Minsk, il Presidente assedia le ambasciate
Minsk, il Presidente assedia le ambasciate Stati Uniti ed Europa per protesta richiamano i loro rappresentanti diplomatici Minsk, il Presidente assedia le ambasciate Dopo il decreto di sfratto tagliate l'acqua e la luce MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Ambasciatori senz'acqua e senza luce, con famiglie e famigli, da ieri mattina. L'evento è l'ultima sortita del presidente bielorusso Lukascenko, che è passato all'offensiva contro l'intero corpo diplomatico straniero dopo avere sfrattato le rappresentanze ufficiali di almeno venti Paesi stranieri legalmente accreditati a Minsk. Ieri, a corto d'acqua e di pazienza, i Paesi dell'Unione Europea e gli Stati Uniti hanno deciso di richiamare tutti i loro ambasciatori in segno di protesta. La storia - che a prima vista sembra inspiegabile - nacque alla fine dell'aprile scorso, quando il Presidente bielorusso comunicò che, «per lavori di riassetto urgente», tutte le residenze degli ambasciatori collocate nel parco di Drozdy, a circa sei chilometri dal centro della capitale, avrebbero dovuto trasferirsi in altre sedi. Entro il 10 giugno e non oltre, perentoriamente. Ovviamente quasi tutti gli ambasciatori, quello italiano incluso, hanno protestato facendo appello all'inviolabilità delle sedi diplomatiche e delle residenze, secondo la Convenzione di Vienna. All'inizio della settimana, le autorità bielorusse, un po' preoccupate per la piega scandalosa della situazione, erano sembrate disponibili a trattare. I portavoce ufficiali di Minsk, tra cui il ministro degli Esteri Ivan Antonovic, avevano dichiarato che il decreto presidenziale di sfratto restava in vigore, ma che gli ambasciatori avrebbero potuto restare, almeno temporaneamente, in qualità di «ospiti» del presidente Luka¬ scenko. La formula aveva suscitato altri interrogativi. Non si trattava dunque di lavori di ristrutturazione, ma della decisione di Lukascenko di estendere il perimetro della propria residenza ufficiale. Così, per lo meno, indicava ieri mattina un cartello posto all'entrata del complesso: «Residenza del presidente della Repubblica di Belarus». Ma nessuno ha ancora letto il testo formale del decreto presidenziale ed esso non è stato ancora pubblicato. Dettaglio comunque secondario rispetto alla piega presa successivamente dagli eventi. Ieri mattina, infatti, quattro capi di missioni diplomatiche - Francia, Stati Uniti, Italia e Germania - che si erano presentati dimostrativamente all'ingresso di Drozny, si sono visti rifiutare il passaggio, mentre un imponente servizio di polizia, dislocato evidentemente durante la notte, garantiva che le «truppe diplomatiche», degli occidentali non riuscissero a forzare il blocco. Lukascenko continua così la sua «guerra a colpi di spillo» con l'Occidente, cominciata al momento della sua elezione e che non ha avuto soste. Gli Stati Uniti vedono in lui il presuntuoso e fastidioso microbo che vorrebbe ricomporre due tasselli dell'ex Unione Sovietica. Cosa che a Washington, e non solo laggiù, è poco meno che una bestemmia. Lui - per opposte e simmetriche ragioni - vede nell'Occidente l'impero del male. Così, probabilmente, si spiega la sua mania di grandezza. Non misurabile soltanto con l'estensione della sua residenza ufficiale. Niente di più pericoloso di un moscerino con ambizioni. Giuliette Chiesa Il presidente bielorusso Alexander Lukascenko
Persone citate: Alexander Lukascenko, Giuliette Chiesa, Ivan Antonovic, Lukascenko
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