Non tornano i conti di Blair di Fabio Galvano

Non tornano i conti di Blair Inflazione oltre il quattro per cento, disoccupazione e prezzi in crescita, mercato immobiliare piatto Non tornano i conti di Blair Londra alle prese con il rischio recessione LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Era la parola che finora nessuno osava pronunciare, come se il silenzio valesse a esorcizzarne il pericolo. Ma da ieri, all'indomani del vertice di Cardiff con cui la Gran Bretagna ha chiuso il semestre della sua presidenza comunitaria, compare nei primi vistosi titoli dei giornali inglesi. La parola è «recessione»; e, seppur seguita da doverosi punti interrogativi, essa fa nuovamente capolino in un Paese duramente punito dalla sua ultima comparsa. «Inflazione su, disoccupazione in crescita, mercato immobiliare piatto. La recessione è in arrivo?», si domanda allarmato l'«Independent». Quasi una risposta il titolo del «Daily Telegraph»: «Le cifre che mostrano la fine della festa». Sono i fatti a suonare a morto per il «miracolo» inglese, avviato cinque anni fa dal governo conservatore di John Major ed ereditato un anno fa da Tony Blair. E' inevitabile che qualcuno oggi si domandi se la battuta d'arresto sia colpa dei laboristi, se Blair non più con l'aureola dell'invincibilità, le ossa un po' ammaccate dalla presidenza dell'Unione europea - non abbia commesso l'imperdonabile errore d'aver lasciato imbolsire quel cavallo di razza. E i fatti dicono che nel giro di pochissimi giorni il «sereno stabile» è stato compromesso, in un circolo vizioso difficile da rompere. Ecco, martedì, i dati sull'inflazione: +4,2%. Oppure +3,2%, se si esclude l'effetto dei mutui casa: comunque ben sopra il 2,5% fissato come obiettivo e rispettato una sola volta da quando il Labour è al potere. Mercoledì altri dati preoccupanti: per la prima volta dal marzo 1996 - seppure marginalmente, 1700 unità - la disoccupazione è aumentata. Peggio, nel periodo fra febbraio e aprile sono aumentati i salari: del 5,2%, un livello del tutto inaccettabile, perché tirerà la volata a un'ulteriore inflazione. Ieri i dati sui prezzi al consumo: più 4,6%. Per frenare l'inflazione e «raffreddare» l'economia si possono seguire due vie: accrescere il prelievo fiscale {da suicidio politico) o aumentare il costo del denaro; e già si dice che alla prossima riunione di luglio il comitato della Banca d'Inghilterra preposto al controllo dell'inflazione aumen- terà i tassi dello 0,25%. Non sarebbe molto se non fosse il settimo aumento, da quando il governo laborista si è disfatto di quella patata bollente l'indomani delle elezioni scaraventandola nel cortile dei banchieri. I tassi sono già del 7,5%, più del doppio che in Francia o in Germania: necessari per frenare un pericoloso boom, scatenano un effetto perverso. Essi rappresentano infatti un forte richiamo per i capitali, quindi la sterlina vola. Non è più sopra le 3 mila lire, come un paio di mesi fa, ma poco ci manca (ieri si aggirava sulle 2950). E' sopravvalutata, dicono gli esperti, del 15%. Ma con quei tassi non può calare; e sta penalizzando l'export. L'industria ne risente; ed è già in recessione (produzione in calo nell'ultimo trimestre 1997 e nel primo del 1998). Se l'intera economia nazionale è ancora in espansione (ma nel primo trimestre soltanto dello 0,5%, la metà dei ritmi precedenti) è unicamente per la continua crescita del terziario; una crescita che a sua volta alimenta l'inflazione. I tassi alti e la sterlina sopravvalutata reggono anche come alternativa d'investimento a una zona-Euro di tassi decisamente più modesti. E l'Inghilterra, che vorrebbe vedere la sua moneta meno forte per essere commercialmente più competitiva, rischia ora di subire anche l'effetto delle crisi asiatiche, con l'arrivo di capitali in cerca di rifugio su questa sponda della Manica. Con i tassi alti rincarano i mutui casa. Di conseguenza si sta arenando il mercato immobiliare, che negli ultimi due anni aveva recuperato il terreno perso con l'ultima recessione, fra il 1989 e il 1992. Quando in Inghilterra si ferma la casa - lo sanno tutti - si spegne ogni fiducia. Si entra, appunto, in «clima recessione»: una questione psicologica, oltre che di dati economici. Ci sarebbe bisogno di uno scossone nella direzione giusta. Ma difficilmente questo potrà venire dal governo, che proprio ieri ha annunciato ai Comuni un progetto di salario minimo con valori inferiori rispetto alle raccomandazioni ricevute da un'apposita commissione. Anche Blair sa che i tempi non saranno facili, che la crescita zero è nuovamente in agguato: ospite indesiderata, come fu per i conservatori. Fabio Galvano Per i laboristi due strade entrambe pericolose: più prelievo fiscale o rassegnarsi all'ottavo ritocco del costo del denaro da quando sono al potere La City e la Borsa di Londra: il miracolo britannico sembra finito

Persone citate: Blair Londra, John Major, Tony Blair

Luoghi citati: Cardiff, Francia, Germania, Gran Bretagna, Inghilterra, Londra