Per il premier il «rischio-tenaglia» di Fabio Martini

Per il premier il «rischio-tenaglia» Per il premier il «rischio-tenaglia» Finge sicurezza, stretto fra D'Alema e il Cavaliere ROMA. Lui continua a far finta di nulla. Continua a dire che «va benissimo», ma stavolta il benismo di Romano Prodi e i suoi sorrisi somigliano più ad una posa che ad una reale disposizione dell'animo. In realtà, alla vigilia del voto sulla Nato, il Professore è preoccupato come pochissime altre volte nei 23 mesi che ha trascorso a Palazzo Chigi. Il timore - confidato ai suoi - è quello di finire nella tenaglia di una «coppia» che sembrava in disarmo: da una parte c'è D'Alema che vuole far chiarezza con Bertinotti, anche al costo di aprire una vera crisi di governo; dall'altra c'è Berlusconi, che stavolta punta per davvero a mandare Prodi a casa. «A pochissime ore dal voto sulla Nato - spiega Enrico Letta, vicesegretario del ppi e amico personale di Prodi - non è ancora chiaro fino a che punto i "Ds" vogliano spingere le giuste esigenze di chiarifica¬ zione. In altre parole^ quali sono le reali intenzioni?». Eccolo l'ultimo sospetto che si aggira a Palazzo Chigi e a piazza del Gesù: dove vuole arrivare D'Alema? Basta unsemplice chiarimento da consumare in 48 ore, una crisilampo? O a Botteghe Oscure si punta ad una lunga crisi per rimpastare il governo e ricontrattare l'alleanza con i comunisti? Questo è l'enigma che fa arrovellare un Prodi più teso del solito. E non è un caso che da tre giorni il Professore giochi a nascondino con i cronisti: sabato si è arrampicato con la sua bici sulle rampe della Futa, ieri non ha rinunciato ad una visita in Tunisia ma poi, a sorpresa, ha annullato la conferenza stampa, limitandosi a spiegare che «l'Italia è ancorata alla Nato». E così le sue ultime parole, il Professore le ha pronunciate domenica a Borgo Panigale, nella campagna bologne¬ se, sul palco di una festa dui Ppi, dopo l'esibizione di una cantante di liscio: «Chi pensasse di presentare una mozione di sfiducia ha il dovere morale di dire se lo vuole fare per provocare elezioni o per creare una nuova maggioranza». Curioso un piccolo dettaglio: il Prodi senza cravatta e in versione casual che domenica notte si è presentato ai popolari di Borgo Panigale non ha parlato a braccio, ma ha dovuto sfoderare un foglietto scritto a penna, in modo che il suo messaggio arrivasse a destinazione senza sbavature. Un messaggio diretto al Polo, anche se la preoccupazione più sottile (e meno confessata) a Palazzo Chigi e a piazza del Gesù la nutrono verso D'Alema, pur condividendo il doppio problema politico sollevato dal Pds: evitare sulla Nato un bis della brutta figura consumata sulla questione Albania e al tempo stesso creare le condizioni per uscire dai «ricatti» di Rifondazione. Ma il sospetto è che dietro il linguaggio felpato usato finora da D'Alema («Serve un passaggio parlamentare e un chiarimento politico») si nasconda la volontà di consumare una vera e propria crisi. Anche perché nel Pds si muovono le spinte più diverse, non sempre tutte governate dal suo leader. A Botteghe Oscure c'è chi spera di profittare di una crisi per entrare al governo: in prima fila il presidente dei senatori Cesare Salvi che in queste ore ha sparato a palle infuocate contro Cossiga e non è un caso che prema esplicitamente per un rimpasto Gavino Angius, guarda caso possibile successore di Salvi. E la sortita di Pietro Folena, sempre contro Cossiga, è liquidata con parole dure da un personaggio prudente come Leopoldo Elia, già presidente della Corte Costituzionale: «E' evidente che l'onorevole Folena ha perso una eccellente occasio¬ ne per tacere». Ieri sera Franco Marini è andato di persona a Botteghe Oscure a sondare le reali intenzioni di D'Alema, ma ancora ieri notte Prodi era a Tunisi e soltanto questa mattina deciderà il da farsi. L'ipotesi di dimissionilampo, fatta circolare ieri come scenario gradito a Palazzo Chigi, non piace per nulla al premier, tanto è vero che ieri sera questa ipotesi veniva liquidata come una «bufala». Lo scenario preferito dal capo del governo - ma ce la farà? - è quello di un chiarimento rapido: voto della Camera, salita al Quirinale, rinnovata fiducia della sua maggioranza. Una soluzione alla democristiana? «Vi dovete rassegnare a morire democristiani...», rispondeva ai cronisti, con la proverbiale ironia, il presidente dei popolari Gerardo Bianco. Fabio Martini E a Botteghe Oscure c'è chi spera in un rimpasto per poter entrare nell'esecutivo Il presidente del Consiglio Romano Prodi

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