D'Alema «assediato» a Botteghe Oscure
D'Alema «assediato» a Botteghe Oscure Raffica di contestazioni (anche dai ministri) in direzione su Nato e proposta Passigli D'Alema «assediato» a Botteghe Oscure IDs non vogliono la linea dura ROMA. Non è una di quelle direzioni in cui tutto fila liscio come l'olio, dove gli interventi si depennano a seconda delle esigenze del gruppo dirigente, e la linea è quella del segretario, punto e basta. No, la riunione di ieri a Botteghe Oscure è un'altra storia, tant'è vero che in quel consesso non si prende nessuna decisione, nemmeno quella preannunciata sul referendum Passigli, e si opta per un aggiornamento, la settimana prossima, perché la gente che vuol parlare è molta, e quella che ha già parlato lo ha fatto non risparmiando critiche al segretario. Non si tratta dei soliti rimproveri. In ballo non ci sono solo gli ulivisti scontenti, la sinistra insoddisfatta, questa volta a censurare D'Alema sono due ministri di peso, come Giorgio Napolitano e Vincenzo Visco. Che questa direzione rappresenti un appuntamento piuttosto impegnativo lo si capisce già giovedì, quando Veltroni e Mussi bussano allo studio di D'Alema e si accomodano. Non sono lì per una visita di cortesia. Veltroni spiega a D'Alema il punto di vista suo e del governo. Meglio evitare di trasformare il referendum Passigli in una bandiera della maggioranza, magari ottenendo il risultato di far schierare il Polo dall'altra parte, con Di Pietro. Altro capitolo, la Nato. E' vero che non si può sempre chiudere gli occhi di fronte a Bertinotti, ma non si può nemmeno aprire una crisi. Prodi potrebbe andare al Quirinale, quindi tornare alle Camere, fare un discorsetto, magari condito con una mozione d'intenti sulla fase due, e per finire un bel voto che ricompatterebbe la maggio- ranza. D'Alema invece vorrebbe aprire una verifica dura con Rifondazione, con tanto di fiducia e di ridefinizione degli accordi programmatici. E il leader della Quercia la pensa diversamente pure sul referendum. «Quello anti-proporzionale - dice - è un refe¬ rendum sbagliato, fatto contro i partiti». Siamo a venerdì. Si aprono le danze. Il segretario propone di appoggiare l'iniziativa Passigli e dice che però la decisione definitiva dovrà essere presa dal comitato dell'Ulivo (dove, sia detto per inciso, c'è anche Di Pietro). Il leader della Quercia appare più cauto di quanto avevano preannunciato i suoi. Si spinge oltre nei confronti del governo: sollecita una verifica e drammatizza la vicenda della Nato. Qualche parola anche sulla coalizione. D'Alema fa «autocritica» per aver contribuito, sebbene non volontariamente, ad «alimentare un sordo conflitto Ulivo-partiti» e per la Cosa due, «avviata in modo frettoloso e burocratico». Questo D'Alema che su un fronte attacca e sull'altro temporeggia guardingo non sembra riscuotere un gran successo. Si alza Napolitano e nel suo tono uniforme pronuncia parole pesanti, manifestando l'insofferenza dei ministri diessini verso un segretario che sembra voler mettere a repentaglio il gabinetto Prodi. «I partiti di maggioranza - dice il titolare del Viminale - non possono ergersi a giudici dell'azione di governo, né la principale preoccupazione della maggioranza parlamentare può essere quella di caratterizzarsi rispetto all'esecutivo». Napolitano invita poi il pds «a recuperare le capacità precipue del suo essere partito» e punzecchia D'Alema anche sul referendum: «La nuova stagione delle riforme - sottolinea - non può ridursi alla via referendaria perché così potrebbe vincere il tentativo di tornare alla politica manovrata». Poi è la volta di Visco. Soave, il ministro delle Finanze, dice: «Parliamo di elezioni in Germania: significherà pure qualcosa che i socialdemocratici per vincere hanno messo in campo Schroeder e non il capo del loro partito». Come a dire: D'Alema rassegnati, c'è un motivo per cui Prodi sta lì dove sta. Poi un altro affondo: «Moltj ministri - osserva Visco - sono stati trattati non come esponenti del nostro governo, ma tutt'al più di un governo amico». I motivi di dissenso con il segretario sono molteplici. Gli ulivisti 10 contestano per l'appoggio all'iniziativa Passigli. Augusto Barbera e D'Alema battibeccano in piena direzione, Occhetto, assente, invia una lettera di fuoco, Petruccioli afferma: «La proposta del segretario di rimettere il referendum all'Ulivo è sterile». La sinistra, preoccupata che il leader voglia la crisi, non è da meno. Dice Fulvia Bandoli: «D'Alema ha poche idee, e confuse». Incalza Gloria Buffo: «Elude i problemi e le risposte». Il clima è tale che alla fine la presidente della direzione, Pasqualina Napolitano, incorre in un lapsus più che freudiano. Invece di chiedere a D'Alema se intende intervenire ancora, osserva: «Se il segretario vuole reagire». Sì, 11 verbo scelto per sbaglio, in questo caso, dopo tutti questi attacchi, è quello giusto. Maria Teresa Meli IL DUELLO SULLA LEGGE ELETTORALE ABOLIZIONE TOTALE DELLA QUOTA PROPORZIONALE MARIO SEGNI ANTONIO DI METRO Ossia di quel 25 per cento di deputati (155 su 630) non eletti nei collegi uninominali. In questo modo sulla scheda non ci sarebbero più le liste per partito, ma solo i nomi dei candidati sostenuti dalle coalizioni (uno per collegio). Se alle politiche del '96 sì fosse votato con questo sistema, sia Poto che Ulivo avrebbero ottenuto più seggi (il Polo 16, l'Ulivo 17), mentre Rifondazione si sarebbe dimezzata e la Lega avrebbe perso il 30 per cento. ABOLIZIONE DELLO SCORPORO STEFANO PASSIGLI Lo scorporo è un meccanismo che accresce le possibilità di conquista dei seggi proporzionali per le liste che hanno vinto poco nei collegi uninominali. A ogni lista ammessa al proporzionale sì sottrae una parte dei voti ottenuti nell'uninominale. in questo modo sulla scheda continuerebbero ad esserci sia il candidato uninominale per collegio sia le liste dei partiti politici. Se alle politiche del '96 si fosse votato, cosi, l'Ulivo avrebbe avuto 15 seggi in più, il Polo 6 in meno. Avrebbero perso o seggi Rifondazione e 3 seggi la Lega.
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