Gucci-Prada, tregua armata di Ugo Bertone

Gucci-Prada, tregua armata Assemblea a Amsterdam. La moda fa gola all'alta finanza Gucci-Prada, tregua armata Trussardi smentisce cessioni MILANO. Assemblea di studio in casa Gucci senza colpi bassi, ma anche senza intese. Ma i riflettori dei mercati restano accesi sul «made in Italy» nonostante i duri contraccolpi della crisi asiatica. E così ieri Trussardi ha smentito contatti con il principe saudita Al Waaled (già «indiziato» per Ferré). Ma le attenzioni più importanti riguardano «l'affaire Gucci». Blindati nella sala congressi dell'hotel «De l'Europe» di Amsterdam, lontani dagli occhi indiscreti dei giornalisti e dalle domande degli analisti finanziari, più di un centinaio di azionisti Gucci (un record, come da primato è pure il fatto che fosse rappresentata quasi la metà del capitale) hanno atteso, invano, lo scontro tra il management della casa fiorentina e gli scalatori di Prada. I rappresentanti della Prada, il commercialista Marco Saiomoni e l'avvocato olandese Floris Van der Rhee, si sono limitati ad astenersi sulla proposta «antiscalata» del presidente, l'avvocato Domenico De Sole, imperniata sul riacquisto di azioni proprie fino al 10%, approvando le altre voci dell'ordine del giorno. La Gucci avrà tempo fino al 31 dicembre del 1999 per effettuare nuovi acquisti di azioni proprie, fino ad un tetto massimo del 10%. Una piccola diga antiscalata, insomma, anche se assai meno efficace del meccanismo elaborato a suo tempo da De Sole (obbligo di lanciare un'Opa su tutto il capitale per chiunque superasse la soglia del 20%) e bocciato da una precedente assemblea ben prima che si profilasse all'orizzonte l'ombra di Prada dopo che la crisi del Far East aveva reso più vulnerabile il gruppo (che, comunque, ha chiuso l'esercizio con 300 miliardi di lire di profitti). Ma di Prada, la cui «scalata» nel mese di giugno ha fatto salire le quotazioni del titolo da 45 a 55 dollari, ieri non si è parlato proprio «perché - si è lamentato un azionista - il presidente non ha voluto rispondere alle domande sulla vicenda Prada, storia della quale si è capito poco, salvo che le due società non stanno trattando». Maurizio Bertelli, però, non sembra voler forzare i tempi come dimostra il fatto che il gruppo Prada non ha avanzato ieri la richiesta di un posto in consiglio, limitandosi all'astensione sul «buy back», ma approvando le altre proposte, a partire dal piano di «stock option», che prevede opzioni a vantaggio dei dirigenti Gucci per un massimo di 3,1 milioni di titoli, pari al 5% del capitale «quali incentivi e compensi addizionali». A novembre, il piano di stock option non era passato, mentre con il sì di ieri De Sole ha colto due risultati: primo, il management, che già oggi controlla all'incirca l'8% del capitale, potrebbe salire fino al 13%, ben sopra la quota di Prada, 9,5%, o dei grandi fondi che sono sopra al 5% (Capital, Templeton, Harry's Associated); secondo, la Gucci si garantisce la fedeltà dei suoi creativi più importanti, a partire da quel Tom Ford che non sembra riscuotere le simpatie del duo Bertelli Prada. Il duello italiano in una so¬ cietà di diritto olandese quotata a Wall Street, insomma, continua, con protagonisti vecchi (gli unici membri del consiglio di amministrazione della Nv restano De Sole e Aart Cooiman) e nuovi, perché nel consiglio di sorveglianza ieri sono entrati altri due nomi di prestigio: il giapponese Keisuke Egashira, ex presidente della Chrysler Giappone e Barbara Turf (ex presidente di Crate & Barrel). Ugo Bertone La stilista Pinuccia Prada e Domenico De Sole presidente della Gucci

Luoghi citati: Amsterdam, Giappone, Milano