Prodi: no alla sfiducia al buio di A. R.

Prodi: no alla sfiducia al buio Berlusconi: pronti a votare per la Nato, ma il governo prenda l'impegno di dimettersi Prodi: no alla sfiducia al buio «Cosa vogliono? Lo dicano chiaro» ROMA. «Clii pensasse di presentare una mozione di sfiducia ha il dovere morale, prima ancora che politico, di dire cosa vuole fare. Chi vuole interrompere il cammino di questo Governo dica prima come vuole cambiarlo, cosa vuole metterci al posto. Se si vuole creare un'altra maggioranza, si dica quale. E se si vuole votare in anticipo lo si dica chiaramente». Il Presidente del Consiglio, alla vigilia del voto sulla Nato, è molto netto nell'awisare indecisi e strateghi dell'ultima ora. «Non si fanno su questioni così importanti di politica estera i giochi delle tre carte, e delle mille parti verso il Paese». Prodi si è rammaricato dei continui attacchi al governo: «Non ci hanno lasciato nemmeno un giorno per godere dei risultati raggiunti con l'ingresso in Europa: la caccia è cominciata subito, come se tutto fosse finito, quel 2-3 maggio che ha sancito il nostro ingresso nell'Euro. Non è un fatto temporaneo, ma costante, che esige che l'Ulivo vada avanti perchè non c'è una coalizione alternativa». Le parole di Prodi arrivano dopo una giornata in cui finalmente Berlusconi dice la sua parola definitiva sul voto sulla Nato. Il Polo voterà «sì», ha annunciato ieri «in forma ufficiale, perché non ci siano fraintendimenti. E perché non si pensi che noi andiamo a rimorchio di qualcun altro». Di chi? Ma di Cossiga, ovviamente. Il quale Cossiga, dopo avere per primo annunciato che avrebbe votato «sì» (pronto anche a votare la fiducia), sabato ha minacciato di votar contro l'allargamento della Nato come «rappresaglia» contro i dubbi sulla vicenda Moro (che lo riguardano), avanzati dal pidiessino Folena e, indirettamente, dal capo dello Stato. E così il governo Prodi si presenta alla Camera con un problema in meno e il fondatore dell'Udr, per uno scatto umorale, rischia di farsi sfuggire di mano il risultato politico che sperava di incassare domani garantendo al governo i voti necessari per compensare quelli che negherà Rifondazione. Cossiga, nelle vesti del buon samaritano, si sarebbe avvicinato alla maggioranza e ai centristi dell'Ulivo, preparandosi a riscuotere successivamente i benefici dell'operazione salvataggio. Ora, invece, i suoi voti non sono più essenziali visto che ci sono quelli del Polo. E Berlusconi, con finta noncuranza, lo lascia capire. «Io non voglio che sia messa in dubbio la nostra fedeltà atlantica spiega il capo del Polo, dando una stoccata a Cossiga - e, siccome adesso Cossiga ha cambiato opinione su questa cosa, ho ritenuto di dover chiarire bene la nostra posizione». Con una mossa sola Berlusconi si riprende la bandiera del paladino dell'atlantismo, accontenta Fini e Casini che da sempre volevano votare «sì» e rimanda nell'angolo il Cossiga che voleva giocare in proprio. Non solo. Se l'improvviso acuirsi della «vicenda Moro» aveva, per caso, l'obiettivo di fare infuriare Cossiga (come è avvenuto), magari per poter pungolare meglio Prodi e indurlo a rafforzare la sua squadra con un cambio di ministri, anche questo passaggio è stato azzerato. Per quanto riguarda le condizioni da porre a Prodi, Berlusconi sembra talmente soddisfatto della sua mossa, che pare quasi disposto a fare uno sconto al governo. Infatti, non pretende che Prodi chieda esplicitamente l'aiuto del Polo (come Cossiga) : «Che il governo lo chieda ha poca importanza». Il capo del Polo ripete, semplicemente, la platonica esortazione: «Noi gli diamo il voto, ma loro debbono prendere l'impegno di dimettersi. Occorre l'impegno esplicito del presidente del Consiglio. Se non lo fanno? Vedremo come si comporteranno gli altri». L'ispiratore del «contropiede» berlusconiano sembra essere, di nuovo, l'ascoltato consigliere Gianni Baget Bozzo. Che sempre ieri aveva spiegato al Polo che «è incredibile che la baruffa Cossiga-Folena possa concorrere a determinare l'orientamento del Parlamento circa l'adesióne italiana all'espansione della Nato. Il Polo si dissoci da questa storia trasformista e chieda le dimissioni del governo dopo il voto». E così è stato. Cossiga, probabilmente, non si aspettava lo sgambetto di Berlusconi. Ancora ieri, il fondatore dell'Udr ripeteva che i suoi avrebbero votato «sì» per la Nato solo se Prodi chiederà «nominativamente i voti, ammettendo che gli manca la maggioranza». Ieri Mastella, cossighiano ignaro dello «scherzo» che gli stava preparando Berlusconi, diceva che il voto dell'Udr «non è affatto scontato» e già intravedeva una crisi di governo indicando anche la soluzione: un governo presieduto da «una personalità istituzionale». Riferendosi, probabilmente, al presidente del Senato Mancino, [a. r.]

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