tecentomila in corteo per il lavoro
tecentomila in corteo per il lavoro Dopo 15 mesi tornano in piazza San Giovanni per invocare il rispetto dei patti del '96 tecentomila in corteo per il lavoro Roma invasa dalla manifestazione dei sindacati ROMA. Occupazione, lavoro, sviluppo, Mezzogiorno: quattro parole d'ordine per una sola grande manifestazione che vede oggi a Roma 300 mila lavoratori, pensionati, disoccupati provenienti da ogni parte d'Italia per sollecitare il governo a «passare dalle parole ai fatti». Una giornata difficile per i romani, perché tre imponenti cortei sfileranno nelle le vie della città prima di arrivare in piazza San Giovanni, bloccando gli accessi in una vasta area tra la periferia e il centro, e creando paurosi ingorghi per parecchie ore. Ma Cgil, Cisl e Uil, promotrici della dimostrazione, questa volta hanno giocato d'anticipo su proteste e lamentele con un'iniziativa che non ha precedenti: appunto per la prima volta, hanno fatto affiggere su autobus e muri 10 mila manifesti e locandine, in cui fanno atto di penitenza nei confronti della cittadinanza. «Ci scusiamo con i cittadini - scrivono le tre confederazioni - per i disagi che la manifestazione provocherà, ma non abbiamo altro modo per rappresentare l'angoscia e la rabbia di chi è senza lavoro e di chi rischia di perderlo». Un'altra novità significativa saranno i gemellaggi tra le delegazioni delle regioni del Nord e quelle del Sud: Lombardia e Sicilia sfileranno dietro lo stesso striscione, così come Emilia Romagna e Campania, e divideranno le spese. Uno scambio di solidarietà che vuole dare il senso dell'iniziativa sindacale, sostenuta anche da un nutrito plotone di quasi tutti i sindaci del Sud, da Antonio Bassolino di Napoli a Enzo Bianco di Catania, con la dissociazione però del sindaco di Bari Adriana Poh Bortone di Alleanza Nazionale. Fra le molte adesioni quelle delle Acli e della Federazione nazionale della stampa italiana. E' la seconda manifestazione di protesta organizzata da Cgil, Cisl e Uil con l'Ulivo al governo. La prima risale al 22 marzo del '97: Romano Prodi era arrivato a Palazzo Chigi da poco meno di un anno, quando i sindacati portarono a Roma 400 mila persone per contestare i ritardi sul fronte dell'occupazione. Oggi, a distanza di 15 mesi, il quadro è più o meno lo stesso e così gli slogan dei lavoratori e dei disoccupati che tornano in piazza per chiedere, come nel marzo dello scorso anno, il rispetto integrale del Patto per il lavoro del '96, misure concrete per l'occupazione, lo sblocco dei cantieri, maggiori risorse per gli investimenti in infrastrutture, interventi adeguati contro il lavoro nero. Una prova generale per uno sciopero nazionale? «Nemmeno per idea», replica secco il leader della Cgil Sergio Cofferati. «L'obiettivo - spiega - è di chiedere al governo e agli enti locali, perché ci sono responsabilità rilevanti anche delle Regioni, di colmare i vuoti che si sono determinati nell'applicazione dell'accordo del '96. Le politiche di risanamento attuate in questi anni hanno realizzato una fase di crescita importante che riguarda tante aree territoriali e settori produttivi. Ora, però, bisogna fare un salto di qualità: orientare questa crescita verso il Sud». Più minaccioso, il numero due della Cisl Raffaele Morese avverte: «Questa manifestazione è solo un aperitivo, un assaggio». Incalza il segretario generale della Uil Pietro Larizza: «Il governo deve fare di più e in fretta. Deve dire chiaramente quanto si spende, come si spende, ma in particolare quando si spende». E il ministro del Lavoro Tiziano Treu riconosce: «La pressione sindacale è comprensibile. No- nostante la buona congiuntura economica e le cose che abbiamo già messo in opera e che cominciano a dare qualche segnale, l'occupazione nel Mezzogiorno costituisce un motivo di grave preoccupazione». A sostegno dell'azione dei sindacati interviene il leader dei Ds Massimo D'Alema, rilevando che non si tratta solo di fare scelte di governo, ma anche di lanciare messaggi chiari in grado di ampliare l'area dei nostri consensi anche al Nord. Quanto alle grandi infrastrutture occorre ormai decidere, a partire dal ponte sullo Stretto di Messina di cui si favoleggia da anni: «In altri Paesi i ponti si fanno, da noi si discute. Bisogna deliberare in tempi ragionevoli se questa opera si fa o meno, anche per dire eventualmente cos'altro si deve fare». Polemizza, invece, con le centrali sindacali Giuseppe Vegas, vicepresidente del gruppo di Fi al Senato: «Pur di fronte a tragici fallimenti della politica economica dell'Ulivo, i sindacati hanno fornito ossigeno ad un governo interessato al solo mantenimento del potere». Per Rifondazione comunista, l'esperto economico Nerio Nesi esorta il governo a chiedere disponibilità in tema di lavoro, cioè in sostanza assunzioni, alle grandi imprese che hanno ricevuto vantaggi economici attraverso agevolazioni e sgravi, come gli incentivi alla rottamazione. Gian Carlo Fossi Quattro le richieste posti, Mezzogiorno cantieri e sviluppo Tre raggruppamenti Diecimila manifesti per chiedere scusa Milano e Palermo un unico striscione Massiccia presenza dei sindaci del Sud foro traiano. S. MARIA MAGGIORE BOA ESfDR romatÌM^Rtino sto 455 fzz4vitt. 'emanuele foro romano K. RZZADEL , I RZZA S. GIOVANNI inlateran0 rle ostiense ROMA SOTTO ASSEDIO Nella foto grande i segretari di Cisl, Uil e Cgil, Sergio D'Antoni, Pietro Larizza, e Sergio Cofferati. A fianco il ministro Treu
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