MARGUERITE YOURCENAR SI RACCONTA UNA VOCE TRA MITO E STORIA

MARGUERITE YOURCENAR SI RACCONTA UNA VOCE TRA MITO E STORIA MARGUERITE YOURCENAR SI RACCONTA UNA VOCE TRA MITO E STORIA PARIGI ARE che Marguerite Yourcenar, quando finì di scrivere L'oeuvre au noir, si buttò sull'amaca stesa in giardino e pronunciò trecento e più volte il nome del suo personaggio, Zenone, che si era ucciso. Per il senso di perdita che provava? Per malinconia? Per allentare il distacco? Sarebbe bello poter cie di litania laica sorta di canto funebre per un libro il distacco? Sarebbe bello poter sentire quella specie di litania laica, sorta di canto funebre per un libro finito. L'impressione è che quel lamento faccia parte in qualche modo della storia. Era successo, un po' di tempo fa, con Colette. Ora succede con Marguerite Yourcenar. Voci su cui, a partire dai libri, abbiamo fantasticato. Adesso le si può sentire, per ore, raccontarci la loro scrittura. Si ha la sensazione di entrare ulteriormente nelle pagine di cui parlano, di leggerle dal di dentro, con il giusto suono. Le pause, le inflessioni, le tournures usate valgono più in certi p , p ,sensazione di entrare ulteriormengerle dal di dentro, con il giusto sunures usate valgono più, in certi casi, di tante note a pie di pagina. Non il dolore per la morte di Zenone, che resta un'immagine, ma tanti altri momenti del legame di Marguerite Yourcenar con i suoi personaggi, con i suoi libri, si animano all'ascolto di due compact disc editi dall'Institut National de l'Audiovisuel di Radio France (a cura di Josyane Savigneau), due ore e venti complessive di registrazione, che contengono bellissime interviste radiofoniche fattele da Patrick de Rosbo nel 1970. La Yourcenar aveva 67 anni'all'epoca, ma la grossa fama non era ancora venuta. Nonostante l'otti¬ mo successo delle Memorie di Adriano, agli inizi degli Anni 50, e dell'Opera al nero nel 68, pur con la sua ambientazione lontana, era ancora di là da venire la straordinaria elezione di Marguerite Yourcenar all'Académie Francaise (1980) che, contestata da un lato per il fatto che si trattava di una donna, dall'altro per la sua presunta «poca femminilità», avrebbe fatto di lei la portabandiera di istanze femministe, quasi suo malgrado, e l'avrebbe portata agli altari della critica. Prima, la sua scrittura era passata praticamente inosservata tra le maghe della ricerca, la forza della sua narrazione aveva lasciato indifferenti gli studiosi di strutture e forme nuove. Patrick de Rosbo era così uno dei primi a fare il viaggio fino a Petite Plaisance, la casa nell'Isola dei Monti Deserti, Stato del Maine, Nord-Est degli Stati Uniti, dove la Yourcenar si era ritirata in una sorta di esilio da tutto. Lei accettò un po' esitan¬ te di farsi intervistare, poi si fece prendere dal gioco, e le risposte che dà sono ricche, volenterose, come forse mai sarebbero state in seguito. La voce piena, una modulazione solo sua, evocano all'ascolto la faccia e la bocca carnose, lo sguardo azzurro, la tranquilla ironia. Sul problema della forma dei suoi romanzi, che l'intervistatore cerca di riportare a categorie in qualche modo note, Marguerite Yourcenar risponde in maniera quasi surreale eppure chiarissima, parla di forme che si è tentati di immaginare geometriche, concrete nella sua mente e assolutamente irripetibili. «Ogni romanzo ha una forma, dice, è un grave errore lasciarsi andare pigramente a perpetuare forme riuscite una prima volta». Errore che ammette di aver commesso agli inizi, reiterando la forma di Alexis. Quel tentativo di secondo romanzo «fu un libro infinitamente sbagliato». «Ogni volta è come la nascita di un vaso sul tornio, non può essere uguale al precedente». E rivendica «umiltà davanti al personaggio». Ognuno dei quali, dice «passa attraverso il campo magnetico di una voce. Non esistono possibilità di categorie. Lo stile è dato dal personaggio». L'esperienza dei nouveaux romanciersl «Ognuno fa quello che gli piace» risponde la Yourcenar. «Il nouveau roman è interessante come ogni altra esperienza dissodante», riconosce. Ma ha il difetto «di essere andato così lontano e non abbastanza lontano». L'interesse del discorso, per la scrittrice, ruota intorno alla realtà del personaggio. Impossibile per lei farlo esplode re. E' bello sentirla dire, con vo luttà: «Credo ingenuamente all'esistenza dei miei personaggi. Ricevo frequenti visite da parte lo ro. Ogni volta che le circostanze della vita li portano verso di me, io mi rivolgo ai miei personaggi, parlo con loro, chiedo loro consiglio. Solo con Adriano, le mie conversazioni sono più formali: non si disturba un imperatore per co se da poco». Oltre alla tronche di vita raccontata in un romanzo, Marguerite Yourcenar aveva bisogno di conoscere il passato dei personaggi che creava, a volte il loro futuro. Di Zenone, aveva se gnato la data di nascita sull'agenda, come quelle degli amici e dei parenti. Confessa: «Ho amato Zenone come un fratello». Forse per questo, a proposito di riscrittura, cita Yeats: «Correggo me stessa, quando correggo le mie opere». Gabriella Bosco Marguerite Yourcenar ha legato la sua fama, in particolare, alle «Memorie di Adriano» e all'«Opera in nero» Esconp ora due ed che raccolgono una serie di interviste radiofoniche alla scrittrice nel 1970 MARGUERITE YOURCENAR 2 compact disc A cura di J. Savigneau Institut National de l'Audiovisuel di Radio France 196 FF

Luoghi citati: Maine, Parigi, Stati Uniti