Il diacono che creò il nulla di Franca D'agostini

Il diacono che creò il nulla Torna il «De nihilo et tenebris» di Fredegiso di Tours, un breve testo che ha inquietato i pensatori dal Medioevo al '900 Il diacono che creò il nulla Sospetto di eresia, scandalo alla corte di Carlo Magno NEL mese di marzo dell'anno 800, mentre Carlo Magno presidiava le coste della Normandia infestate I dai pirati, al palazzo di Aquisgrana il diacono Fredegiso (o Fridugiso) presentava ai nobili della corte carolingia l'epistola De nihilo et tenebris (o De substantia nihili et tenebrarum). Nel breve scritto l'autore prendeva posizione con grande risolutezza su una questione che era all'epoca frequentemente dibattuta: la natura dei termini indicanti privazione, come appunto «nulla» e «tenebre». Che cosa significa la parola «nulla»? Che cosa intendiamo utilizzando questo termine? E se ci intendiamo nel pronunciarlo, ciò non significa forse che la cosa da esso significata è per l'appunto una cosa, una entità consistente a tutti gli effetti? Inoltre: è innegabile che la Bibbia e i testi dei padri ci parlano del nulla e delle tenebre come se si trattasse di entità dotate di una consistenza niente affatto congetturale, ma addirittura empirica: tanto spesse erano le tenebre da «potersi toccare», e Dio chiamò giorno la luce e notte le tenebre, e che cosa erano le tenebre, se meritavano l'assegnazione di un nome? E d'altra parte, non è forse vero che prima del mondo c'era l'onnipervadente nihil da cui tutte le cose trovarono nascita? E che cosa era quell'ex nihilo da cui fu fatto il mondo? Si trattava forse della materia informe, che Agostino chiamava un «prope nihil», un quasi-nulla? Queste e altre domande percorrono più o meno espressamente il testo di Fredegiso, e l'autore le affronta con una spregiudicatezza dialettica che a quanto risulta dalle testimonianze del tempo gli era caratteristica: egli non arretra di fronte a ciò che gli appare come una vera e propria «antinomia del nulla» e dimostra non soltanto che «nulla» è una parola designante una cosa effettivamente esistente, ma anche che in gene¬ rale tutte le parole designano «cose», e non si dà il caso di nomi non denotanti alcunché. Siamo di fronte a un caso di realismo denotativo estremo e quasi paradossale, a una fiducia referenziale di tipo infantile. Ma naturalmente per Fredegiso la questione è soprattutto esegetica: dovremmo forse ammettere che i testi sacri ci ingannano, parlando di cose che non esistono, e parlandone come di entità esistenti? Proprio sulla questione esegetica Carlo Magno conservò una certa perplessità nei confronti dell'audace diacono. Tornato dalla Normandia, ebbe naturalmen¬ te quell'anno un congruo numero di affari da sbrigare, affari che includevano tra 1 altro la fondazione di un impero. Ma non appena ebbe il tempo di soffermarsi a studiare gli argomenti di Fredegiso, il nuovo imperatore subito ne colse l'inesplicito riflesso ereticale, e subito scrisse (o meglio dettò, poiché come noto non imparò mai a scrivere) una lettera a un fido consigliere, l'irlandese Dungalo, chiedendo se per caso gli sembrassero gli argomenti di Fredegiso mere insensatezze o dottrina dotata di consequenzialità e di qualche pregio. In particolare all'imperatore premeva capire se quel modo di leggere la Bibbia fosse o no legittimo: si può inferire l'esistenza del nulla e delle tenebre dal fatto che Giobbe scrive «... appendet terram super nihilum» e «... tempus posuit tenebris et universorum finem ipse creat»? Non si tratterà di un rivoltare l'autorità scritturale contro se stessa, di fare dell'osservanza della lettera un tradimento dello spirito! Purtroppo non conosciamo la risposta di Dungalo, ma certamente la posizione di Fredegiso dovette suscitare un certo numero di discussioni e perplessità tra i contemporanei. La missiva di Carlo Magno a Dungalo (che in uno dei codici del De nihilo et tenebris è apposta in apertura del testo) è in effetti solo l'inizio di una storia della critica particolarmente vivace e travagliata. Dai contemporanei fino ad oggi, il testo del diacono carolingio è stato discusso, elogiato e criticato, dai più diversi punti di vista. E' vero che Fredegiso - agli occhi dei logici «moderni» - compie l'errore classico di coloro che non conoscono la logica predicativa, cioè non sanno che nulla non è un nome ma, come precisò una volta per tutte Carnap ridicolizzando le riflessioni di Heidegger sull'argo- mento (e come già era noto a pensatori di poco successivi a Fredegiso), è «una particella logica che serve a esprimere una proposizione esistenziale negata»; altrimenti detto: il nulla non è propriamente «il» nulla, ma un nonqualcosa. A quanto sembra, chiunque ancora si attardi a parlare del nulla (e come abbiamo letto di recente, in Italia la tematica ha portato molti frutti: dai nichilismi al pensiero negativo, dal Cristianesimo tragico al pessimismo gnostico) non sa quel che si dice né ha idea del tempo che sta perdendo. Ma proprio su questo punto la semplice ma piuttosto scaltra dialettica del diacono può portare chiarimenti molto opportuni. In realtà, come si legge nell'epistola (e come Carnap stesso lasciava intendere), nulla non è solo, nella nostra lingua comune, e nel Nuovo e nell'Antico Testamento, la curiosità sintattica che genera un effetto di nome là dove si tratta di funzioni e operazioni logiche: fermarsi a questo significa dimenticare che nulla è anche il vuoto d'essere che sta (forse) intorno al mondo e prima dell'inizio del mondo. Nulla è anche, a ben guardare, il vuoto che precede il mondo, l'impensabile solitudine di Dio prima della creazione, e forse la difficoltà di trattare il nulla sintatticamente, nella frase, la difficoltà di sbarazzarsene una volta per tutte (come si può negare il nulla? si domanda Fredegiso: mentre diciamo «il nulla non esiste» già gli conferiamo un'esistenza), non sono altro che il sintomo della complessità di questo concetto malformato, ma capace di creare per così dire un «buco», un punto di fuga, nel linguaggio. Franca D'Agostini Proclamò che anche la parola «niente» indica qualche cosa di esistente. Il suo errore smascherato dai logici moderni La corte carolingia in una miniatura conservata alla Bibliothèque Nationale di Parigi. A destra Carlo Magno e in basso Martin Heidegger Sarà a giorni in libreria, per le edizioni del Melangolo, la traduzione con testo a fronte del breve trattato // nulla e le tenebre di Fredegiso di Tours, un intellettuale della cerchia che Carlo Magno raccolse intorno a sé alla fine del secolo Vili a Aquisgrana. Il testo, uno dei più citati e discussi dell'Alto Medioevo, è l'unica sua opera che ci sia pervenuta integralmente. Pubblichiamo un estratto del saggio introduttivo di Franca D'Agostini.

Persone citate: Carlo Magno, Franca D'agostini, Giobbe, Heidegger, Martin Heidegger

Luoghi citati: Dungalo, Fredegiso, Italia, Normandia, Nuovo, Parigi