MEMORIE DI RIGORI di Darwin Pastorin
MEMORIE DI RIGORI MEMORIE DI RIGORI Avventure calcistiche secondo Darwin Pastorin E CCOLI lì i mondiali di Francia, che srotolano i tappeti d'erba di dieci stadi e sventolano colori iridati come una «gouache» impressionista. Eccoli là lontanissimi i mondiali d'America, e lontanissimo Roberto Baggio bloccato nell'attimo che precede un rigore lungo quanto un oceano e un continente. Là davanti a Taffarel, al «Rose Bowl» di Pasadena, paese di tecnologi e di astronomi (fu dunque il genio del luogo a voler che quel piede mirasse alle stelle scatenando la gioia rituale dei brasiliani vittoriosi?). Da quel lontano fermo immagine s'avvia il libro tra «memoria e sogno» che Darwin Pastorin, vicedirettore di Tuttosport, ha scritto sotto forma di conversazione per voce sola. Dal fotogramma scolpito del codino di Caldogno che s'affaccia sulla soglia del mistero parte un titolo confidenziale, «Ti ricordi, Baggio, quel rigore?», che Donzelli pubblica nella collanina «Universale» (pp. 82, L. 20.000). Ma parte soprattutto il filo di una memoria che risale tempi e spazi dimenando i suoi ricordi come un giocoliere un po' frondoso. Pastorin ci mette di tutto. Ci mette la natività brasiliana, frutto di un'emigrazione - come sempre - della speranza, ci mette l'infanzia a San Paolo, ci mette un ritorno rituale, ci mette Torino e brandelli di adolescenza, di giovinezza, di belle ragazze, di studi, di incontri (fatale quello con Giovanni Alpino), di letture (da Soriano a Galeano), di mitologie e di «saudade», di campioni finiti, di amici convocati, di colleghi odiosamati, di una mamma tenera e tifosa, di una moglie giovane e innamorata. Dietro quel fermo immagine si sdipanano sogni e racconti, si rivelano mondi fitti di cose, e di parole che le dicono, di confessioni intenerite, di commozioni e iperboli anche troppo espansive. A volte i capitoli s'aprono con un endecasillabo spezzato: «I passi, Baggio, di Zico, per esempio», a volte di un ottonario quasi da melodramma: «Ora, se permetti, o Baggio». Ma un po' dovunque circola un'ansia narrativa che accavalla e precipita parole, perché la vita è sempre prima d'ogni calcio di rigore. Negli occhi che si protendono, nei muscoli che si preparano, nell'evento che si prevede. La vita è sempre un prima. Prima d'ogni mondiale che si sia mai giocato. Prima del rigore di Pasadena, prima di ogni altro rigore che ai mondiali di Francia toccasse ancora a Baggio di calciare, [g. t.J
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