Aznavour il piccolo profugo

Aznavour il piccolo profugo Aznavour il piccolo profugo La patria perduta, mostra a Grenoble GRENOBLE DAL NOSTRO INVIATO Il piccolo Varenegh Aznaourian arrivò in Francia con i genitori sfuggiti a uno dei tanti pogrom dei turchi contro la minoranza armena. A Parigi nome e cognome diventarono Charles Aznavour. Il famoso chansonnier è uno degli oltre trecentomila francesi di origine armena che, a ondate, hanno raggiunto l'ospitale Francia a cominciare dall'aprile del 1915 dopo il massacro di Talaat, in Anatolia, compiuto con ferocia dai Giovani Turchi. A loro il Musée Dauphinois di Grenoble, diretto da JeanClaude Duclos, dedica (fino a ottobre) una mostra dal titolo significativo, «D'Isère et d'Armenie»: su una superficie di 400 metri quadri sono documentate le vicende di una minoranza in esilio che prò- prio nel Dipartimento dell'Isère rappresenta, con seimila unità, il secondo maggiore insediamento armeno di Francia dopo quello di Parigi (il terzo è a Marsiglia). Solo a Grenoble sono duemila. Ai margini della città, a St. Martin d'Hères, nel Quartier de la Croix Rouge c'è la cosiddetta Petite Armenie, con immigrati quasi tutti dall'Anatolia, e adesso questo quartiere si sta svuotando per la¬ sciare posto a nuovi immigrati di altre nazionalità. Gli armeni, in Francia e nella stessa Grenoble, non sono più unicamente operai tessili, metallurgici o lavoratori delle cartiere e del settore agroalimentare. La comunità s'è evoluta, ha fatto studiare i propri figli nelle scuole francesi, ha cominciato a sfornare laureati e oggi ci sono centinaia di uomini e donne con cognome che finisce in «an» nei posti chiave dell'economia, dell'industria e delle professioni cosiddette liberali. Molti di loro, abbandonata la Croix Rouge, vivono in sofisticati alloggi a Est della città. La comunità armena attira simpatia e, dall'aprile dello scorso anno, quando si è aperta la mostra al Musée Dauphinois, oltre centomila visitatori sono entrati nelle sale dell'ex convento delle Suore della Visitazione. Che strano il de¬ stino. Le suore furono costrette ad abbandonare le loro celle di clausura nel 1904 dopo l'accordo in Francia sulla separazione della Chiesa dallo Stato. In un certo senso un sopruso, l'estromissione da un antico edificio che oggi mostra, con foto, pannelli e testimonianze sonore, un'altra violenza perpetrata contro una comunità. Tre sono le sezioni della mostra. Nella prima c'è la spiegazione audiovisiva di chi erano e chi sono gli armeni nel loro tradizionale contesto storico e geografico nell'Asia Minore. Testimonianze di una nazionalità tranquilla e laboriosa, la prima su tutte ad avere abbracciato la fede cristiana, quando non era stato ancora siglato l'Editto di Costantino. «Il Cristianesimo per noi è una seconda pelle» recita un antico detto armeno. Oggi il 90 per cento è di rito armeno-gregoriano-apostolico, comunemente detto ortodosso; poi ci sono armeni cattolici e protestanti. La seconda sezione mostra le tragiche fotografie del genocidio del 1915: soldati musulmani turchi che tengono nelle mani le teste mozzate al «nemico» cristiano, città e villaggi distrutti. Infine la terza sezione, che documenta le varie fughe nel corso degli anni: prima quella massiccia del 1915, poi quella degli Anni 4050 dall'Urss dì Stalin e da alcuni Paesi del Medio Oriente negli Anni 60; infine la fuga da Erevan dopo il violento terremoto dell'88. Lunghi e disperati viaggi verso l'Occidente, commentati dal melodioso e triste suono di un invisibile duduk, flauto da ascoltare nei momenti della gioia e del dolore. Edoardo Ballotte Nella foto grande: eccidio degli armeni nelle vie di Istanbul. Qui accanto il cantante Charles Aznavour che arrivò da bambino in Francia con i genitori sfuggiti a uno dei tanti pogrom turchi

Persone citate: Aznavour, Charles Aznavour, Duclos, Edoardo Ballotte, Martin D'hères, Petite, Stalin, Turchi