IL SERGENTE VACCARI

IL SERGENTE VACCARI IL SERGENTE VACCARI Al giovane figlioccio di guerra una medaglia: ma alla memoria EL 1940, quando s'iniziò la tragedia della Seconda guerra mondiale, 10 ero molto giovane», scrive Gemma Bianchi Carpinteri, torinese, non nuova alla nostra rubrica. «Non avevo fratelli, amici o cugini maschi per cui soffrire: 11 mio era un ambiente strettamente femminile, sia a scuola che a casa, dove giganteggiava solo la figura di mio padre. Lui aveva una visione totalmente negativa della guerra, mentre io mi lasciavo affascinare dalla propaganda. Cantavo: "Vincere, vincere, vincere e vinceremo in cielo in terra e in mare...". Si scatenò l'offensiva sulle Alpi Occidentali, lasciandoci l'illusione della vittoria, sebbene il nostro imponente forte sullo Chaberton venisse inaspettatamente distrutto dai francesi. La guerra comunque continuava su altri fronti. Cominciavano a giungere le notizie dei primi caduti, delle prime città inermi bombardate. Anche a Torino si ebbe la prima paura, ma il peggio sarebbe venuto tra il '42 e il '45. Io mi dedicavo allo studio ma mi sentivo inutile. «Desideravo ardentemente avere una piccola parte attiva in quel grande dramma, o di riuscire ad aiutare in qualche modo i nostri soldati in guerra. Un giorno seppi che un Centro di Assistenza Combattenti cercava persone disposte a scrivere ai militari al fronte che ricevevano scarsa posta, onde tenere alto il loro morale. Nascevano i "Figliocci di guerra". Feci subito richiesta di un nome ed ebbi l'indirizzo del sergente maggiore Luciano Vaccari di Carezzano (Alessandria) in linea sul fronte greco-albanese. «Mi dedicai con fervore a scrivergli e a mia volta lo conobbi un poco attraverso le risposte. Era fiera di lui, molto materna, e pregavo ogni sera per la sua vita. Nell'inverno 1940/4 i meritò una medaglia che il principe Umberto di Savoia (nella foto), gli appuntò personalmente sul petto. In seguito a ciò, gli fu concessa una breve licenza premio. Era an- sioso di riabbracciare la famiglia, di rilassarsi un poco nel verde del suo paese, ma volle fare una rapida puntata a Torino per conoscermi. Ne fui felice. L'incontro avvenne all'ombra degli ippocastani del corso Duca di Genova, una debole fanciulla che aveva il complesso della statura troppo alta, e un valorosissimo combattente... molto piccolo. Che sciocchezza a pensarci adesso! Eppure allora ne rimasi scossa, sebbene la sua figura fosse armoniosa e il viso molto bello. Ci stringemmo la mano. Seduti sulla panchina, vedevo brillare i suoi occhi ardenti che mi fissavano nella penombra. Perce- pivo il battito del suo cuore, l'impetuoso desiderio di un abbraccio. Ma, timida e impacciata com'ero, volli sciogliere quell'atmosfera d'incanto con un profluvio di parole. «Solo quando lo vidi correre verso la stazione, volgendosi ogni tanto indietro a salutarmi, provai una profonda tristezza. Pensavo che la volta successiva sarebbe andato tutto assai meglio... Ma non vi fu un'altra volta. «Luciano venne imbarcato per l'Africa Settentrionale proprio quando le nostre truppe stavano subendo gravi rovesci. Ricevetti ancora una sua lettera: conteneva le parole: "Cara madrina Gemma...", rji due pagine tutte ricoperte di fitte strisce nere, cioè censurate, e al fondo la firma. «Capii con terrore che gli eventi precipitavano. Ed ecco aÙ'improvviso... la notizia della sua morte: il 22 dicembre 1942. Gli assegnarono un'altra medaglia, d'oro alla memoria. «Sentii in quel momento di avergli voluto davvero bene, anche se in modo del tutto fraterno. E riuscii a percepire col cuore l'urlo straziante di tutte le donne alle quali era stato violentemente strappato lo sposo, il figlio... Scoprii di colpo l'orrore della guerra, la vacuità dei canti trionfali, le mille parole inutili e roboanti, persino quelle che io stessa avevo scritto. Decisi di inviare a La Stampa, sempre aperta alle opere generose, la sua fotografia con un mio breve commento: venne pubblicato. «Dov'era ormai il mio piccolo Grande Amico? I suoi occhi scintillanti erano affondati per sempre nel mare di sabbia infuocata di una terra ostile, la lontana Africa. «Con La Stampa nella borsa, tristemente mi recai a Carezzano, malgrado le molte difficoltà di viaggio onde conoscere la sua famiglia. «Nonna Luisa affranta, e gli altri parenti trassero da quel1' "onore", un pur piccolo conforto e furono grati (ancora oggi i simpaticissimi discendenti) a me al giornale». Nella foto il principe L '/liberto (leeoni il sergente Luciano fuccari

Persone citate: Gemma Bianchi Carpinteri, Luciano Vaccari, Nonna Luisa, Perce

Luoghi citati: Africa, Africa Settentrionale, Alessandria, Carezzano, Genova, Torino