Tra Polo e Ulivo mini-disgelo sulle riforme di Alberto Rapisarda

Tra Polo e Ulivo mini-disgelo sulle riforme Fini e Berlusconi, irritati dall'ex presidente, cercano l'intesa col centrosinistra per lanciare il bipolarismo Tra Polo e Ulivo mini-disgelo sulle riforme D'Alema: il rimpasto? E' un problema che tocca a Prodi ROMA. Ma guarda cosa riesce a combinare l'ultima scorreria di Francesco Cossiga, che col voto dell'Udr a favore dell'allargamento della Nato ha salvato il governo Prodi. E' riuscita a provocare un tale scossone a Silvio Berlusconi da spingerlo a riaprire un abbozzo di dialogo con Massimo D'Alema. Cominciando dalla riforma elettorale. Naturalmente, come si conviene a due compagni di avventura (nella commissione per le riforme) che si sono lasciati a male parole, l'approccio è ancora spigoloso. Perché a D'Alema ancora brucia la scottatura della Bicamerale affondata da Berlusconi. E Berlusconi è ancora infuriato perché si è sentito trattato da D'Alema come un gregario di Fini. E così l'approccio è uno scambio di incandescenti bordate. Ma queste coprono, di fatto, il desiderio di cominciare a ridiscutere sul modo per tagliare le unghie ai partiti «corsari» (Rifondazione, Lega, cossighiani) che intralciano la rotta bipolare di Polo e Ulivo, puntando a tornare al sistema proporzionale. «Forse Berlusconi si è accorto in questi giorni di avere commesso un errore nel far saltare le riforme - osserva, acido, Massimo D'Alema -. Lo avevano illuso (Cossiga, ndr) che sarebbe bastato per fare cadere il governo. Poi, alla prima curva l'hanno buttato giù dall'autobus». Proprio quello che ci vuole per riattizzare i cattivi >! umori di Berlusconi: «Nella mia lunga carriera di im- prenditore non mi è mai capitato di incontrare qualche figlio di papà che mi desse lezioni... Non capisco perché D'Alema parli con tanta arroganza, con tanta supponenza. E' singolare ascoltare queste lezioncine date ex cathedra, da chi presume che siccome sono da poco in politica, posso essere vittima di com- portamenti ingenui...». Accade sempre così quando riprendono i contatti tra due fidanzati che si sono lasciati carichi di reciproci rancori. Sfogati i cattivi umori, sia l'uno che l'altro sono passati rapidamente alla sostanza politica nel giro di pochissime ore. L'apertura dei giochi era cominciata ieri mattina con una intervista di Gianfranco Fini al Messaggero nella quale proponeva a D'Alema a ridiscutere della riforma elettorale contro «i trasformismi, i giochini e i pendolarismi di chi dice (Cossiga, ndr) sto all'opposizione ma salgo al governo». La legge elettorale dovrebbe essere quella concordata nella commissione bicamerale (55 per cento uninominale, 25 proporzionale e il restante 20 assegnato al secondo turno come premio). Anche Berlusconi aveva subito detto che quella era la strada, visto che «il vero bipolarismo, con il voto (di Cossiga) sulla Nato ha ricevuto un colpo davvero mortale». Ma D'Alema aveva subito obiettato che quel tipo di riforma l'aveva accettato come «prezzo» da pagare all'accordo sul resto delle riforme: «L'idea che ora si paghi il prezzo senza ottenere niente non mi sembra una buona idea». Lo ha rapidamente capito anche Berlusconi che ha finito col parlare della riforma elettorale senza più pregiudiziali: «Possiamo discutere partendo da altri modelli che in Europa funzionano. L'importante è arrivare ad uns sistema autenticamente bipolare». Senza mancare di ricordare che per Forza Italia «la giu¬ stizia è un problema prioritario». «La Bicamerale è sempre lì», (anche se ibernata) risponde interessato D'Alema che parla delle necessarie «larghe intese politiche». E fischiano subito le orecchie ai cossighiani e a Bertinotti. I primi preoccupati di un nuovo accordo che sbarri loro la strada verso la ricostruzione di un centro autonomo, i secondi che, addirittura, temono che si arrivi a un governo di «grande coalizione», magari per le riforme. Lo teme e lo dice Bertinotti mentre Prodi studia come avviare la «verifica» tra i partiti che lo appoggiano. Che potrebbe anche portare ad un cambio di ministri. Poiché D'Alema è stato additato da Bertinotti come il maggior sostenitore del «rimpa¬ sto», ieri ha risposto che il problema non lo riguarda e che deve decidere il Presidente del Consiglio. Ma qui siamo ancora nel lontano futuribile. Se riprendesse veramente il dialogo tra Polo e Ulivo sulle riforme potrebbe cambiare anche il corso della «verifica», perché gli alleati avrebbero in mano qualche carta in più per contrattare con Bertinotti. Alberto Rapisarda

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