L'uomo che rimpiangeva la Germania Est

L'uomo che rimpiangeva la Germania Est PERSONAGGI* UN FANTASMA DELL'EUROPA DIVISA Non si era mai integrato: povero, alcolizzato, era prigioniero dell'attimo che gli aveva cambiato la vita L'uomo che rimpiangeva la Germania Est Era diventato celebre fuggendo a Ovest 37 anni fa: si è ucciso BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Prima di impiccarsi a un albero in un bosco vicino a Ingolstadt dopo un ultimo litigio con la moglie, Conrad Schumann si è immaginato forse cos'era stata per 37 anni la sua vita. Da quando, il 15 agosto del 1961, un reporter americano lo fotografò mentre saltava il filo spinato per fuggire all'Ovest, nella Berlino dov'era appena cominciato il Muro, Conrad Schumann aveva vissuto in quella fotografia di ragazzo in uniforme, l'elmetto e gli stivali incrociati per darsi lo slancio al salto, le braccia allargate a trovare l'equilibrio, la carabina ormai a mezza coscia e vicina a terra. Da quel giorno del 1961, a diciannove anni, Conrad Schumann è stato prigioniero di un mito che non apparteneva a lui ma alla fotografia di una guardia di frontiera comunista diventata il simbolo della divisione in due della Germania, della tragedia tedesca ed europea, del confronto fra due culture e due universi politici, economici, sociali. Prima di impiccarsi in un bosco bavarese a 56 anni, ieri, l'ex «soldato popolare» della Repubblica Democratica Tedesca nel frattempo giustiziata dalla storia, ha ripensato a tutto questo forse: alla metafora impadronitasi di lui, al terribile peso cumulato su di lui, alla forza straordinaria che la fotografia emavava al- lora e ha continuato ad emanare, per una buona metà del mondo. Al paradosso che dall'agosto del 1961 ha governato la sua vita, costringendolo a cercare in una fotografia «un momento irripetibile che avrei sempre voluto mi succedesse ancora», come confessò otto anni fa in un'intervista mentre cadeva il Muro. L'unico momento in tutti questi anni, forse, che gli ha permesso di riappropriarsi della propria identità, di sovrapporsi alla fotografia del giovane soldato di frontiera comunista. Di parlare per se stesso e non più per un'immagine acquisita dalla storia. Il salto in Occidente non ha infatti capovolto la sua vita: se la sua fotografia di fuggitivo è diventata il simbolo della ribellione a regimi totalitari e dittature, non gli ha portato fama né denaro, non gli ha garantito lavoro né tranquillità. Ogni volta che, in questi 37 anni, milioni di persone hanno osservato la giovane guardia di frontiera in fuga verso l'Occidente, hanno visto soltanto quel che stava alle sue spalle: edifici un po' sinistri con ancora evidenti i segni della guerra, finestre cieche, un militare armato fermo ad un incrocio sullo sfondo, filo spinato, muri scostrati, grate. Quello che per il «soldato popolare» cominciava allora con il salto verso l'Occidente («un salto compiuto come in un sogno», avrebbe confessato), è rimasto al massimo occasione di curiosità insoddisfatta. Per Conrad Schumann, invece, la fotografia ha avviato un'avventura che la «paura tremenda» di quei «tre o quattro secondi decisivi», la svolta di una vita, non gli aveva fatto presagire: per quasi dieci anni - avrebbe confessato poi nell'intervista concessa davanti al Muro ormai in frantumi - le difficoltà e «l'estraneità da un mondo più difficile» di quanto si fosse immaginato lo avevano «spinto alla bottiglia», fino a diventarne dipendente, alcolizzato. Poi, una serie di lavori occasiona- li: da infermiere, da magazziniere, da operaio. Fino all'incontro con la donna che sarebbe diventata sua moglie, e che lo avrebbe convinto a trasferirsi da Berlino a Ingolstadt, la «città dell'Audi»: nella fabbrica automobilistica bavarese, Schumann ha lavorato fino allo scorso venerdì, operaio alla catena di montaggio. Che cosa sia successo veramente ieri, non si sa. La polizia è avara di dettagli perché, garantisce, «la morte di Conrad Schumann è legata a ragioni assolutamente personali»: anche se manca una spiegazione, anche se non ci sono lettere d'addio. Secondo la testimonianza dei vicini, dopo una lite con la moglie sarebbe uscito dalla casetta appartata che da anni abitava a Kipfenberg, poco lontano da Ingolstadt. Una breve corsa fino al bosco dove qualche ora dopo un ciclista l'ha trovato: garantendo all'ex «soldato po polare» una tragica giustizia postuma che - per 37 anni nessuno in Germania o altrove aveva saputo assicurargli. La libertà, l'autonomia da una fotografia staccatasi da lui ed entrata nella storia. L'aspetto più drammatico, nella triste vicenda di Conrad Schumann, è proprio questo: la difficoltà di riconoscersi al di fuori da un'immagine. Un paradosso soltanto in appa renza, forse, nel secolo che si avvia alla conclusione. Emanuele Novazio Un fotografo lo aveva immortalato mentre in divisa saltava il reticolato che divideva Berlino Quando cadde il Muro aveva detto: «Vorrei che quel giorno si ripetesse» Qui accanto Honecker, l'uomo che costruì il Muro Nella foto grande Conrad Schumann fugge all'Ovest, nell'immagine simbolo della tragedia della città divisa

Persone citate: Conrad Schumann, Emanuele Novazio, Honecker, Schumann

Luoghi citati: Berlino, Germania, Germania Est, Ingolstadt, Repubblica Democratica Tedesca