Nato, no del Prc: «Ma il governo non cade»
Nato, no del Prc: «Ma il governo non cade» Il premier e D'Alema da Scalfaro. L'ex Capo dello Stato: la politica estera è un problema del Parlamento Nato, no del Prc: «Ma il governo non cade» // Polo a Prodi: dimettiti. Cossiga sdrammatizza ROMA. Scalfaro ha ricevuto al Quirinale prima Massimo D'Alema e poi il presidente del Consiglio, Romano Prodi, per cercare insieme il bandolo della vicenda del disegno di legge per l'ampliamento della Nato, che sta prendendo una piega tragicomica. Tutti i governi dell'alleanza atlantica stanno, increduli, col fiato sospeso, in attesa del «verdetto» che emetterà la prossima settimana la Camera dei deputati. E il perché è chiaro: se il provvedimento presentato dal governo venisse bocciato, la Nato non potrebbe accettare la richiesta di ingresso dei tre Paesi dell'Est, dato che basta il «no» di un membro per bloccare tutto. Del fatto, poi, che il governo italiano possa farci una pessima figura interessa meno ai nostri alleati. Il problema è tutto interno e per nulla risolto. A cinque giorni dal fatidico voto pare cer- to che la brutta figura sarà inevitabile, anche se il prowedimento passasse. Perché questo avverrebbe solo grazie ai voti dei cossighiani. Francesco Cossiga, ovviamente, si diverte e già fa pagare a Prodi il suo soccorso annunciato con pesanti ironie. Premette che il governo non cadrebbe, perché per la crisi occorre un esplicito voto di sfiducia, ma invita Prodi ad abolire il ministero degli Esteri e a lasciare che di questo si occupi un commissario generale alle relazioni estere nominato dal Parlamento e responsabile verso questo. Questa è l'aria che tira e i maggiori partiti di governo hanno capito che, questa volta, non si può continuare con la tattica di Prodi di far finta di niente. Nei colloqui al Quirinale proprio di questo si sarebbe parlato, concordando una procedura che prenda atto della anomalia politica di un governo senza maggioranza sulla politica estera. Così, martedì, dopo lo sperato voto favorevole grazie ai cossighiani (che compenserebbero la defezione di Rifondazione comunista) il presidente del Consiglio salirebbe al Quirinale per riferire a Scalfaro sulla situazione nuova che si verrebbe a creare. Scalfaro prenderebbe atto della novità rilevante, ma inviterebbe Prodi a rimettersi al lavoro, visto che non c'è stato un negativo voto di fiducia. Come ha già spiegato Francesco Cossiga. La presa d'atto della spaccatura della maggioranza è quel che chiede il Polo come minimo. For¬ za Italia va oltre e chiede che Prodi si dimetta. Ma su questa strada i suoi alleati non sembrano seguirla con entusiasmo. I partiti del Polo, che sanno di essere obbligati a votare a favore, non hanno ancora trovato lo strumento per dare al loro «sì» al provvedimento il significato di un no al governo. Una delle pen- sate sarebbe quella di abbandonare l'aula, in modo da far risaltare meglio che Rifondazione vota no contro tutti gli altri partiti della maggioranza. L'altra sarebbe una risoluzione per impegnare il governo a fare utilizzare le basi aeree italiane alla Nato. Questa della basi è la seconda grana, già innescata da Rifondazione comunista che ieri ha annunciato (Ramon Mantovani, responsabile esteri del partito) che «se dalle basi italiane si levasse un solo aereo per una missione Nato in Kosovo o da qualche altra parte, noi usciremmo dal governo». No anche ad un documento comune della maggioranza sulla politica estera. Sono prese di posizione che cominciano a far temere agli alleati che Bertinotti si sia messo in testa di provocare la crisi di governo. La decisione di Rifon¬ dazione, dice infatti il vicepresidente del Consiglio, Walter Veltroni, va considerata «come un gesto politico che ha l'obiettivo di mettere in discussione il governo. Non so con quale prospettiva perché non vedo una maggioranza sostitutiva». Ovvero, se c'è crisi, si va a votare, caro Bertinotti. E di nuovo da popolari, diessini, Dini e governo parte un appello a Bertinotti perché ci ripensi. Se il Polo facesse qualche «scherzo», aggiunto al no di Rifondazione, Prodi valuterebbe la situazione «sulla base di un voto politico», aggiunge Veltroni. Bertinotti risponde a tutti che non si sente per nulla in imbarazzo e che la crisi non ci sarà. E intanto fa intravedere la possibilità che, alla fine, Prodi si senta costretto a chiedere il voto di fiducia. Alberto Rapisarda Quando la sinistra democristiana dei «professorini» dichiarava guerra alla filosofìa Nato Due «padri» della Nato: il conte Carlo Sforza (qui accanto) e l'ex presidente della Repubblica Giuseppe Saragat (foto sotto) Foto grande da sinistra Gianfranco Fini Franco Marini e Massimo D'Alema In alto a destra Romano Prodi Nella foto j qui accanto: Alcide' De Gasperi rofi ì Convìnto, sostenitore dell'Alleanza Atlantica
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