Orrori dal primo genocidio
Orrori dal primo genocidio documenti. Uno studioso svela l'agghiacciante realtà dei lager turchi nel 1915 : per la fame si mangiavano i bambini Orrori dal primo genocidio La tragedia armena fra stenti e cannibalismo —TI PARIGI ON solo la deportazione in deserti inospitali, ma una vera e propria rete di campi di concentramento permise lo sterminio di un milione e mezzo di armeni, cristiani apostolici, da parte del governo turco nel 1915. Una messe di documenti inediti sul primo genocidio programmato di questo secolo sta emergendo dal «Fondo Andonian». E' una massa incredibile di materiale - testimonianze, documenti, racconti di sopravvissuti - raccolta dal giornalista di Costantinopoli Aram Andonian, deportato e sopravvissuto egli stesso, conservati a Parigi e che solo adesso stanno venendo alla luce. Da tempo uno studioso universitario francese, Raymond Kevorkian, si dedica a ricomporre i pezzi del tragico mosaico. E ora, sulla Revue d'Histoire Arménienne, pubblica oltre 300 pagine di reportage, cifre e documenti mediti. Molti agghiacciar*.:. L'organizzazione dello sterminio mise in piedi almeno 26 grandi campi ùi concentramento, senza contare i campi più piccoli «di transito». In genere si sceglieva un terreno spoglio, ad almeno mezz'ora di marcia da una piccola località. «Una moltitudine di tende era eretta, strette le une contro le altre per ragioni di sicurezza». Infatti durante la notte le tende potevano venire razziate dai predoni locali; ma fuggire era un rischio gravissimo: «tutti i villaggi arabi avevano l'ordine di uccidere i fuggiaschi trovati per strada». Le condizioni di sussistenza e igieniche erano tremende; decine di persone morivano ogni giorno di tifo e dissenteria. «Nessuna forma di approvvigionamento era prevista per gli internati». Le testimonianze di casi di antropofagia sono numerose. Ne citiamo solo uno, riferito da Andonian, e relativo al campo di concentramento ui Marat: «Una donna adulta e una bambina sono sotto una tenda. Un vapore di carne in cottura giunge alla bambina». Non c'erano più animali da molti giorni, nel campo, e Andonian spiega: «Probabilmente era morto un bambino, e cuocevano la sua carne. La bambina dice alla madre: non resisto più, chiedi un pezzetto». La donna esce, e torna, a mani vuote. Segue un dialogo allucinante: «Non te ne hanno dato?». «No, che diventino ciechi»! E la conclusione: «Madre, se muoio anch'io, non dar loro la mia carne». In genere il personale di guardia e di scorta era reclutato localmente; forte la presenza di circassi e ceceni, e spesso venivano impiegati criminali comuni. E come qualche decennio più tardi avverrà nei campi nazisti, già qui appare la figura del «kapò». Il direttore del campo nominava un «sorvegliante capo» e dei guardiani armeni. In genere venivano scelti fra i più miserabili, per accentuare la rivalità fra sventurati. «Tutte le testimonianze rivelano che questi collaboratori armeni erano altrettanto brutali dei loro colleghi ottomani». L'organizzazione dei campi prevedeva squadre di becchini, incaricati di passare ogni mattina a «raccogliere i cadaveri, in media da 200 a 400 per campo. In cambio i becchini erano nutriti e evitavano per il momento di essere deportati più all'interno». Nessuno si faceva illusioni sulle possibilità di salvezza. Ma la volontà di sopravvivenza era fortissima. Ne sono una testimonianza i «giornali viventi», ragazzini dai dieci ai dodici anni incaricati di tenere i collegamenti fra i vari campi. Riuscivano a sfuggire ai controlli, e in qualche giorno di marcia - fino a sei - andavano, per esempio, da Meskené a Deir ez Zor. «Sulla pelle di questi bambini la sporcizia scrive Andonian - aveva formato una seconda pelle. Lavavamo loro la schiena, e poi scrivevamo, a grossi caratteri il messaggio, prima di ricoprire il tutto con terra o