Sinisi: inopportuna Sicurezza a rischio di Gio. Bia.
Sinisi: inopportuna Sicurezza a rischio Sinisi: inopportuna Sicurezza a rischio SROMA OTTOSEGRETARIO Sinisi, con quale aggettivo definisce, la legge Simeone? «Inopportuna». Perché? «Perché va in controtendenza rispetto alla domanda di sicurezza che viene dal Paese, e che va garantita in concreto». C'è chi parla, invece, di un atto di civiltà giuridica. «Può anche darsi che sia così, ma allora va detto che un simile atto richiederà uno sforzo ulteriore di controllo sulla micro-criminalità, che in molti casi non è nemmeno tanto micro. Questo non lo possiamo nascondere. Si tratta di costi che graveranno sul sistema della pubblica sicurezza». Sta dicendo che le forze di polizia non sono in grado di far fronte alle nuove esigenze? «Le forze dell'ordine dovranno certamente dare di più, e come sempre faranno il loro dovere adoperandosi affinché questa legge dello Stato, come tutte le altre, sia applicata correttamente, ma anche per garantire identici livelli di sicurezza. Avevamo salutato con favore il fatto che i servizi di scorta e di traduzione dei detenuti fossero stati affidati alla polizia penitenziaria, perché un buon numero di carabinieri era stato recuperato ad attività di polizia; ora nasceranno altri compiti di controllo nei confronti di coloro che potranno usufruire dei nuovi benefici penitenziari, e i vantaggi tratti da quella disposizione si attenueranno. Questo è un fatto innegabile». Il ministro della Giustizia, però, sostiene che sono altre le leggi che permettono agli scippatori o ai ladri d'auto di evitare il carcere, non la Simeone che riguarda i condannati definitivi. » m—|—e Sa -v -Rir «Infatti, so bene che la microcriminalità si avvantaggia di tanti benefici processuali e penali, ma il problema è che la Simeone si va ad aggiungere agli altri benefici vigenti». E allora qual è il problema? «Io credo che dobbiamo tenere in maggiore considerazione le esigenze della sicurezza e della difesa sociale, ed anche la condizione delle vittime». Ma nella nostra Costituzione non c'è anche scritto che la pena ha fini rieducativi? «Sì, ma quello della rieducazione dev'essere un obiettivo concreto e concorrente con i diritti, anch'essi costituzionalmente garantiti, dei cittadini che non hanno commesso né intendono commettere delitti. I benefici penitenziari oggi vigenti e le misure alternative al carcere non costituiscono una sicura difesa». E dei braccialetti elettronici di cui parla il ministro Flick che cosa pensa? «Che non ci sono, e quindi è inutile parlarne. Si tratta di un'ipotesi allo studio da qualche anno, e non so se abbia prospettive di immediata attuazione». Come mai il governo è diviso su questa legge? «Innanzitutto si tratta di una legge di iniziativa parlamentare, e dunque il governo non c'entra. Mi sembra che su questo punto sia molto più divisa l'opposizione. Non ci sono contrasti tra il Viminale e la Giustizia, perché Flick, da persona responsabile quale è, chiamato a gestire la legge sta facendo tutto ciò che deve per farla funzionare. Si tratta di prospettive e responsabilità diverse. Per quanto mi riguarda, poi, ho ritenuto di dover far presente l'esistenza di quello che ritengo un problema piuttosto serio, anche sulla base delle mie personali responsabilità politiche». [gio. bia.]
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