Giardini regali, scena del potere

Giardini regali, scena del potere Stampe, progetti, modelli: si apre a Udine una grande mostra sui gioielli verdi delle dinastie italiane Giardini regali, scena del potere Tra siepi e angoli fioriti, quattro secoli di bellezza CODROIPO (Udine) DAL NOSTRO INVIATO Scorrono quasi quattro secoli di bellezza verde, siepi scolpite, boschi incantati, scenari grandiosi e angoletti fioriti. Nella mostra Giardini regali, che s'inaugura dopodomani a Villa Manin di Passariano (fino all'8 novembre), c'è in vetrina l'arte della terra, l'Italia che inventa i giardini moderni e se ne veste da Nord a Sud, l'Italia delle grandi dimore e dinastie, quella dei Medici, dei Savoia, dei Borbone, dei Farnese, degli Asburgo, e pure del Papa, con il Belvedere e il Quirinale. Ci sono stampe, progetti, modelli, sculture per un totale di 250 opere, più una quarantina di quadri esposti nel grande salone della villa dove Napoleone firmò la pace di Campoformido: danno vita a un vero e proprio genere, quello del giardino dipinto. Una mostra gaia e severa insieme, promossa dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e dalla soprintendenza per i Beni ambientali. Vien fuori il circuito che collega le corti del nostro Paese con le corti d'Europa, e vengon fuori i differenti stili e le diverse parti che compongono un giardino. Fra questi elementi paesaggistici, apprezzatissima è l'isola. Sa di idillio, di solitudine graziosa. Ci si poteva ritirare in contemplazione, come faceva un tempo l'imperatore Adriano: nella sua villa di Tivoli - narra la Yourcenar - s'era costruito un isolotto di marmo al centro di un laghetto contornato di colonne, e lì dormiva, pensava, leggeva. Un'isola poteva anche diventare il palcoscenico ideale per una burla: al duca Guglielmo Gonzaga un architetto scrive d'aver progettato un ponticello e un'isoletta di legno, e quando gli invitati vi si saranno raccolti, prima scomparirà il ponticello e poi lentamente, «per maggior tormento di chi vi si trova», affonderà la stessa isoletta. Divertimenti di quelle feste. Ma il giardino non è solo opera estetica, compendio di natura e di idee filosofiche: è anche laboratorio botanico, luogo di sperimentazione scientifica e tecnologica. Basti pensare ai complicatissimi congegni d'idraulica per fontane, cascate, laghetti. E vi si acclimatano novità esotiche, vi si allevano specie animali. Soprattutto il giardino è esibizione di forza e prestigio, scenografia del potere. Gli spazi via via sempre più immensi diventano grandeur, sono ideologia espansa. Le allusioni prospettiche (a Versailles tutti gli assi del parco convergono nella stanza del re), i racconti allegorici nascosti nella scelta dei fiori e delle piante, i simboli sparsi dappertutto, la dicono lunga in questo senso. Le statue di Ercole evocano ad esempio potenza e astuzia, le due anime del principe di Machiavelli. Se poi Ercole s'innalza all'incrocio fra due vialetti, indica la scelta fra il vizio e la virtù; se invece affronta il gigante Anteo, va in scena la lotta fra la na¬ tura accarezzata, redenta dall'uomo, e l'intrico della natura selvaggia. Il giardino vive di citazioni, metafore, meraviglie. Il rapporto fra giardino e potere lo rintraccia alle radici Massimo Venturi Ferriolo, autore di un saggio nel bel catalogo Electa: si rifa allo storico Senofonte, l'allievo di Socrate. Senofonte stupisce non poco quando arriva a Sardi, capitale della Lidia, nell'odierna Turchia, e vede il giardino di Ciro, re dei Persiani, con i suoi filari d'alberi e tutto quel verde ordinato, così diverso dal kepos, il giardino-paesaggio fuori dalle mura d'Atene, il grembo della natura e della Grande Madre. Lui stesso, Ciro, dice di piantare e curare quelle piante. Il re è un giardiniere e un legislatore insieme: impone ordine alla natura così come l'impone agli uomini. E' il modello del giardino formale, all'insegna del rigore, della geometria, variamente declinato nei secoli fino al Settecento, quando gli inglesi lanciano il giardino asimmetri co, sciolto, naturale. E' il tempo di un'altra filosofia politica, con Locke e Hume; irrompe un'altra economia, quella industriale. E c'è Rousseau. L'individuo elabora un nuovo sentimento della natura. Più libero, più rispettoso. Il primo modello rispecchierebbe il potere assoluto, il secondo la monarchia costituzionale e la democrazia. Questa è soltanto una delle suggestioni della mostra, ideata da Monica Amari («imprenditrice culturale», si definisce), che ha pure curato il catalogo. «E' dal '31 che non si fa una mostra sui giardini di questo tipo - dice La organizzò Ugo Ojetti. Lo scopo è diffondere sensibilità, amore per i nostri giardini». Uno scopo sempre più condiviso, come sembra a Mirella Macera, della soprintendenza di Torino. Sono stati assegnati fondi, sono avviati progetti di restauro come in Piemonte - quelli per i Giardini Reali di Torino, per Racconigi e Venaria. E a Roma - rivela l'ex ministro Antonio Paolucci - si pensa, con quindici miliardi, di recintare Villa Borghese, «meraviglioso giardino storico, ora una specie di corte dei miracoli». Diffondere sensibilità, diceva la Amari. Per lei è come se i giardini della mostra dovessero uscire dai loro confini e l'intero paesaggio diventasse un unico giardino. Claudio Altarocca Emergono i legami tra le corti del nostro Paese e quelle del resto d'Europa, i differenti stili e i diversi modi di intendere il paesaggio I giardini della reggia di Caserta, uno dei complessi culturali più belli e visitati d'Italia