La verifica? E' in bilico tra la crisi e la farsa di Augusto Minzolini

La verifica? E' in bilico tra la crisi e la farsa BALLA PRIMA PAGINA SEMPRE su quel fronte, quello delle opposizioni, hanno dato il loro aiuto a rendere ancora più indecifrabile la situazione anche la Lega e il Polo: Umberto Bossi voterà «no» dopo che i suoi nelle settimane scorse avevano annunciato che si sarebbero astenuti, ma questa non è novità; Silvio Berlusconi ha, invece, condizionato il suo filo-atlantismo alle dimissioni di Prodi. Va bene la Nato, ma solo con Prodi fuori. E' facile poi che il centrodestra si contenti di molto meno, ma per adesso questo è il verbo del Cavaliere. Comunque, al di là dei comportamenti strumentali che non gli sono nuovi, questa volta Berlusconi qualche ragione dalla sua ce l'ha: che un governo non possa far conto sulla sua maggioranza per ratificare un trattato internazionale o per partecipare a una spedizione militare, come nel caso del Kosovo, è davvero un'assurdità. Eh sì, in questa occasione il maggior contributo al caos viene proprio dalla maggioranza di governo. Da quelle parti Massimo D'Alema vorrebbe che sull'altare dell'alleanza con Rifondazione non venissero sacrificate anche le ultime spoglie di quelle che un tempo erano le forme istituzionali: «Ci vuole - continua a ripetere il segretario dei diessini - una crisi o una verifica parlamentare per far pagare un conto a Bertinotti. Per far sapere agli italiani che per la terza volta in tre anni Rifondazione ha messo a repentaglio il governo dell'Ulivo». Sempre da quelle parti c'è qualcuno, Romano Prodi, che di dimissioni non vuol sentir parlare e che legge nelle parole del segretario dei ds anche una gran voglia di impostare un negoziato forte con Rifondazione e il desiderio di cambiare qualche testa del suo governo. Insomma, il benedetto rimpasto. «Loro - raccontava ieri Renzo Lusetti, uno dei vicesegretari del Ppi - vogliono cambiare sicuramente ministri come Flick e Berlinguer, ma non solo...». A uno prudente come Prodi certe idee fanno venire uno stranguglione. Le considera azzardi, pazzie. E le stesse idee di D'Alema provocano l'orticaria a tutti i ministri che non vogliono ritrovarsi tra le teste tagliate. Così Dini scommette che non «ci sarà nessuna crisi», mentre Visco assicura che «non ce ne è bisogno». E il professore? Ovviamente fa la vittima, se la prende con i perfidi del Bottegone. L'altro ieri il premier ha avuto uno sfogo con Mussi, capogruppo dei deputati Ds: «Mi fanno male le critiche che i tuoi rivolgono al governo, a cominciare da certe dichiarazioni del tuo collega Salvi. Mi sento solo, sono sfiduciato». E allora come finirà il duello sulla Nato, questo primo festival della politica manovriera? Il variegato lessico della politica nostrana in questi casi aiuta. Ieri il Capo dello Stato ha fatto un gran sfoggio di espressioni particolari nei due colloqui che ha avuto prima con Romano Prodi e, qundi, con Walter Veltroni. Ha parlato di veri¬ fica lampo, di crisi lampo. Ovvero, di tutti termini che preannuciano solo una cosa: l'ennesima farsa. Al dunque, la più probabile delle ipotesi prevede che oggi constatato che sull'allargamento della Nato il governo non può disporre della sua maggioranza - il premier chiederà i voti alle opposizioni facendo appello al loro senso di responsabilità. Annuncerà anche che, incassato dal Parlamento il sì al trattato, andrà al Quirinale per mettere al corrente il Capo dello Stato della situazione che si è creata. Nel peggiore dei casi non si saprà mai - è successo già per l'Albania - se Prodi presenterà a Scalfaro le sue dimissioni. Si sa fin d'ora, invece, che nel giro di qualche giorno («non più di 48 ore», si premunisce di dire Veltroni) il presidente del Consiglio tornerà alle Camere per ricevere un nuovo voto di fiducia dalla sua vecchia maggioranza, quella con Rifondazione. In altre parole si sta andando verso la solita soluzione surreale: la maggioranza va in crisi, o in difficoltà, sulla Nato. Ma non si ricompone attraverso un chiarimento di politica estera, bensì attraverso una verifica condita solo dalla politica interna, visto che sull'altro argomento tutti sanno che le differenze tra l'Ulivo e Rifondazione sono incomponibili. Il governo - e la sua maggioranza - non risolvono il problema, ma lo rimuovono con un'abile «manovra», appunto. Non importa poi se la questione si ripresenterà tra qualche settimana o mese, magari prendendo le sembianze della crisi nel Kosovo. E non importa neppure che l'indice di popolarità del governo sia caduto nell'ultimo mese di cinque punti. Prodi, novello Andreotti, confida nella gran «voglia di dimenticare» che anima gli italiani. Che c'è di male? Messa da parte ogni voglia di riforme, sono tornati gli istinti - bassi della nostra politica: le polemiche sulla mafia, quelle sul caso Moro, le furberie e le tattiche. Insomma, nulla di nuovo. Augusto Minzolini La verifica? E' in bilico tra la crisi e la farsa Il leader del Polo Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Albania, Kosovo