Assassinata la voce dei berberi di Aldo Cazzullo

Assassinata la voce dei berberi Matoub, rapito nel '94, aveva promesso ai terroristi di non cantare più. Tornato libero, aveva ricominciato Assassinata la voce dei berberi Algeria, aveva sfidato gli ultra con la musica PARIGI. Prima di liberarlo, i suoi rapitori gli avevano intimato: «Non cantare più, o morirai». Lui aveva giurato: «Smetterò». Ma sapeva già che non avrebbe mantenuto la parola data solo per salvarsi la vita. Ormai non era soltanto musica per Lounès Matoub. Era politica, era lotta ai terroristi islamici che in sei anni hanno ucciso 75 mila algerini, era l'affermazione dell'identità di un popolo, il berbero, e di una terra, la Kabylia. «Perché non possiamo restare neutrali di fronte a questa tragedia - ripeteva Matoub, in un'implicita accusa ai timori e agli opportunismi della Francia e dell'Occidente, fermi a metà strada tra la giunta di Zeroual e il Già -. La neutralità è una presa di posizione negativa». E aveva ripreso a cantare. Non gliel'hanno perdonata. Gli assassini hanno spento la vita di Matoub ieri alle 13,40 a Tibarcoquin, non lontano da Tizi-Ouzou, la capitale kabyla, cento chilometri a Est di Algeri. La tecnica di sempre. Un falso posto di blocco: l'auto del musicista si ferma, i sicari aprono il fuoco. Al suo fianco la moglie è ferita, anche le due donne che viaggiano con lui sono colpite. All'ospedale di Tizi-Ouzou Matoub arriverà cadavere. Il Già (Gruppi islamici armati) l'aveva rapito alla fine del settembre '94. Seviziato, minacciato, ma liberato dopo quindici giorni. I duri del movimento berbero della Kabylia avevano annunciato una «guerra totale» se non fosse stato rilasciato in fretta. Un altro compatriota, uno dei leader del Movimento culturale berbero (Mcb), Ferhat M'henni, accusò Matoub di aver inscenato il rapimento per «destabilizzare la Kabylia a favore di un clan di potere». Ma il libro che il cantante trasse dall'esperienza del suo sequestro, «Le rebelle», fu un grande successo in Francia, dove viveva di solito Matoub, 42 anni, gli occhi spiritati, le mani sempre in movimento. Il «martire vivente», come lo definiva «Le Monde», aveva risposto alle minacce dei suoi rapitori con un grande concerto allo Zenith di Parigi, il 28 gennaio 1995, a tre mesi dalla sua liberazione. Davanti a diciottomila fan si era concesso un estremo gesto di audacia, l'estrema provocazione per i sicari integralisti: un omaggio, tra una canzone e l'altra, a Mohammed Boudiaf, l'eroe della guerra di liberazione, il Presidente algerino assassinato nel giugno '92. Gli islamici avevano raccolto la sfida emettendo una fatwa, una condanna a morte. Che ieri è stata eseguita. Prima di Matoub i terroristi avevano colpito altri musicisti. Il più celebre, assassinato sulla porta di casa a Orano, il 29 settembre del '94, è Cheb Hasni; il martire del rai, la musica diventata simbolo della ribellione al ricatto integralista. I giovani algerini lo chiamano l'«inoubliable», l'indi¬ menticabile, e ne hanno fatto un oggetto di devozione popolare. L'anno dopo, sempre a Orano, è caduto Rachid, compositore e produttore. Lila Amara, la regina della musica berbera, è stata sgozzata nell'agosto '95. Nel settembre '96 è toccato a Bechiri Boudjema, detto Cheb Aziz. Gli integralisti più radicali considerano la musica «illecita», poiché distrae i fedeli dal Corano; nelle regioni algerine dove più forte è l'influenza degli islamici la musica è stata bandita dai luoghi pubblici e anche dalle cerimonie nuziali. Minacciato di morte e costretto all'esilio è stato anche il più noto cantante algerino, la star internazionale del rai Cheb Kaled, che ieri da Parigi ha avuto parole addolorate per Matoub: «Aveva il coraggio di denunciare la violenza, dì non tacere. Quando finirà?». Anche Matoub era in Francia, fino a pochi giorni fa. Era tornato in Kabylia per suonare a un festival, non per andare incontro a un destino cui non si era rassegnato. Il giornalista dell'Humanité che l'aveva intervistato nel marzo del '95 gli aveva citato le parole del suo libro, «Le rebelle»: «Il silenzio è la morte. Ma tu, se parli, muori. Anche se taci muori. Allora parla e muori». Lui si era ribellato: «Io voglio parlare, non morire. Io voglio vivere». Aldo Cazzullo Un agguato nella sua Kabylia, dove era appena tornato dalla Francia Ferita la moglie Lounès Matoub aveva scritto un libro «Le Rebelle» per raccontare il suo sequestro e la battaglia contro il Già