Una minaccia da Cardiff di Fabio Galvano

Una minaccia da Cardiff Una minaccia da Cardiff «Belgrado obbedisca o la palerà» CARDIFF DAL NOSTRO INVIATO Per «rafforzare la mano» del presidente Eltsin, alla vigilia del suo cruciale incontro moscovita con il presidente serbo Slobodan Milosevic cui è appeso il destino del Kosovo, il vertice europeo di Cardiff lancia un messaggio d'inflessibilità alla leadership di Belgrado: adottando e facendo propri non solo l'ultimatum, ma anche le misure e le minacce già espresse venerdì, a Londra, dal Gruppo di contatto riunito a margine del G8. Con un documento messo a punto dai ministri degli Esteri dei 15, poi sancito dai capi di governo e reso noto poche ore dopo l'arrivo a Mosca del Presidente serbo, si avverte infatti che l'Europa è pronta a chiedere l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza per 1'«ampia gamma di opzioni» legate a un'azione militare. «Milosevic - ha detto il ministro degli Esteri britannico Robin Cook che presiedeva la riunione dei capi della diplomazia europea - deve smetterla con la violenza e tornare al tavolo negoziale. Dovrebbe guardare a quanto succede ai suoi confini e ricordare che tutte le opzioni sono aperte». E' un monito fermo, un'esplicita minaccia; anzi, ha insistito Cook, colpa del Presidente serbo è proprio quella di «ignorare i chiarissimi e fermissimi segnali» lanciati nella sua direzione. Da sempre Londra propugna una politica della fermezza, tanto da apparire come falco in un contesto dove, a differenza di quanto accadde in Bosnia, non si vedono colombe. Ma c'è, fra la Gran Bretagna e gli altri partner europei, una fondamentale differenza; ed è che Londra non ritiene necessaria una risoluzione del Consiglio di Sicurezza per agire ai confini del Kosovo. Gli altri sono molto più cauti. «Abbiamo avallato la posizione del G8», ha detto Lamberto Dini, riferendosi al fatto che la decisione di venerdì del Gruppo di contatto aveva avuto il placet anche di Canada e Giap pone. E ha definito «misura estrema» la richiesta di una ri soluzione al Palazzo di Vetro. «La stragrande maggioranza ha tuttavia aggiunto - ritiene impensabile un intervento mi litare senza il placet del Consi gho di Sicurezza, perché non si agirebbe nell'ambito della le galità internazionale». La stragrande maggioranza, ha detto il ministro; e cioè non l'unanimità. Quanti, allora, sarebbero pronti a muoversi anche senza disturbare il Consiglio di Sicurezza? «Al massimo due», risponde Dini. La Gran Bretagna è uno; e l'altro? Il documento varato ieri viene presentato come «un passo avanti» rispetto a quello di venerdì; ma in realtà i leader europei, riuniti nella capitale gallese, non hanno fatto altro che trasformare in condanna a Quindici quella che era stata venerdì una condanna a Sei; e per giunta senza la voce talora scomoda di Mosca, che anzi ha protestato per la mancata concertazione delle manovre aeree di ieri. «Era necessaria una forte pressione sulle parti e soprattutto su Belgrado», ha precisato Dini: «Speriamo molto nell'incontro di Mosca; ma, se necessario, siamo pronti a ulteriori sanzioni e alle misure estreme che richiederebbero il sì del Consiglio di Sicurezza. La situazione è inaccettabile: siamo di fronte a gravi abusi dei diritti umani». E allora il vertice di Cardiff intima a Milosevic che cessi tutte le operazioni delle «forze di sicurezza» nel Kosovo e le ritiri, che consenta un efficace e continuo monitoraggio internazionale, che faciliti il ritorno dei rifugiati e l'accesso delle organizzazioni umanitarie, che awii rapidamente il dialogo con la leadership albanese del Kosovo. Ma soprattutto il comunicato sottolinea «l'importanza che il presidente Milosevic tragga profitto dal suo incontro di Mosca con il presidente Eltsin». E' avvisato. Fabio Galvano Il ministro degli Esteri inglese «Deve ricordare che tutte le opzioni sono aperte» Ma la Gran Bretagna appare isolata nel sostenere che non occorre il placet dell'Orni Il Presidente jugoslavo Slobodan Milosevic all'arrivo a Mosca Il leader di Belgrado oggi al Cremlino incontra Boris Eltsin Sul tavolo delle discussioni la questione del Kosovo