Tragedia al Galeazzi Scontro sui risarcimenti

Tragedia al Galeazzi Scontro sui risarcimenti Milano, gli imputati offrono 8 miliardi Tragedia al Galeazzi Scontro sui risarcimenti Rifiutano alcuni parenti delle vittime della iperbarica: «Vogliamo la verità» ri IH P MILANO. «Rifiuto su questa tragedia di fare discorsi economici. Rifiuto proprio l'argomento, perché non è di questo che si tratta. Prima di tutto vorrei che si parlasse di mio padre, della sua sofferenza, di cosa è successo e di come sia stato possibile che sia accaduto...». Carla Bocchi, commercialista, è una dei 60 parenti delle 11 vittime che il 31 ottobre scorso morirono bruciate e asfissiate nella camera iperbarica della clinica privata Galeazzi. Ricordare fa male, è sofferenza, anche per una solida professionista come la signora Bocchi che quella tragica mattina sentì le grida del padre trapassare le lastre d'acciaio del cilindro della morte, trasformatosi per una fuga d'ossigeno, per la fiammella di uno scaldino, per la mancanza di controlli e per l'inutilizzabilità del sistema antincendio, in un forno crematorio. La signora Bocchi non intende dimenticare: «Sono sei mesi che non riesco a dormire, voglio prima capire perché è successo e voglio che lo capiscano tutti». E come lei, decisi a non barattare la memoria di una tragedia con dei soldi, ci sono i parenti di almeno 4 vittime, che hanno rifiutato l'offerta di un risarcimento danni (tra i 600 milioni e il miliardo ciascuno, per un totale di circa 8 miliardi) proposto dai legali dei 7 imputati (Antonino Ligresti, Silvano Ubbiali, Raffaele Bracchi, Ezio Zambelli, Giorgio Oriani, Roberto Beretta, Andrea Bini) in vista dell'apertura del processo, previsto per il 24 giugno prossimo. Un processo nel quale si costituiranno parte civile la Regione, il Comune, i sindacati e diverse associazioni di difesa dei malati e degli utenti. Ma basterà, signora Bocchi? Antonino Ligresti «tmntqtmtcsapcmCdlcB i «Non credo. Vede, noi non rifiutiamo la proposta di risarcimento per chissà quale acrimonia nei confronti degli imputati. Ma il discorso economico in questo momento ci sembra l'ultima delle cose. Prima vorremmo che si discutesse seriamente di come è possibile che succedano cose del genere. Non sarà la condanna degli imputati a darmi soddisfazione. Anzi, personalmente ritengo che anche loro, gli imputati, in questo momento stiano soffrendo. Certo, una sofferenza diversa dalla nostra... Ma ripeto, non è la loro condanna che vado cercando». E allora, cosa, signora Bocchi? «Diciamo che avrei preferito potermi confrontare con degli interlocutori istituzionali. Chessò, il ministero, la Regione, le TJssl... Invece da parte delle istituzioni, come al solito, abbiamo assistito a delle reazioni d'impatto, momentanee. Poi, più niente. Avrei voluto che questa tragedia fosse servita davvero a qualcosa». Come lei la pensano praticamente tutti gli altri parenti, anche quelli che il risarcimento l'hanno già accettato. Dice l'avvocato Giuliano Pisapia, legale di alcune famiglie: «Bisogna tenere presente che ci sono situazioni oggettivamente diverse. C'è chi ha accettato il risarcimento perché aveva problemi di sostentamento dopo la morte del congiunto, oppure perché ha deciso di devolvere questi soldi proprio nello studio dell'antinfortunistica. Questo non significa che non saranno presenti al processo, anche se causerà loro un immenso dolore. Ci saranno tutti, e la loro sarà una testimonianza civile di sofferenza affinché ciò che è accaduto alla Galeazzi non succeda mai più». [p. col.] ri IH P Antonino Ligresti

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