conta poco». Stasera con Salvatore Licitra, scendono nell'Arena il soprano Maria Guleghina e il baritono Alberto Gazale. Dirige naturalmente Daniel Oren, la regia è di Giuliano Montalto. Armando Caruso Oren l'ha paragonato a Pavarotti ma lui dice: «La mia voce scura è più vicina a quella di Domingo» «Devo tutto a Carlo Bergonzi ho debuttato al Regio di Parma non ho mai inciso una cassetta ho fatto solo cinque, sei concerti» Salvatore Licitra (a destra) in una scena del «Ballo in maschera» con Alberto Gazale
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