Romiti saluta l'industria torinese di Marina Cassi

Romiti saluta l'industria torinese SOCIETÀ' E CONFLITTI «Devo molto a questa città e alla Fiat, che decise di percorrere l'unica strada possibile» Romiti saluta l'industria torinese «La marcia dei 40 mila cambiò la nostra storia» TORINO. Con una puntigliosa rivendicazione della linea tenuta durante i 35 giorni alla Fiat - che portò a una delle più pesanti sconfitte del movimento operaio italiano - Cesare Romiti, che si appresta a lasciare la Fiat, ha salutato gli imprenditori riuniti ieri per l'annuale assemblea dell'Unione industriale di Torino. Un saluto non formale, ma un messaggio: in quasi un quarto di secolo trascorso a Torino e alla Fiat - che tanti mutamenti hanno visto nel modo di produrre e nell'identità della città - è a quella battaglia frontale con FimFiom-Uilm che oggi Romiti ripensa con maggior orgoglio. Ha raccontato: «A questa sede mi lega in particolare il ricordo di vicende che, per fortuna, si conclusero bene - e non solo per la Fiat - ma che nel loro manifestarsi e evolversi potevano prendere ben altra piega». Un flash-back sull'autunno dell'80: «Ci furono momenti in cui era imposssibile andare a lavorare nei nostri uffici; ricordo che la direzione dell Auto si trasferì in uno storico albergo cit¬ tadino. Altre direzioni trovarono rifugio in qualche sede sparsa nella cintura, talvolta presso fornitori ospitali e coraggiosi. Alcuni di noi vennero praticamente a vivere qui; questa porta fu sempre aperta mentre avevamo i cancelli bloccati e fu per noi un grande aiuto». E aggiunge: «Cominciammo a sentire, allora, nella concretezza dei fatti che non eravamo soli nella dura prova che stavamo vivendo; che attorno alla nostra battaglia per la sopravvivenza dell'azienda e per la libertà imprenditoriale si veniva formando un più ampio fronte comune. Alla fine, dopo la marcia dei quarantamila, anche la società locale capì fino in fondo qual era la posta in gioco». Romiti ricorda e offre altri riconoscimenti: «Se riuscimmo a superare quel momento difficile e drammatico per noi e per il Paese, lo si deve a tre cose. Alla fermezza di tutto il gruppo dirigente Fiat, che decise di percorrere l'unica strada possibile, anche se rischiosa, per ristabilire la normalità nelle fabbriche». Poi cita un nome simbolo del sindacalismo imprenditoriale, Luigi Lucchini: «Molto si deve all'incoraggiamento e alla solidarietà senza reticenze di Lucchini e di tanti medi e piccoli imprenditori». E infine: «Lo si deve alla specificità di questa città e della sua società civile; la convinzione che l'industria è un fondamentale bene pubblico capace di garantire progresso e benessere a tutti. Una convinzione che ha sempre retto, al di là dei conflitti anche duri che nel corso del secolo hanno fatto di Torino una sorta di laboratorio sociale per tutto il Paese». Parlando dell'importanza dell'esperienza associativa Romiti ha ricordato che gli venne offerta per due volte la presidenza della Confindustria. E che rifiutò perché «sono convinto che la presidenza di un'associazione che raccoglie l'industria italiana deve essere affidata a chi meglio la può rappresentare, cioè a un piccolo imprenditore». Venendo all'oggi Romiti ha riven- dicato il diritto delle imprese di dissentire dalle linee di politica economica come è accaduto rispetto agli eccessi di deficit e spesa pubblica o «sull'invadente intervento pubblico nell'economia», o sulle 35 ore. «Tutto questo non può essere liquidato come indebita interferenza nella politica». E ha lodato le riforme Bassanini: «Quando la politica fa scelte giuste, coerenti con le esigenze della società civile come quelle di Bassanini lo diciamo e siamo disposti a batterci per sostenerle». Marina Cassi Cesare Romiti

Persone citate: Bassanini, Cesare Romiti, Lucchini, Luigi Lucchini

Luoghi citati: Torino