Polonia, il '68 antisemita

Polonia, il '68 antisemita la memoria. Dopo trent'anni film e riviste rievocano uno dei momenti più bui del regime di Gomulka Polonia, il '68 antisemita Furono espulsi dal Paese 20 mila ebrei «listata la prima 1,'/ volta queir! sfanno che in I l occasione del I giorno della memoria della Shoah, ma anche per marcare il 50° anniversario dello Stato di Israele, il primo ministro è andato ad Auschwitz, in Polonia, alla cerimonia di commemorazione che annualmente si tiene insieme ad una marcia di giovani ebrei e di superstiti dei Campi. Un'occasione che dir solenne è dir poco, e che certo, insieme a tante altre iniziative culturali e politiche tenute nel giorno della Shoah, ha un suo grande significato, forse il più grande. Ma se non si devono dire solo parole di commemorazione nei giorni delegati, e se il presente deve viv .'arci i suoi significati e'1 a luce di ciò che fu, i segni non sono buoni, i lapsus zr.^o stati troppo grossi, la Polonia dovrebbe andare dallo psicanalista. Infatti i giornali israeliani sono usciti sconcertati in prima pagina spiegando che il Paese che per 800 anni aveva avuto la presenza più massiccia di cittadini ebrei, che li aveva visti sterminare nella misura della metà, forse più della metà dei 6 milioni fatti fuori dai nazisti senza fare tante storie, non avrebbe potuto accompagnare Netanyahu nel suo pellegrinaggio con una delegazione adeguata e numerosa: infatti il presidente Alexander Kwasniewski, e il ministro degli Esteri Bronislaw Geremak erano in visita in Lussemburgo; e il ministro della Difesa Janusz Onyszkiewicz, guarda caso, è anche lui all'estero, ed è potuto tornare solo dopo che Netanyahu è rientrato in Israele. Solo il primo ministro, peraltro ovviamente molto occupato, ha potuto tenere un breve discorso ad Auschwitz: ma contro ogni evidenza della sto- ria ha voluto conservare quella parte in commedia che ormai da tempo gli intellettuali ma anche lo stesso presidente Kwasniewski non intendono più recitare, descrivendo i polacchi come testimoni e vittime innocenti, anch'essi, dell'antisemitismo nazista. E' proprio un caso tipico in cui la Belva Nazista viene usata per coprire orrori antisemiti che nel caso della Polonia sono antichissimi, coinvolgono i suoi cittadini, e sono particolarmente evidenti proprio negli anni precedenti all'invasione tedesca quando presero forma di pogrom e di stermini del tutto spontanei e contro moltissimi villaggi polacchi ebraici, ad opera, appunto, di polacchi non ebrei. Ma questo è certo meno ri- spetto a quello che i polacchi sono stati capaci di fare in anni ben successivi alla cosiddetta «lezione dell'Olocausto» quando più di 3 milioni dei loro concittadini erano stati sterminati nei campi. Infatti, e pochi se lo ricordano, nel 1968, nel marzo, la Polonia comunista di Gomulka buttò fuori dai suoi confini in seguito ad una campagna antisemita di Stato che pe¬ raltro fu molto popolare quelli che si possono descrivere come i suoi ultimi 20 mila cittadini ebrei. E' un episodio che si è voluto dimenticare, forse perché insegna tanto, troppo. La storia cominciò con una pièce teatrale anti sovietica del Teatro Nazionale Polacco alla fine del '67. Quanto a vendita di biglietti, andò benissimo; ma Gomulka decretò l'immediata sospensione degli spettacoli. Fu da qui che prese piede la protesta studentesca che dilagò nel '68, quando migliaia di studenti si barricarono nell'Istituto Tecnico di Varsavia attaccati dalla polizia. Presto tutta la vicenda assunse anche un carattere politico interno al partito comunista, in cui la «seconda fila» dei dirigenti prese spunto dalla rivolta stu¬ dentesca per attaccare la prima generazione. Si dà il caso che fra i giovani studenti in rivolta si trovassero alcuni figli della «seconda fila» e che fra loro alcuni fossero di origine ebraica. La campagna di Gomulka cominciò a prendere un tono antisionista, e anzi, diventò una battaglia fra «aborigeni e stranieri». Il sionismo fu identificato come la quinta colonna complottarda, e gli slogan di strada nelle dimostrazioni di massa e nei posti di lavoro presero un tono nettamente antisemita. In breve, chi aveva del sangue ebraico, anche tre generazioni prima, fu buttato fuori dal posto di lavoro; persero la loro .sedia professori universitari ed alti dirigenti di aziende e di uffici. Ma anche semplici operai ed impiegati si trovarono in mezzo alla strada solo perché ebrei o di origine ebraica. E proprio Lodz, la città in cui la storia del proprio ghetto è una delle più tragiche della Shoah, compì la più grande crociata antisemita, promulgando una risoluzione comunale che espelleva tutti i suoi ebrei en¬ tro tre mesi. Anche i bambini piccoli su cui pendeva il dubbio dell'origine ebraica furono cacciati dai giardini d'infanzia. Così nel '68 20 mila ebrei furono costretti a lasciare la Polonia. Circa un quarto emigrò in Israele, gli altri se ne andarono in Svezia, Danimarca e negli Stati Uniti. Rimasero un pugno di vecchi, troppo impauriti per cominciare una nuova vita altrove, o troppo affezionati alla Polonia nonostante tutto. Perché l'animo umano è così controverso, che l'ebreo europeo che certamente ha più cuore per il suo Paese d'origine è l'ebreo polacco, la cui cultura si è impregnata di quella dei suoi vicini di casa, l'ha nutrita e ne è rimasta influenzata. In queste ultime settimane Wpros, come vari altri settimanali e giornali polacchi, ha dedicato la copertina agli eventi del '68, dichiarando la necessità di un pentimento; un film intitolato «Buon anno! 1968» è stato dedicato a quegli eventi. Anche lo stesso presidente Kwasniewski ha dedicato una lapide agli ebrei espulsi e l'ha fatta collocare nella stazione Gdansk di Varsavia, quella da cui partirono senza biglietto di ritorno tanti ebrei. La lapide recita così: «Dedicata a quelli che nel marzo 1968 lasciarono la Polonia con un foglio di via. Hanno lasciato dietro di sé molto di più di quanto non si siano portati dietro». Ottimo. Ma prima di tutto forse sarebbe stato meglio che la lapide pronunciasse la parola «ebreo» visto che anche quelle poste nei campi di sterminio sono tanto restie nel farlo. Ed è anche tempo che il popolo polacco si decida una buona volta a gettarsi con la faccia per terra, senza seguitare a da re la colpa solo ai tedeschi. Ai tempi di Gomulka, quando il regime al comando era tutt'al tro, si comportò forse ancora peggio. Fiamma Nirenstein Chi aveva sangue ebraico fu cacciato dal posto di lavoro, si trovarono sulla strada professori universitari e dirigenti d'azienda, non furono risparmiati neppure i bambini Sopra un'immagine della rivolta studentesca del '68 a Varsavia. A sinistra il campo di sterminio di Auschwitz Qui accanto il capo del regime comunista polacco Wladislaw Gomulka: immemore dell'Olocausto lanciò una campagna antisemita