Nella notte la rivolta del panino

Nella notte la rivolta del panino Nella notte la rivolta del panino E un socio urlò: ci prendete per fame UNA MARATONA DI 19 ORE OTORINO RMAI è mattino. Ma nonostante la notte insonne e straripante di parole, qualcuno ha ancora voglia di scherzare. Alcuni piccoli azionisti tirano fuori le macchine fotografiche portate per il Grande Evento, la prima assemblea della Telecom privatizzata. E via con il flash: fotografano tre, quattro consiglieri di amministrazione che dormono alla grande. E' l'ultima beffa della lunga notte del Lingotto, la vecchia fabbrica della Fiat trasformata in centro congressi, teatro dell'assemblea dei record: cominciata alle 10,30 di martedì mattina, finisce alle 5,47 di mercoledì, quindi dopo 19 ore e 17 minuti di discorsi in libertà e strepitosi monologhi. In passato, una durata così lunga c'è stata solo ai tempi della Montedison di Eugenio Cefis. Ma erano altri tempi. Al Lingotto i piccoli azionisti bersagliano il consiglio di amministrazione, a cominciare ovviamente dal presidente Gian Mario Rossignolo, danno sfogo a tutto il campionario di amore-odio verso la loro società. Sono cinquantacinque i piccoli azionisti che, forti del fatto di aver comprato con una manciata di milioni piccole quote, intervengono uno dopo l'altro chiedendo chiarimenti su tutto e spaziando su qualsiasi argomento. Piazza, un dipendente azionista, fa l'elogio delle vecchie cabine telefoniche: «Le pagode si rompono con grande facilità». Luigi Costa vuole sapere quanto sia costato stampare il volume con il bilancio, però a modo suo si compiace: «Anche se la Telecom non riesce a fai quadrare i conti, i bilanci sono scritti grossi». La notte passa così, con gli interventi di chi sollecita l'apertura di una filiale Telecom a Massa Carrara o disegna fantastici scenari politici. Questi combattivi mini-soci sono la prima linea del «popolo di piccoli azionisti», come lo definisce il senatore Antonio Di Pietro intervenuto all'ora di pranzo proclamandosi loro difensore. All'assemblea sono presenti o rappresentati per delega 3533 azionisti: in apparenza tanti, in realtà solo lo 0,2% del milione e mezzo di risparmiatori che hanno comprato titoli con la privatizzazione di ottobre. «Ma siamo un milione e mezzo o due milioni? Ho il diritto di saperlo. Ditemelo» sbraita dal palco l'azionista De Russis. Rossignolo (che a lavori chiusi confesserà: «Sono stato cortese, era la mia prima assemblea») non ha posto limiti agli interventi. Del resto lui stesso passa alla storia con una relazione di apertura lunga 2 ore e 27 minuti e una replica da tre quarti d'ora, finita a mezzanotte e 25. Febee di essere ascoltato, è instancabile neh'ascoltare: Rossignolo, anni 68, non si muove mai dal suo posto, anche se gli tocca sentirne di tutti i colori. Come quando è il turno dell'azionista Francolino che con impeccabile accento calabrese intercala ripetutamente con un «Dottore Rossignolo» le sue richieste. E osserva: «Lei può essere il peggiore presidente. O può essere il migliore, che ci fa ricchi tutti, se solo si applica di più». Francolino però ha una lamentela: «Siamo qui, senza nemmeno un panino» sbotta. A questo punto l'appassionata platea ha un sussulto. «Ci volete prendere per fame» strilla un socio inviperito: scoppia così la rivolta del panino. I piccoli azionisti rumoreggiano, chiedono una sospensione dei lavori. «Non se ne parla nemmeno» avverte l'inflessibile Rossignolo. Qualcuno arriva a minacciare in nome di un sandwich prosciutto e formaggio la revoca di tutto il consiglio di amministrazione. E quasi alle 22,30 Rossignolo è costretto a cedere: concede, per consentire di andare a cercare qualcosa da sgranocchiare, solo pochi minuti di pausa. Avete voluto la guerra delle parole? E guerra sia! Dopo la breve sospensione, i nervi vengono messi a dura prova. A cominciare da quelli dell'azionista Bava: c'è chi si diverte a far squillare il suo telefonino durante l'intervento. Ma lui fa finta di niente e tira avanti per venticinque minuti: tanto la notte è lunga. L'avvocato Cardino invece non fa altro che prendere di mira il vicepresidente Pier Giusto Jaeger, di cui è stato allievo, ponendo questioni giuridiche. Nella replica Rossignolo tenta di dare soddisfazione agli intervenuti, invitando anche i direttori generali a fornire chiarimenti. Non gli è però piaciuto Di Pietro e non lo nasconde: «Ha svolto considerazioni generali che però non trovano rispondenza nelle vigenti norme di legge». Il presidente rinfaccia al senatore di avere fatto domande generiche sulle controllate estere e domande a effetto sulle consulenze esterne (arrivate l'anno scorso a 87 miliardi). A Rossignolo non va giù che Di Pietro abbia detto che la Telecom corra il rischio di finire come l'Enimont: «Ci permettiamo di rilevare come sia del tutto fuori luogo l'ambiguo riferimento alle sorti dell'Enimont». Ancora vispo alle 6 del mattino, chiusa l'assemblea, Rossignolo va incontro a qualche azionista. Ma il tempo stringe: ora deve riunirsi il consiglio di amministrazione per definire i poteri del presidente. Il personale delle pulizie entra in azione: nel pomeriggio al Lingotto Cesare Romiti incontra i quadri Fiat per l'addio da presidente. L'esercito sfiancato dei piccoli azionisti si disperde. Che notte quella appena conclusa... Roberto Ippolito Nessun limite di tempo agli interventi C'è anche chi chiede l'apertura di filiali Alle sei di mattina tutti a casa Al Lingotto arriva il servizio pulizie La carica sfrenata dei piccoli azionisti Ma qualcuno cede alla stanchezza e si addormenta Gian Mario Rossignolo non ha mai abbandonato l'assemblea Poi, alla fine ha confessato: «Sono stato cortese $£«rata mia prima volta» L'assemblea Telecom durata 19 ore è stata un tour de force per azionisti e consiglio

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