«Ma non segua lo stile Usa» di Paolo Patruno

«Ma non segua lo stile Usa» IL LEADER DELLA UIL «Ma non segua lo stile Usa» Larizza: in Italia non funzionerebbe UROMA N avversario duro, deciso, battagliero, ma che ha sempre riconosciuto il ruolo del sindacato e che non ha mai giocato con le carte sotto il tavolo. Pietro Larizza, segretario generale della Uil e «veterano» fra i leader sindacali, rende l'onore delle armi a Romiti. E a Paolo Fresco, che lo sostituisce, invia un solo consiglio: non faccia l'americano, non cerchi di importare modelli di relazioni sindacali che in Italia non funzionano. Allora Larizza, esce di scena Romiti con il quale il sindacato ha duellato per più di ventanni. Quale è il suo primo ricordo di lui? «Personalmente, a tu per tu, l'ho conosciuto prima di essere eletto segretario generale della Uil, nel '92. Ricordo che ci incontrammo con Giorgio Benvenuto, che mi presentò. Ma mdirettamente lo conoscevo ben da prima, dall'inizio degli Anni 80, quando ero nella segreteria confederale». E in quel ruolo si scontrò con lui? «Non direttamente, perché non ho mai guidato il sindacato dei metalmeccanici. Ma certo ho cominciato a conoscerlo neU'80, ai tempi della vertenza Fiat. Lo sciopero dei 35 giorni, la marcia dei 40 mila, la sconfitta del sindacato, come ammise Lama. Chissà, il sindacato agendo istintivamente avrebbe potuto rispondere con una contro-marcia. Ma come sarebbe finita la vertenza Fiat, che allora era in bilico fra rimanere azienda privata o finire "frizzata"? In quei giorni compimmo una scelta politica, quella della pacificazione, condivisa dalla maggioranza della società civile, anche se consapevoli dell'ombra della sconfitta che si allungava su di noi». E Romiti, in tutto questo, era il vincitore? «E' chiaro che dietro la marcia noi vedevamo il braccio operativo della Fiat di Romiti, di tutto l'apparato che si era impegnato nella mobilitazione. Era un av- versario che ricercava con il sindacato un confronto anche molto duro, ma aperto, pubblico. Ecco le caratteristiche dell'uomo: molto difficile, battagliero ma diretto, esplicito. Romiti ha sempre creduto fortemente nella Fiat, nella sua funzione industriale di punta. Ed è stato un grande manager industriale, che però ha sempre rispettato il ruolo democratico del sindacato anche nelle vertenze più aspre». E con lui alla Fiat di scontri ne avete avuti molti... «Io devo ricordare che, anche nelle fasi di conflitto, Romiti ha sempre cercato un rapporto con il sindacato per trovare una soluzione. Certo ognuno faceva il suo mestiere, cercava di imporsi, anche duramente. Ma il contrasto, pur aspro, si svolgeva sempre dentro un sistema di regole condivise. Insomma, un avversario difficile, ma non mi spavento certo per questo perché anch'io sono un caratteraccio. Con lui sapevi sempre dove mirava e giocava senza carte sotto il tavolo». Tutti questi anni a battagliare: mai alleati anche solo de facto? «A volte ci siamo trovati insieme in polemica con i politici, come alla fine degli Anni 80 o all'inizio dei Novanta, quando si diceva che le industrie andavano meglio senza i governi e si ricercava un confronto diretto fra impresa e sindacato. E questo ha finito per influenzare la politica di Confindustria. E poi negli ultimi tempi, senza che di mezzo ci fossero interessi Fiat, Romiti si è spesso espresso positivamente sul Mezzogiorno, da lui indicato come "una opportunità" per il Paese. Sottoscrivo in pieno». Uno che parte, uno che arriva: che vi attendete da Paolo Fresco? «Evitiamo le previsioni, lo giudicheremo sui fatti. Ho letto della sua lunga esperienza negli Stati Uniti e ho un solo consiglio da dargli: mi auguro che alla Fiat parli italiano e non americano. Cioè non cerchi di importare modelli industriali che ci sono estranei, cercando di ridimensionare i sindacati. Sarebbe incompreso e tutti i problemi diventerebbero di oUfficile gestione. Perciò accetti di lavorare con un sindacato magari rompiscatole, ma necessario e affidabile». Paolo Patruno II segretario della Uil Larizza

Luoghi citati: Italia, Stati Uniti, Usa