L'Abc dei grande scontro di M. Zat.

L'Abc dei grande scontro L'Abc dei grande scontro Dallo «sbarco» delpresidente i cinque mesi roventi del gruppo TORINO. Cinque mesi e quattro giorni di patti annunciati e sciolti, di organigrammi rivoluzionati, di scontri al veleno dentro e fuori l'azienda, di ottimi propositi e di risultati difficili da portare a casa, di incomprensioni fra soci anche importanti che hanno reso difficile la vita della Telecom Italia dopo l'uscita dall'orbita pubblica. Una storia che comincia sul serio il 12 gennaio giorno in cui Gianmario Rossignolo lascia l'Electrolux per la corazzata italiana delle Tic - e che arriva oggi al cruciale appuntamento dell'assemblea degli azionisti proprio mentre la grande nave varata lo scorso anno dai cantieri privatizzatoli del Tesoro attraversa una violenta tempesta. Ci saranno novità al vertice, atteso un nuovo direttore al posto di Gamberale il fuggitivo. Alessandro Profumo dà una linea in chiave privata, loda il gruppo eppure pronostica «mesi abbastanza complicati». Una cosa, a questo punto, di cui si può essere sicuri. Rossignolo sbarca al quartier generale di via Flaminia in un gennaio meteorologicamente mite, designato al posto di Guido Rossi che aveva detto «quando saremo sul mercato me ne vado» e ha mantenuto la promessa. L'uomo dell'Electrolux dice subito di voler essere un presidente dai pieni poteri e la lista delle deleghe che u consiglio gli attribuisce conferma l'affermazione. Le sue prime parole segnano una immediata cesura col passato, con l'amministratore delegato Tomaso Tommasi e i programmi che questi ha messo in cantiere: emergono le perplessità sulle intese con At&t e Unisource, e poi la sfiducia tanto per il progetto Fido (il telefonino da città) quanto per il piano Socrates (quello per la rete cablata battuta dalla banda larga). Mentre il dibattito si scalda sul ruolo degli azionisti privati (a colpi di «comandano con pochi titoli» relative inevitabili repliche) il 19 febbraio Tommasi saluta la compa gnia, cosa che ormai pareva a tutti scontata. Rossignolo non batte ciglio, tira dritto e presenta il nuovo schema organizzativo del gruppo, un presidente e tre direzioni generali, diverse per filoni principali, in breve strategie (intemazionali e non), finanza e telefonia. Fra i tre selezionati c'è Vito Gamberale, prelevato dalla Tim. E' una formula del tutto inedita, ma fra il nuovo presidente e il mercato non c'è la sintonia attesa. I giornali lo chiamano «John Wayne» e lui si difende negando di essere un «Terminator», nomignolo guada¬ gnato proprio per la rapidità con cui sta muovendo le pedine e certo consacrato dal ritmo vorticoso dei passaggi degli uomini immagine alle relazioni esterne. In seno all'azienda, raccontano ì bene informati, Rossignolo e i suoi devono vedersela con un folto esercito di rematori contro. Fuori, c'è una voglia matta di vedere risultati concreti. Ai primi di aprile i primi fatti. Telecom e Rai firmano (il 9) il memorandum per la televisione digitale, poi la holding Tic presenta il partner britannico Cable & Wireless candidato a «sinergie di reti e utenze». Nel frattempo, i rapporti con Gamberale - forti nei giorni di Tommasi - appaiono deteriorati, tant'è che il presidente toglie al direttore la responsabilità sul personale. Il manager non la manda giù. E quando a maggio scoppia il confronto col Tesoro sui poteri del vertice, Gamberale si unisce a via XX Settembre nel criticare l'operazione Cable & Wireless. Il clima è teso, e una gaffe di Rossignolo sulll'imminente gara per il terzo gestore (esprime apprezzamento per il consorzio Telon dell'Autostrade) lo la diventare incandescente. L'8 maggio è nel frattempo arrivato il bilancio, solido ma non entusiasmante. Il primo trimestre del '98, intanto, conferma che la crescita c'è eppure non consiglia di fare salti di gioia. I numeri sono numeri. Così si giunge alla prima assemblea del dopo privatizzazione che rischia di fare più rumore del concerto che i Rolling Stones tengono stasera a Milano. Lo staff Telecom ha preparato l'evento con cura, consapevole di dover gestire qualcosa di straordinario. Stava andando tutto bene. Poi, da protagonista consumato qual è, Gamberale ha rotto proprio alla vigilia dell'incontro, annunciando l'incompatibilità del piano mdustriale con il suo pensiero e tornando nel ritiro della Tim da dove è venuto. L'azienda s'è ritrovata nell'occhio del ciclone, ariche perché gli operatori sanno fare i conti: rilevano che l'andamento del titolo è deficitario nei confronti della performance di Piazza Affari; poi fanno notare che il grande accordo promesso non s'è visto e il piano strategico resta allo studio. Così l'adunata del Lingotto diventa un po' il passaggio cruciale della nuova Telecom. L'attimo «di partenza per vincere la sfida della competizione» come dirà Rossignolo oggi. Oppure qualcos'altro su cui si possono fare solo scommesse e non previsioni. [m. zat.]

Luoghi citati: Gamberale, Milano