Caso Safri, «quel processo va rifatto»

Caso Safri, «quel processo va rifatto» Soddisfatti i difensori e i legali degli imputati: «Ma questo è soltanto un primo passo». Anche la vedova Calabresi preferisce non pronunciarsi Caso Safri, «quel processo va rifatto» Il procuratore generale: i giudici milanesi hanno sbagliato SMILANO ESSANTOTTO pagine e un concetto ripetuto mille volte: il processo contro Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani deve essere rifatto. Lo chiede il sostituto procuratore generale presso la Cassazione Giuseppe Veneziano, che non tralascia pesanti critiche ai giudici della corte d'Appello di Milano, che dissero no all'ultimo ricorso presentato dagli imputati. «Non dico niente, adesso aspettiamo la Cassazione», spera - e tanto - Luca Sofri, uno dei figli dell'ex dirigente nazionale di Lotta Continua in carcere per quella condanna a 22 anni per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi. «Non dico niente, aspettiamo serenamente la Cassazione», gli fa eco Gemma Capra, la vedova del commissario Calabresi che da quel 17 maggio del 1972 aspetta verità e giustizia. Due cose che, secondo il magistrato della Cassazione, ancora mancano dopo ventisei anni, dieci dall'arresto di Sofri e compagni accompagnato da una quantità di processi con esiti altalenanti. Fino al no, alla decisione di non concedere la revisione del processo come avevano chiesto gli imputati, formulata dalla corte d'appello di Milano a marzo di quest'anno. Una decisione che in punta di diritto, il sostituto procuratore in Cassazione contesta passaggio per passaggio. Definendola, di volta in volta: «Un mare di nebulose ipotesi», «Argomentazioni incongrue», «Tesi palesemente erronee», «Ipotesi gratuite sganciate da qualunque dato processuale». Fino a quel concetto, che per il sostituto pg Giuseppe Veneziano rende necessario rifare da capo il processo per romicidio del commissario Calabresi. Dei suoi colleghi di Milano, scrive il magistrato: «Si espongono a molteplici criteri di illogicità, a censure di violazione dei limiti del giudizio di ammissibilità, hanno anticipato un giudizio di merito». Parole pesantissime, su cui hanno gioito Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, da 510 giorni rinchiusi nel carcere Don Bosco di Pisa. «Qualsiasi cosa a favore, fa illuminare loro gli occhi», conferma Alessandro Gamberini, uno degli avvocati che assiste i tre ex dirigenti di Lotta Continua che dal giorno dell'arresto continuano a dirsi innocenti, a smentire le accuse di Leonardo Marino che ha ricostruito creduto fino a oggi - le responsa- bilità dei suoi ex compagni di un tempo. «Adesso sono più sollevati», è il commento del legale, dopo l'incontro nel carcere di Pisa. «Finalmente una buona notizia», dicono gli amici degli imputati, anche loro davanti al carcere, dove in questi 17 mesi si sono ritrovati più volte. «Anche per Ovidio è la prima bella notizia da un bel pezzo di tempo», conferma Giuliana, la moglie di Bompressi che risiede a Massa insieme al marito, tornato a casa dopo la sospensione della pena per motivi di salute. A frenare gli entusiasmi, ma forse è solo scaramanzia, c'è Gianni Sofri, il fratello di Adria¬ no: «Sono molto contento, ma non dimentico che si tratta solo di un'azione di una partita, sia pure molto importante per il ruolo e l'autorevolezza del protagonista. Ho fiducia, ma mi resta l'urgenza di arrivare a una soluzione del problema». Tocca all'avvocato Gamberini, entrare nei dettagli tecnici della requisitoria davanti alla Cassazione. E illustrare, punto per punto, dove e come il magistrato di Cassazione ha smontato le convinzioni dei suoi colleghi di Milano, sulle testimonianze di quel giorno in via Cherubini e sui proiettili 38 special, sui capelli di chi era alla guida della Fiat 125. E su Leonardo Marino, spinto da «motivazioni etiche» secondo i giudici di Milano. Bacchettati però dal magistrato, per quei termini «generici ed astratti». «Il parere del procuratore generale ha un grande significato morale positivo», commenta soddisfatto l'avvocato Gamberini, mentre annuncia che farà arrivare alla Cassazione una nuova memoria difensiva. Cosa succederà ora, lo dice senza troppi giri di parole Luigi Vanni, uno degli altri difensori: «O la Cassazione dà ragione a noi e alla procura generale e si rifa il processo. Oppure conferma la decisione del 18 marzo scorso che ha negato la revisione. Ma la nuova situazione che si è creata ci fa ben sperare». Alla vicenda Sofri è dedicato anche un capitolo del «Rapporto '98» di Amnesty International dedicato alla violazione dei diritti umani. Il processo viene definito «probabilmente non equo, caratterizzato da molti aspetti che sollevano diversi dubbi». Amnesty sottolinea in particolare «il peso che ha avuto sul verdetto finale la testimonianza priva di riscontri e lacunosa di un pentito che durante il dibattimento è più volte caduto in contraddizione. Si deve poi registrare il fatto che alcune prove chiave siano state distrutte o siano sparite e che questo sia avvenuto, in un caso, cinque mesi dopo l'apertura del procedimento penale». Fabio Potetti La sentenza definita «un mare di ipotesi nebulose e tesi palesemente erronee» Ora spetterà alla Cassazione pronunciarsi Il rapporto di Amnesty International sulle violazioni dei diritti umani «Un dibattimento che solleva parecchi dubbi» Casouso Pisa Il proc Adriano Sofri: è rinchiuso nel carcere di Pisa

Luoghi citati: Adria, Milano, Pisa