Sinistro europea a Canossa di Luigi Grassia
Sinistro europea a Canossa Sinistro europea a Canossa Jospin e Lafontaine: che bravigli Usa MILANO. Che trionfo per gli americani. Anche gli ultimi nemici vanno a Canossa. Tocca a un leader ex operaista europeo, di un rosso ormai così stinto come quello del socialista francese Lionel Jospin, esclamare nella sua visita-pellegrinaggio a Washington «ho cambiato la mia opinione sull'America, da quella tradizionale da uomo di sinistra che avevo». Mentre dall'altra parte dell'Oceano e del Reno il tedesco Oskar Lafontaine, numero due dell'Spd, non si muove di casa ma va a Canossa in ispirilo dicendo addirittura che «la politica finanziaria dell'era Reagan, unita alla flessibilità del lavoro, è stata un fattore di base dell'attuale successo economico Usa». Uno sbraco ideologico che può apparire persino eccessivo, se si considera che gli anni di «Ronnie» vengono ormai riguardati piuttosto severamente in America e fuori, quanto a fisco e bilancio, anche da chi di sinistra non è mai stato. Quanto al mercato del lavoro, però, poche discussioni: il modello americano si è rivelato vincente, benché in Europa la troppa flessibilità continui a fare paura. «Non c'è dubbio che ci siano lezioni da imparare dagli americani in questo campo», ha detto il primo ministro Jospin, usando per definire l'economia Usa un florilegio di aggettivi come «forte, competitiva e dinamica» E termini analoghi ha impiegato Lafontaine, che pure dei socialdemocratici tedeschi rappresenterebbe l'anima di sinistra (Schròder, il candidato Spd alla poltrona di Kohl, è considerato centrista). Le cifre parlano: dieci per cento di disoccupazione in Germania, con il suo lavoro iperregolamentato e iperprotetto; ancora di più in Francia - e in Italia -, mentre in Usa l'indice è vicino al quattro (però si calcola anche in un modo diverso: basta lavorare qual¬ che ora a settimana e in America non si fa numero fra i disoccupati). In pratica Jospin e Lafontaine sposano la linea di Blair, il leader della sinistra europea che più decisamente ha fatto sue le politiche del libero mercato. Ma Jospin non è quello delle 35 ore? E' lui, e non ha detto di aver cambiato idea. Tanto che qualche giornale francese, per spiegare l'apparente contraddizione, ha scritto che si profila ima strategia del colpo al cerchio e colpo alla botte: orario ridotto per legge sì, ma al contempo misure di liberalizzazione del mercato del lavoro (perché, ha ammonito, «stiamo già subendo una contrazione del pil»), con le spalle coperte a sinistra dalla legge più populista. Quanto a Lafontaine, nel suo discorso-choc (tenuto a Berlino davanti a una platea di industriali farmaceutici) ha sottolineato in positivo soprattutto il ruolo svolto dalla Federai Reser¬ ve, la Banca centrale statunitense, nel perseguire «politiche monetarie attente anche a promuovere l'occupazione», e non solo a combattere l'inflazione. La Bundesbank si è votata invece al monetarismo puro, anche al di là dei vincoli di Maastricht (la cui rigidità, del resto, ha contribuito in marnerà determinante a fissare). Ma ora la Banca tedesca sta per cedere buona parte della sua sovranità a un altro ente che sta sempre a Francoforte, la Banca centrale europea. Da quanto ha detto Lafontaine si potrebbe pensare che accanto a norme più flessibili sulle assunzioni e i licenziamenti l'Spd tedesca, se vincitrice al voto in autunno, pensi a promuovere politiche più espansive, magari affiancando alla Bce quel coordinamento Ue delle poliUche economiche che piacerebbe (si sa) anche a Jospin. Luigi Grassia «Lezione da imparare La flessibilità del lavoro è alla base del boom economico degli Stati Uniti» li primo ministro socialista . francese Lionel Jospin
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