Sinistra, l'ora dei cattivi

Sinistra, l'ora dei cattivi dietro le quinte. Viaggio tra chi si oppone al buonismo dilagante Sinistra, l'ora dei cattivi / veleni di Fofi e di «Boxer» A D Hammamet, cor¬ dialmente assieme al vituperatissimo Cinghialone. Quale cattiva compagnia più cattiva di questa? Cosa di più sconveniente che il pellegrinaggio nel rifugio di Bettino Craxi? Il «cattivista», il nemico che da sinistra prende di petto il buonismo politicamente corretto ha trovato la formula magica per scandalizzare le vestali del perbenismo ulivista: la frequentazione ostentata degli appestati della Prima Repubblica. Ostentata come la visita pubblica che gli eredi della satira «cattiva» riuniti nel settimanale Boxer hanno reso a Craxi qualche giorno fu. Con il vignettista Vauio che rende omaggio al Grande Nemico oggi riparato all'estero. Con David Riondino che, dopo aver fatto coppia fissa in tv con un altro decaduto della Prima Repubblica come Enzo Carra, non nasconde l'«emozione» suscitata dall'incontro con Craxi. Con gli ex «ospiti» del Manifesto che hanno tutt'altro che apprezzato la beffa trasgressiva degli squinternati visitatori di Hammamet. E che finalmente possono tirare un sospiro di sollievo dopo essersi liberati di quel manipolo di «cattivisti» incalliti, di anarcosinistri riluttanti a ogni disciplina, di estrosi cani sciolti che sulle colonne di Boxer raccolgono e danno espressione a un tipo umano che viene vissuto con fastidio dall'establishment dell'Ulivo: il compagno politicamente scorretto che in pubblico e in privato parla del primo governo di sinistra in Italia come dell'anticamera di un «regime». Così scorretto da mettere in imbarazzo lo stesso Manifesto, pur, in passato, tempio dell'anticonformismo. Quando Boxer se ne uscì con la notizia (falsa, ma commentata come se fosse una buona notizia) dell'imminente chiusura dell'Unità, non ci fu invocazione per la libertà di satira a trattenere un Valentino Parlato rammaricato per non aver saputo imporre la censura su quell'irriverente e irrituale attacco all'«unità della sinistra». Imbarazzo, imbarazzo e solo imbarazzo. Imbarazzo quando Boxer allegato al Manifesto pubblicava le foto dei lavori dì ampliamento della terrazza romana di Lucia Annunziata. Imbarazzo quando Boxer dedicava ferocie satiriche a Barbara Palombelli, giornalista e consorte del sindaco più bersagliato da quel settimanale di vignettisti di sinistra (quel Rutelli che oggi Angese, altro «cattivista» di sinistra, scortica in un'intervista al Giornale chiamandolo «righettino dei radicali»). Imbarazzo perché Vauro e compagni apparivano del tutto insensibili al presupposto che mai e poi mai si deve offrire il fianco alla «destra» andando addosso alle icone della sinistra. E i protagonisti di Boxer, eredi del cattivismo impenitente del Male, non sanno spiegarsi se non con questo infinito imbarazzo il fatto che nessun giornale, assolutamente nessun giornale ha sentito il bisogno di mandare un suo cronista alla conferenza stampa con cui i «cattivisti» di Boxer annuncia¬ vano la separazione dalla casa madre del Manifesto. «E pensare», si mormora tra i politicamente scorretti di Boxer, «che ai tempi di Cuore ogni sospiro di Serra e di Staino finiva subito sui giornali in grande evidenza». Recriminazioni e risentimenti. Ma l'avversione per una sinistra di apparato e di establishment è il principale carburante di un «cattivismo» di sinistra che ha rotto con ogni residuo di solidarietà politica e generazionale. E' stato proprio Michele Serra una delle vittime degli strali di Goffredo Fofi - il papà di tutti i cattivisti della sinistra politicamente scorretta - che su Panorama ha stroncato il ro¬ manzo feltrinelliano dell'ex direttore di Cuore. E' stato Goffredo Fofi, l'anno scorso, a proporre la stroncatura pregiudiziale (pregiudiziale nel senso di precedente alla visione del. film) della Tregua di Francesco Rosi. E' stato Fofi a rompere l'unanimità laudatoria nei confronti della Vita è bella di Roberto Benigni. Per queste e altre scelleratezze invise all'establishment di sinistra, del resto, Fofi è stato gratificato di un brillante «semaforo rosso» dell'Espresso in cui peraltro si avanzava la truce e sgarbatissima ipotesi che la pervicacia con cui Fofi si ostina a punzecchiare «il cinema dell'Ulivo» dalle colonne di un «settimanale berlusconiano» fosse da attribuire nientemeno che all'incedere inesorabile della «senescenza». E non passa mese senza che il critico Tullio Kezich (che ultimamente ha manifestato, in perfetta sintonia con il giovane critico dell'Unità Michele Anselmi, la sua nostalgia per gli epici scontri con un critico apertamente di destra come Gian Luigi Rondi) non bacchetti Fofi accusandolo di lavorare come quinta colonna dello straniero a sfavore del cinema italiano. Ad Alfonso Berardinelli, che con Fofi ha condiviso un pezzo di strada nei Quaderni Piacentini (altra fabbrica di «cattivisti» impenitenti), è andata certamente meglio. Anche lui aveva espresso il dubbio, sul Corriere della Sera, che il coro di «dichiarazioni enfatiche di consenso e di entusiasmo» attorno al film di Benigni avesse finito per somigliare a un «articolo di fede su cui si misura il grado di appartenenza di ognuno di noi al sacrosanto comune sentire della patria italiana». Lui non ha ricevuto semafori rossi e accusa di antipatriottismo. In compenso si è recentemente trovato suo malgrado al centro di un significativo lapsus quando Paolo Flores d'Arcais, volendo attaccare su Repubblica lo storico Giovanni Belardelli se l'è presa con un non meglio definito «Berardinelli».' Flores d'Arcais si è poi scusato per lo scambio di persone ma c'è chi ricorda come Flores d'Arcais, l'anno scorso a Torino, se la prese molto a male perché Berardinelli, ex collaboratore di MicroMega, aveva partecipato a una manifestazione del mensile Liberal. La stessa testata, ma stavolta settimanale, in cui il critico Giulio Ferroni, altro «cattivista» doc della sinistra, si è prodotto in una micidiale stroncatura dell'ultimo romanzo di Eugenio Scalfari. «Contraddizioni in seno al popolo», le avrebbe definite il presidente Mao. Che però lasciano una scia di rancori come se mia solidarietà politica oramai infranta avesse insinuato tra gli amici e i sodali di un tempo veleni non più cancellabili. Tanto da suggerire, come è capitato ai su per cattivi di Boxer, di scoprire nuovi amici nei più irriducibili nemici di un tempo. Ad Hamma met. Pierluigi Battista Le beffe di Vauro hanno messo in imbarazzo anche il Manifesto, tempio in passato dell'anticonformismo Cèchi va in visita ad Hammamet e chi stronca i romanzi di Serra oifilm di Benigni si oppone al cattivi oxer» buonismo GoffredSotto, ddi «Boxee Alfonsèchi va in visita Hammamet e chi onca i romanzi di rra oifilm Benigni Goffredo Fofi, papà dei cattivisti. Sotto, da sinistra, una copertina di «Boxer», il vignettista Vauro e Alfonso Berardinelli

Luoghi citati: Hammamet, Italia, Torino