Berlusconi prende tempo sui due referendum di Fabio Poletti

Berlusconi prende tempo sui due referendum IL LEADER DEL POLO Berlusconi prende tempo sui due referendum MILANO O parlato con Gianfranco Fini, faremo una commissione, vedremo l'effetto che fa...», prende tempo Silvio Berlusconi. Che non vuole affatto sbilanciarsi sul referendum per l'abrogazione della proporzionale che sta conquistando molti parlamentari del Polo. «Vedremo...», ripete lui per nulla convinto. Non è un no secco, il suo. Anche se per il referendum proposto da Segni e Di Pietro ha parole tutt'altro che lusinghiere. «Il referendum di Segni mi sembra manipolativo, ha poche speranze di passare davanti alla Corte Costituzionale», fa i conti il Cavaliere, a Milano per spingere il candidato del Polo nel collegio Milano 6. «Grazie a Gaetano Pecorella, siamo sicuri che ce la faremo. Dobbiamo solo battere l'assenteismo», dice Berlusconi. E sono le uniche parole rivolte alle elezioni di domenica. A parte quelle della nostalgia: «Sono nato in via Volturno 34, davanti al circolo socialista. Ci andavo a prendere il vino sfuso, così come andavo all'oratorio. Dove c'era don Eugenio, un mito nel quartiere Isola». Fine della digressione. In ballo ci sono i referendum e i tentennamenti nel Polo. Non i suoi: «Io insisto nella mia proposta di una modifica del sistema elettorale che preveda il doppio turno di coalizione. Ci stavano tutti, tranne la Lega. E' questo l'unico modo per arrivare al bipolarismo». E il presidente del Senato, che insiste per l'elezione diretta? Berlusconi boccia anche lui: «La proposta di Mancino è improvvisata, non si può eleggere direttamente un Presidente della Repubblica lasciando inalterati i suoi poteri, ci deve essere il contrappeso del federalismo». Da qui ai referendum c'è di mezzo la decisione da prendere sulla Nato, il cui allargamento va in discussione martedì. La maggioranza si sa non è saldissima, Massimo D'Alena pone il problema di una verifica, il Polo non ci sta a fare da stampella. E su questo Silvio Berlusconi è chiarissimo. «Per risolvere i problemi non basta una gita al Quirina- le accompagnata da un caffè», osserva il Cavaliere. Prima dell'affondo: «Martedì segnaleremo l'irresponsabilità di chi vuole rappresentare l'Italia senza avere una maggioranza. Non avere una linea di politica estera è come costruire una casa senza fondamenta». Ma la cosa che sta più sul¬ lo stomaco a Berlusconi è il ricatto filoatlantico che arriva da Massimo D'Alema. E che pone il dilemma: votare in osservanza ai principi atlantici o dare un segnale fortissimo al governo. «Vedremo, decideremo lunedì a Roma», prende tempo il leader degli Azzurri ora che le proposte sono tante. Da una mozione di minoranza senza l'appoggio al governo fino all'astensione accompagnata da un'uscita dall'aula. «Ma che faccia tosta D'Alema...», lo prende di mira Berlusconi. Che spiega: «Ha pas* sato la vita a organizzare cortei e manifestazioni di protesta contro la Nato e l'Occidente. E oggi dobbiamo subire le sue lezioni ex cathedra di atlantismo». Meglio, molto meglio fare l'elenco delle cose che non vanno nel governo, della «maggioranza che se avesse una dignità, dovrebbe rassegnare le dimissioni e andare a casa». Come ripete davanti alla platea dell hotel Blaise e Francis di via Butti, dove sono in trecento ad applaudirlo insieme a metà Polo, tutti lì a sostenere con lui il candidato degli Azzurri alle elezioni. «Bravo Silvio», gli urla una signora che ha scarpinato per mezza città, per non perdere l'appuntamento. Al suo fian co, il signor Oronzo - «Pensio nato», come si presenta - an nuisce convinto. E il Cavaliere, dal palco non li delude. «Questa maggioranza di governo è in disaccordo su tutto, è unita solo sul potere», è l'è sordio. Prima dell'elenco: «Li tigano sulla politica estera, sull'economia, sul Sud, sulle privatizzazioni e sulla scuola Sono in disaccordo su tutto Dovrebbero andare a casa». Fabio Poletti «La proposta di Segni è manipolativa. Sono per il doppio turno di coalizione» Il leader del Polo Silvio Berlusconi

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