Milosevic da Eltsin: obbedisco a metà

Milosevic da Eltsin: obbedisco a metà La mediazione del Cremlino, ultima speranza di scongiurare l'intervento Nato in Jugoslavia Milosevic da Eltsin: obbedisco a metà «Tratterò con i leader del Kosovo, ma non ritiro le truppe» MOSCA NOSTRO SERVIZIO Un successo a metà per il tentativo del Cremlino di convincere Slobodan Milosevic a portare la pace nel Kosovo. Ieri, dopo un incontro con il presidente Boris Eltsin, il leader jugoslavo ha accettato di venire incontro ad alcune delle condizioni poste dalla comunità internazionale per spegnere il nuovo focolaio balcanico. La dichiarazione congiunta firmata dai due presidenti apre qualche speranza, sulla quale però pesano il tono vago delle promesse della parte serba e il rifiuto di trattare su alcuni punti essenziali. Un negoziato che si è svolto faticosamente, nonostante le rassicurazioni reciproche di «amicizia tra Paesi slavi». Un'ora e mezzo di colloquio con Boris Eltsin in mattinata interprete il fratello di Milosevic, Bora, ex funzionario dell'ambasciata jugoslava a Mosca e ora imprenditore - ha portato soltanto alla conferma dell'impegno di Belgrado a proseguire le trattative con la maggioranza albanese del Kosovo. Poi, dopo quasi quattro ore di colloquio con il ministro degli Esteri Evghenij Primakov e quello della Difesa Igor Sergheev, la dichiarazione congiunta. Nel documento Mosca ribadisce la sua ferma opposizione a qualsiasi ipotesi di indipendenza del Kosovo e a una soluzione militare del problema, e condanna «tutte le forme di separatismo e terrorismo e le operazioni militari che colpiscono la popolazione civile». Milosevic da parte sua si impegna a cercare una soluzione politica al conflitto, rispettando «idirittieguali di tuttiLcittadini e di tutte le comunità etniche». La parte jugoslava promette di proseguire le trattative con gli albanesi secondo la scaletta prestabilita, affrontando tutti i problemi inclusa «l'autonomia secondo gli standard internazionali». Inoltre vengono garantite la libertà di spostamento sul territorio del Kosovo e l'eliminazione di tutti gli ostacoli al ritorno dei profughi. Una serie di impegni che corrisponde quasi integralmente alle condizioni poste dal vertice europeo di Cardiff e dal Gruppo di contatto sull'ex Jugoslavia. Quasi, perché sull'argomento chiave del problema Milosevic è stato irremovibile. Mosca sperava infatti di strappargli l'impegno a ritirare dal Kosovo le forze serbe. Il presidente jugoslavo però è stato categorico: «Non c'è alcun motivo per cui il nostro esercito non debba trovarsi sul nostro territorio», ha risposto secco. L'unica concessione della parte serba riguarda la promessa di rinunciare a rappresaglie contro la popolazione civile. La dichiarazione con giunta contiene anche un vago impegno a «ridurre la presenza» delle forze federali della Jugoslavia man mano che cesseranno le «attività terroristiche» dei ribelli. Un mezzo fallimento per il Cremlino, che aveva promesso ai partner occidentali di convincere Milosevic a ritirare le truppe, aproffittando della sua posizione di interlocutore privilegiato di Belgrado. Dopo le speranze in un trionfo diplomatico della vigilia, ieri a Mosca regnava un cauto ottimismo. Secondo il ministro Primakov, la dichiarazione congiunta apre «una possibilità reale di regolare la situazione, ora la palla è nel campo degli albanesi del Kosovo». Ma il resto dei Paesi del Gruppo di contatto, a quanto pare, non ci spera molto. Ieri, mentre i negoziati a Mosca erano ancora in corso, l'ambasciatore della Germania presso l'Onu faceva sapere che si sta preparando un progetto di risoluzione da sottoporre al Consiglio di Sicurezza per autorizzare l'intervento militare. In questo caso Eltsin - che in serata ha ragguagliato Clinton sui risultati dell'incontro in una lunga telefonata - si tro¬ verà davanti a una scelta drammatica: usare il diritto di veto contro gli «amici» occidentali oppure far infuriare l'opposizione nazional-comunista, che chiede di non interferire in un «problema interno» della Jugoslavia e di lasciare i serbi liberi di spadroneggiare nel Kosovo. Anna Zaffesova Belgrado si dice pronta a rispettare i diritti degli albanesi, a trattare l'autonomia e garantire il ritorno dei profughi. «Ma non c'è motivo per cui il nostro esercito non debba trovarsi sul nostro territorio» Eltsin e Milosevic al Cremlino Un colloquio di un'ora e mezzo