«Lo Sfato tradisce i testimoni»
«Lo Sfato tradisce i testimoni» «Dopo aver deposto nei processi vengono abbandonati» «Lo Sfato tradisce i testimoni» L'accusa della commissione Antimafia IL CASO UN DOCUMENTO CONTRO IL GOVERNO ROMA ICORDATE l'odissea di Piero Nava, il testimone dell'omicidio Livatino che ebbe la vita sconvolta per aver fatto il proprio dovere di cittadino? Perse casa e lavoro, e per anni dovette tirare avanti come un clandestino braccato; dalla sua storia sono scaturiti un libro, un film e infiniti dibattiti, ma otto anni dopo la situazione non è cambiata di molto per i «testimoni di giustizia». Così ritiene il comitato ristretto della commissione antimafia che s'è occupato del problema, e che ieri ha approvato una relazione ancora riservata che la prossima settimana sarà discussa e votata dall'intero organismo parlamentare. In una ventina di pagine, il comitato ha condensato il proprio atto d'accusa contro la politica governativa verso queste persone (sono 59, secondo gli ultimi dati disponibili), costrette a misurarsi con un sistema di protezione e assistenza che il documento definisce del tutto inadeguato. Accusa che il sottosegretario all'Interno Giannicola Sinisi, il quale ha la delega sull'argomento, respinge al mittente. Dopo le polemiche e le divisioni nel governo e tra le forze politiche sulla legge Simeone e sulla riforma dei Servizi segreti, dunque, rischia di esplodere un'altra grana in materia di giustizia. E un nuovo problema potrebbe nascere tra il governo e le forze di maggioranza. La relazione del comitato presieduto dal deputato di An Alfredo Mantovano, infatti, non risparmia critiche al governo e a Sinisi, che dall'Antimafia è stato ascoltato a lungo. Del comitato fanno parte anche esponenti della maggioranza, e al Viminale - saputo di ciò che era in preparazione - non hanno certo gradito ciò che sta per venir fuori dall'Antimafia. Anche se alcune indicazioni del comitato sono state anticipate, del tutto autonomamente, dallo stesso Sinisi, la relazione punta il dito sul presunto abbandono dei testimoni al proprio destino quando le loro deposizioni non sono più utili processualmente, sulla scarsa attenzione che a loro avrebbe dedicato l'esecutivo, sull'eccessiva dose di burocrazia con cui si affrontano problemi che sono anche di natura umana e psicologica, sugli scarsi mezzi messi a disposizione di questi cittadini, su «negligenze e disfunzioni» del Servizio centrale di protezione. In sostanza si dice che i testimoni sono costretti a subire i disagi e le inefficienze che lamentano anche i pentiti, con una distinzione fondamentale: loro, a differenza dei collaboratori di giustizia, non hanno commesso alcun crimine, e non hanno nulla da farsi perdonare dallo Stato. Per contro lo Stato non li assiste come dovrebbe, il che rappresenta un'ingiustizia e un obiettivo scoraggiamento alla collaborazione dei cittadini testimoni di delitti o altri fenomeni eliminali. Il comitato - che ufficialmente si occupa di riciclaggio, racket e usura - ha lavorato da dicembre a oggi, ascoltando anche alcuni testimoni le cui storie, considerate emblematiche, sono riassunte nel documento finale. Viene riportata la vicenda di Mario Nero, testimone di un omicidio avvenuto nel '92 a Foggia, al quale è stata revocata la protezione. Del suo caso è stato investito addirittura il Tar, e quanto detto dal sottosegretario Sinisi per spiegare le decisioni del Viminale viene considerato dai membri dell'Antimafia insufficiente e non condivisibile; c'è scarsa comprensione del fenomeno - accusa la relazione -, e vengono censurati episodi come lo sfratto imposto a un altro testimone uscito dal programma, o la revoca del cambio delle generante. L'uomo che a Gela ha contribuito a smascherare una banda di estorsori ha narrato situazioni considerate degradanti, come quando un addetto della sua scor¬ ta, in occasione di una visita ad Agrigento, lo chiuse a chiave nella stanza di una caserma dall'esterno nel timore che fuggisse. Ed è intollerabile, a giudizio dei parlamentari, che l'alloggio fornito a un altro testimone anti-usura avesse addirittura la muffa alle pareti e i vermi nei materassi dei letti. H comitato propone che nella legge che regola la materia venga separato il destino dei testimoni di giustizia da quello dei pentiti, e che all'interno del Servizio di protezione venga istituita una sezione speciale solo per i testimoni. Su questi punti il governo, con Sinisi, s'è già detto d'accordo, ma le raccomandazioni dell'Antimafia vanno oltre. Anche le vittime del racket e dell'usura devono poter deporre ai processi in video-conferenza, e tutto ciò che viene loro fornito dev'essere considerato un «risarcimento», non un «premio». Replica Sinisi: «Parlare dei singoli casi significa raccogliere verità faziose e interessate. La macchiolina nera sul foglio bianco ci sarà sempre, ma non può cancellare i miglioramenti conseguiti in un sistema che si occupa complessivamente, tra collaboratori, testimoni e loro familiari, di migliaia di persone. Per i testimoni c'è già una sezione ad hoc del Servizio di protezione, e io potrei citare decine di casi che hanno funzionato bene; ma questo, evidentemente, al comitato dell'Antimafia non interessa nulla». Giovanni Bianconi «Non sono assistiti e vengono trattati come i pentiti anche se loro non hanno commesso reati» Il sottosegretario Sinisi: verità faziose A sinistra, il deputato di An, Alfredo Mantovano. Sotto, il sottosegretario all'Interno, Giannicola Sinisi A sinistra, una deposizione di un «testimone di giustizia» durante un processo
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