cenere affinché il testo non fosse più visibile». «Erano autentici eroi», è il commento. Quando si stava preparando la «soluzione finale» per i 192.750 armeni di Deir ez Zor, «è con questo sistema che abbiamo ricevuto regolarmente informazioni relative alla preparazione di quel gigantesco massacro». A dispetto della volontà di sopravvivenza, c'e- ra fra i deportati chi sceglieva da solo l'uscita da una scena così orrenda. Come nel campo di Souvar: «Un barbiere di Ismit possedeva del veleno, e ne vendeva una dose in cambio di una lira d'oro». A Ras el Ain, sul fiume Khabour, dopo un'orgia con strage commessa dai ceceni, «circa 150 persone, uomini e donne si sono suicidati in una notte, ingerendo oppio alcuni, altri buttandosi in acqua». La fame, insieme con il tifo, la fatica e le pessime condizioni igieniche, fu lo strumento di morte preferito. Numerose le testimonianze di bambini che frugano fra lo sterco dei cavalli dei guardiani per cercare grani d'orzo da pulire e mangiare. Ma quando i sistemi naturali si rivelavano troppo lenti si ricorreva ad altri metodi. Acqua, fuoco, bastoni, pietre, spada e dinamite; e infine le cartucce, meno utilizzate perché più costose. E' una porta spalancata sull'orrore; emergono a volte personaggi nobili e coraggiosi anche fra gli ufficiali e notabili turchi, a fianco di belve come Zeki Bey, il macellaio di Deir ez Zor. Arrivato al campo da un viaggio a Costantinopoli, e vedendo quanto numerosi erano i deportati, gridava: «Perché si lasciano questi cani vivere qui? Perché non sono sterminati? E' così che si mettono in pratica gli ordini dello Stato»? Completano la raccolta alcuni documenti, anch'essi inediti, del Delegato Apostolico a Costantinopoli, mons. Angelo Maria Dolci: «E' sicuro che il governo ottomano ha deciso di estirpare il cristianesimo dalla Turchia prima della fine della guerra. E questo a vergogna del mondo cristiano». Marco Tosati!
Persone citate: Angelo Maria Dolci, Aram Andonian, Raymond Kevorkian, Zeki Bey
Luoghi citati: Costantinopoli, Parigi, Turchia
A causa delle condizioni e della qualità di conservazione delle pagine originali, il testo di questo articolo processato con OCR automatico può contenere degli errori.
© La Stampa - Tutti i diritti riservati
- Il Governo inizia la propaganda per il prestito
- La propaganda pel Prestito Nazionale
- Roma/A 24 ore dalla sparatoria in cui Ú morto il neofascista
- Quei «portaborse» orfani di Bettino
- Due arresti a Roma scoperto l'arsenale Nar
- Droga, dieci arresti
- I temerari che volano sull'acqua
- I i l ti ittScambio di telegrammi fra il Duce e il Gran Muftì
- Truffa atomica, allarme
- Due cugini asfissiati dal gas
- Il Governo inizia la propaganda per il prestito
- Bimbo avvolto dal fuoco è salvato dalla nonna
- Ma Ciano non ascoltò il suo ambasciatore
- La propaganda pel Prestito Nazionale
- Roma/A 24 ore dalla sparatoria in cui Ú morto il neofascista
- Signora accusata di truffa alla società d'assicurazioni
- Mlnghellq, il primo serial killer
- Provino mundial (21,IVI ) a Wembley per l'Italia
- L'Inter ripresa dal gruppo
- Quei «portaborse» orfani di Bettino
- 4 TERRORISTI MORTI UNO FUGGE TUTTI GLI OSTAGGI SONO VIVI ?
- La tragedia della transessuale Richards
- Ci sono 130 mila siciliani, 100 mila calabresi, 80 mila campani e abruzzesi
- Forse altri quattro ufficiali coinvolti nella "trama nera,,
- I rigori sono fatali alla Juve decimata
- Due gocce di sangue possono fare piena luce sull'omicidio
- Iniziato il processo per i «balletti verdi»
- Polonghera, Sommariva, Montafia e Cuneo piangono quattro giovani coppie di sposi morti nell'incendio
- Carabiniere tenta di disarmare una guardia: entrambi feriti
- Alberto Talegalli e due amici uccisi nell'auto che si schianta contro la spalletta d'un ponte
In collaborazione con Accessibilità | Note legali e privacy | Cookie policy