«La crisi? Non è un errore» di Renato Rizzo
«La crisi? Non è un errore» Il Presidente a Cagliari: ma non venga utilizzata per interessi di settori, gruppi o partiti «La crisi? Non è un errore» Scalfaro: è parte della vita democratica CAGLIARI. «Le crisi? In sé non sono un errore»: Oscar Luigi Scalfaro sceglie, in apparenza, di nuotare controcorrente. E proprio nei giorni in cui la situazione del governo è etichettata, quasi da ogni angolo della geografia parlamentare, con aggettivi allarmati ed allarmanti, tesse l'elogio dello scompenso politico: è parte integrante della «vita democratica», utile spia «d'un momento in cui la fiducia non è più viva e c'è qualcosa da chiarire. E, del resto, quante situazioni del genere abbiamo vissuto in 50 anni?». Si tratta, in fondo, d'una necessità fisiologica visto che le «dittature» nascono proprio quando vengono bloccate queste crisi di crescita. Ma Bertinotti aspetti a gioire appoggiandosi all'autorevole sponda del Quirinale che sembra giustificarne le impennate attuali e future: «Quanta diversità c'è, però, tra ciò che serve alla democrazia e ciò che, invece, è problema d'un gruppo, d'un settore, d'un partito» distingue il Capo dello Stato. E quel «però» spedito con evidenza al segretario neocomunista pur dietro il fragile schermo d'un richiamo impersonale - suona quasi come un'accusa d'interesse privato. Contemporaneamente, grazie a quei rebus a doppia chiave che caratterizzano certi discorsi quirinalizi, il panegirico della crisi potrebbe tradursi in una frecciata allo stesso Prodi: sarebbe stato meglio che, invece di chiedere i voti a Cossiga, avesse accettato l'idea d'aver perduto la maggioranza e si fosse dimesso (la crisi, appunto) per poi ricevere un nuovo incarico. Da Cagliari, dov'è volato per celebrare il mezzo secolo dello statuto speciale sardo, il Presidente affronta i guasti di questa stagione dei dissensi: il no di Rifondazione all'apertura della Nato ad Est, il fallimento della Bicamerale. Due problemi che s'intrecciano e dovrebbero avere, per Scalfaro, un denominatore comune: quell'«interesse generale» che è poi «il senso dello Stato». La Bicamerale è morta e non sono molti a piangerla: questi neocostituenti mancati farebbero bene, invece, a domandarsi se hanno «onorato» l'impegno assunto in campagna elettorale: ((Allora i partiti promisero al popolo italiano che ce l'avrebbero messa tutta fissando, in particolare, lo sguardo sulle autonomie». Ed ora? Il richiamo sembra coinvolgere il Polo, ma anche il partito di Prodi che, per alcuni, ha eccessiva fretta di archiviare la partita delle riforme. «E' vero, in questa fase, non c'è una maggioranza per aggiornare la Costituzione» attraverso una commissione, ammette il Presidente, ma l'«ostacolo» non è insuperabile. Specie se si pensa che «da 15 anni giuristi, politici, studiosi hanno concordato che la Carta ha bisogno di cambiamenti». E qui il discorso, se letto in filigrana, riserva qualche sorpresa interpretativa. Dice Scalfaro: non si può negare la forza del patto stretto con gli elettori, né si può trascurare che «sia la Costituzione, sia il buon senso esigono una larga maggioranza» per riscrivere le Regole. E, allora, ciascuno compia un atto d'umiltà per difendere quanto ha «detto, offerto e proposto». E solo se proprio sarà impossibile tener fede alle promesse si trovi il coraggio d'ammettere la sconfitta: «Non siamo stati idonei a superare le diversità». L'invito all'ecumenismo fa sobbalzare Fausto Bertinotti che vede profilarsi, dietro queste parole, il fantasma d'un «governissimo». Si smorza il suo (vero?) entusiasmo accesosi quando l'invito del Capo dello Stato a non drammatizzare le crisi era stato letto come modo per far cadere la «demonizzazione» contro Prc. «Fermo no a qualsiasi grossa coalizione tra centro-destra e centro-sinistra, magari a partire dalle riforme istituzionali» sillaba il leader rosso. E vuol dire: scordatevi di realizzare certe idee (che qualcuno mormora siano gradite anche al Quirinale) e che guardano già oltre Prodi ad un esecutivo ad ampio spettro senza l'indispensabile appoggio dei neocomunisti. Ma in questa mattina sarda i fatti concreti incalzano: «Lavoro, lavoro» gridano al Capo dello Stato i minatori della Carbosulcis. E Scalfaro, accettando in dono una lampada usata nelle gallerie per individuare la presenza di grisù, promette di farsi ambasciatore presso il governo di queste esigenze. Poi loda il carattere schivo e riservato di alcuni politici di quest'isola che, una volta compiuto il proprio dovere, sono tornati in silenzio alla loro vita privata. Ogni riferimento a Francesco Cossiga è assolutamente casuale. Renato Rizzo Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro durante la sua visita di ieri a Cagliari
Luoghi citati: Cagliari
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