L'Asia brinda Milano va giù

L'Asia brinda Milano va giù Fed e Tokyo sorreggono lo yen L'Asia brinda Milano va giù MILANO. Tiene lo yen a quota 137 sul dollaro ma, a festeggiare, il giorno dopo l'accordo ClintonHashimoto sono solo le Borse d'Asia. Il Nikkei a Tokyo sale del 4,39%, Hong Kong vola in rialzo del 6,39%, Singapore del 2,32%, Manila del 6,55% e Bangkok addirittura dell'8,14%. L'effetto telefonata e l'intervento congiunto della Fed e della Banca del Giappone non hanno però convinto più di tanto il resto dei mercati: partiti così così, prudentissimi, i mercati europei hanno via via confermato i timori che alle parole (di Hashimoto) non seguano i fatti. E cioè che non siano messe in campo le riforme spesso e volentieri promesse dai governi del Sol Levante ma mai seriamente varate: quella del sistema bancario, un'apertura vera del mercato interno alla concorrenza e un'effettiva liberalizzazione. Prima di tirare un profondo respiro di sollievo, hanno sintetizzato con efficacia gli analisti, occorre che il Giappone metta ordine nel sistema bancario e si sbrighi a varare misure incisive. Così, mentre le Borse d'Asia hanno brindato (per ora) allo scampato pericolo di uno yen che si trascinava nella sua debolezza tutte le altre monete dell'area, le Borse europee hanno preferito monetizzare i guadagni di due giorni fa. In più, a Londra, le preoccupazioni per yen e Giappone hanno fatto il paio con i timori che la non presenza della Gran Bretagna nella prima fase dell'Euro possa penalizzare la leadership della City come principale piazza europea. Così, mentre il definitivo la al ribasso generalizzato è venuto dalla partenza così così di Wall Street rimasta sempre sotto la chiusura di mercoledì, al calo (-0,35%) dell'indice Ft londinese si sono più o meno allineati gli indici di tutte le altre piazze: -0,99 lo Swiss di Zurigo, meno 0,99 il Cac di Pari- Alan Greenspan gi, -0,91 il Dax di Francoforte. Segno meno imperante ovunque, Italia compresa, con l'ultimo Mibtel che in Piazza Affari ha segnato meno 1,55%. La mancanza di fiducia su un definitivo rasserenamento dei mercati spiega la cautela in Piazza Affari. In più, si aggiunge, c'è l'imminenza di scadenze tecniche (di oggi, ndr) che ha tenuto un po' tutti alla finestra: così, dopo il rialzo del 2,61% di mercoledì, meglio passare alla cassa, monetizzare rapidamente e aspettare l'evolversi della situazione. E pensare che, all'inizio di giornata, in Piazza Affari le cose sembravano destinate ad andare in senso tutto opposto, toccando addirittura un rialzo dell'1,17%, quasi la Borsa volesse ripetere il balzo del giorno prima. Poi hanno cominciato a prevalere le vendite e la seduta ha nettamente cambiato di segno, in calo (da 3200 a 2800 miliardi) il controvalore degli scambi, quasi a marcare la frenata imposta dall'andamento tutt'allro che positivo delle altre Borse euro- pee e, più tardi, nel pomeriggio, di Wall Street. A fare le spese di questa improvvisa voglia di vendere sono stati, ovviamente, i titoli più comprati nei giorni scorsi, i bancari tanto per cominciare. E infatti le «magnifiche tre», protagoniste indiscusse (nei rumors), sono state le prime ad accusare lo stop con Mediobanca in ribasso dell' 1,44%, Comit dell' 1,08% e Banca di Roma dello 0,96%. Per non parlare del -3% del Rolo e del -2,81% di Intesa. Giù tutte le blue chips - Fiat (-2,44), Eni (meno 2,66%), Telecom (-1,26%), Generali (-0,62%) - e occhi puntati sulla moda per le possibili novità nel settore dopo la scalata di Prada a Gucci e l'annuncio di una possibile cessione del 49% di Ferrè detenuto dal socio Mattioli, [a. z.] Alan Greenspan

Persone citate: Alan Greenspan, Ferrè, Gucci, Hashimoto, Intesa, Mattioli