«In pantofole, davanti al tema» di Gabriele Beccaria

«In pantofole, davanti al tema» I CONSIGLI DELLO SCRITTORE «In pantofole, davanti al tema» Camilleri: siate sinceri e scrivete semplice □O andavo sempre fuori tema, finché al liceo incontrai un professore di italiano che mi diede alcuni consigli per andare fuori tema pur non andandoci», sorride Andrea Camilleri, lo scrittore-rivelazione padre del commissario Montalbano. Ce li rivela? Chi sta per affrontare la prova d'italiano le sarà grato. «Mi disse di dimenticare la parola svolgimento che si mette all'inizio del tema: "Fai invece un ragionamento su ciò che ti propongono". Lo svolgimento è solo un'elencazione di cose che si sanno di terza mano. E' importante la sincerità: non avere idee che non puoi sviluppare, non fingere quando scrivi e scrivi in modo semplice. Da allora ho seguito sempre questi consigli, anche per i miei romanzi, che sono temi da sviluppare, solo un po' più lunghi». Si fa presto a dire ragionamento.... «Si deve connettere, metterci dentro tante cose che si sanno, inerenti al tema ma non strettamente legate. Per me sono una stupidità le suddivisioni in attualità, storia o letteratura. Se si scrive del "Cinque Maggio" di Manzoni, come si può metterlo al di fuori del contesto storico? La letteratura è anche storia e l'attualità è una goccia della storia. Per questo sono d'accordo con la riforma. Oggi si tende troppo alla settorialità, mentre la vera cultura la abbatte. Non facciamo come l'autodidatta di Sartre che dopo una certa lettera non sapeva niente, perché non aveva ancora finito il dizionario enciclopedico». Sullo stile che cosa suggerisce? «Il bello scrivere bisogna evitarlo, per amor del cielo. E le frasi fatte. Meglio fare come Svevo, che secondo i professori scriveva in un cattivo italiano. Valgono i concetti e le idee, la capacità di saltare da un ramo all'altro con eleganza. Adesso spero di non portare gli studenti alla distruzione, ma... davanti al tema bisogna mettersi in pantofole: come se uno ragionasse davanti allo specchio, con la semplicità di un gioco». I suoi romanzi sono famosi, tra l'altro, per le contaminazioni con il siciliano. Uno studente coraggioso potrebbe spingersi a tanto? «Non lo consiglio, non ancora. In futuro, però, si potrebbe ipotizzare: a scuola insegnerei il dialetto locale con l'italiano, perché è una ricchezza. Ho letto da un'indagine che si parlano i dialetti sempre meno, ma adesso che mettiamo il vestito per entrare in Europa ci accorgiamo che è troppo largo o troppo stretto. Infiliamoci allora come fodere anche i dialetti. Sono l'opposto dell'omologazione. Una volta Pirandello disse: "Di una data cosa la lingua ne esprime il concetto, della stessa il dialetto ne esprime il sentimento"». Esiste una lunghezza ideale? «No. Un tema è una domanda a cui rispondere. Scrivi fin dove arrivi e poi punto, liberatorio per gli studenti e per i professori. Si può dire tutto anche nei 14 versi di un sonetto». Ma i consigli del suo professore funzionarono alla maturità? «Non l'ho fatta la maturità. Era il maggio '43 e fui promosso per scrutinio perché in Sicilia chiusero le scuole. C'erano gli americani a Lampedusa a guardarci e non c'era tempo per gli esami. L'incubo non l'ho vissuto, ma subito dopo mi misero la divisa». E Montalbano come se la cavò con il tema? «Non lo so neanch'io, ma so che era uno bravino: senza essere codino, da buon borghese non voleva scontentare il padre. E poi aveva la mania della lettura e chi ha letto sin da piccolo sa scrivere». Gabriele Beccaria

Persone citate: Andrea Camilleri, Camilleri, Manzoni, Montalbano, Pirandello, Sartre, Svevo

Luoghi citati: Europa, Lampedusa, Sicilia