La «griffe» italiana nel ciclone di Valeria Sacchi

La «griffe» italiana nel ciclone Il saudita vuole il 48% in mano a Mattioli, socio storico dello stilista La «griffe» italiana nel ciclone //principe Al Waleedpunta deciso su Ferré MILANO. Dopo l'accordo HdpValentino e il recente attacco di Prada alla fortezza Gucci, ecco un'altra grande griffe italiana, la «Gianfranco Ferré», entrare nell'occhio del ciclone. Presa di mira, questa volta, da un principe arabo famoso, Al Waleed Bùi Talal, lo stesso che tre anni or sono entrò in società con Silvio Berlusconi comperando una piccola quota di Mediaset, e che in epoca più recente ha pagato 35 miliardi per il 7% della stilista americana Donna Karan. Al Waleed sta trattando la quota di minoranza della Ferré che Franco Mattioli, socio storico dello stilista di Legnano, si è deciso a mettere in vendita. Avendo, come lui stesso confessa, «compiuto settantanni» ed essendo «senza eredi». Che da tempo Mattioli volesse lasciare e fosse in rotta di collisione con l'amico Ferré tutti lo sapevano nel mondo della moda. Ma la notizia, uscita su «Il Sole 24 Ore», cade come un fulmine sulla sede di via Sant'Andrea dove, immediatamente, si mobilita lo stato maggiore. Ore e ore di riunione, poi arriva una dichiarazione dello stesso Ferré che, preso atto della decisione di Mattioli di «vendere la sua quota, tant'è che anch'io mi sono dato da fare per reperire soggetti interessati all'acquisto», dice di «seguire la vicenda con attenzione». «La sola considerazione che mi sento di fare ora è che, per Mattioli, la vendita può essere considerata come un punto di arrivo di una partnership durata vent'anni» aggiunge Ferré ricordando come, da mesi e con l'ausilio di consulenti internazionali (Morgan Stanlay, n.d.r.) sia coinvolto in prima persona «per raccogliere le sfide di un mercato globale in fase di rapida e costante evoluzione». Nel frattempo, ecco spuntare un'intervista che si potrà leggere oggi su «Il Mondo» nella quale Mattioli non solo conferma la trattativa con il principe saudita ma dichiara: «C'è il 70% di possibilità di vendere a Al Waleed entro dieci giorni». Oggetto del negoziato è il 49% del 98% del capitale con il quale Gianfranco Ferré e lo stesso Mattioli controllano la casa di moda (un altro 2% è piazzato in una fiduciaria, la Fidirev, che fa sempre capo a Ferré e Mattioli), valore dell'operazione: 250 miliardi. Non una bazzecola, soprattutto se si considera che si tratta di una partecipazione di minoranza, sebbene qualificata, per un gruppo con un fatturato consolidato diretto intorno ai 100 miliardi e un fatturato dei licenziatari (tra cui il gruppo Marzotto) che sfiora i 300 miliardi. Ma è proprio così, o la trattativa con Al Waleed è solo un mezzo per spingere il riluttante Ferré a quotare la società o, in alternativa, ad accettare soci industriali? Il dubbio sorge scorrendo le altre dichiarazioni di Mattioli. Il quale, dopo aver sostenuto che oggi le griffe hanno bisogno di investimenti «onerosi», investimenti che farebbero scendere quest'anno gli utili di Ferré allontanando il «progetto Borsa», afferma: «Perciò mi sono deciso a guardarmi intorno, e sono nati i problemi. Il mio socio vorrebbe che le cose restassero sempre come sono, ma non è possibile. Io ho cercato fin dall'inizio un partner di tipo industriale, ma lui non ne vuol sentir neanche parlare. Ferré oggi accetta solo un partner finanziario. Il partner ideale sarebbe Ittierre, un gruppo giovane e già quotato. Ma Ferré ha detto di no». Chiamato in causa da Mattioli come «socio ideale», il padrone di Ittierre, Tonino Perna, subito si dice «gratificato dell'apprezzamento» e non esclude di poter pensare ad un ingresso nella griffe milanese, anche se puntualizza: «Finora non c'è stato nessun contatto. Ma se ci chiamano saremo ben felici di aderire ad una richiesta». La Ittierre, leader del prèt-à-porter giovane griffato, un fatturato che sfiora i 600 miliardi, nessun debito, già lavora per alcune linee di Ferré con forniture di 100 miliardi l'anno. Tuttavia, per quanto capace sia il padrone di Ittierre, difficilmente potrà gareggiare con Al Waleed, se il principe saudita, amante dei business del «lusso» (è padrone della catena alberghiera Four Seasons, del George V di Parigi e del Plaza di New York), deciderà che Ferré fa al caso suo. E non c'è dubbio che, anche per Ferré, il «liquido» e internazionale Al Waleed possa calzare a pennello. Valeria Sacchi il principe saudita Al Waleed e (a fianco) Gianfranco Ferré il principe saudita Al Waleed e (a fianco) Gianfranco Ferré

Luoghi citati: Legnano, Milano, New York, Parigi