L'AMERICA SI INCHINA di Gabriele Romagnoli

L'AMERICA SI INCHINA DALLA PRIMA PAGINA L'AMERICA SI INCHINA golo di gioco può essere decretato. Non fate vedere alle scolaresche pizzosi documentari sugli eroi di guerra e di pace, su santi, martiri o conquistatori, fategli vedere quel minuto in cui Michael Jordan da solo (!a sua donna è lontana; il migliore amico, Scottie Pippen, infortunato; i compagni increduli al suo verbo; gli avversari potenti e sorretti dalla folla e dai segni del destino) va a fabbricarsi l'estrema fortuna. Allo scoccare dei sessanta conclusivi secondi nell'arena dei mormoni di Salt Lake City (il presidente della squadra ospite è a casa perché di domenica non ci si deve divertire e infatti soffrirà) i Jazz e i Bulls sono pari. Azione dei Jazz, canestro da tre punti di Stockton. Scava un fosso. Per saltare ancora dall'altra parte non basta un canestro da due. Non basta uno da tre (perché rida comunque palla all'avversario). Occorrono 4 punti (contro zero) in 41 secondi e 9 centesimi. Ci vorrebbe Superman. O basta un Uomo. Uno che, quando fa la cosa per cui è nato, decifra il codice dell'anima, esprime quello che ognuno di noi possiede, ma tiene sepolto sotto macerie di inanità: la scintilla di un talento che solo fede e coraggio possono far brillare. Splende negli occhi di Michael Jordan, concentrato di perfezione estetica, atletica e etica. E' una scelta morale, prima ancora che sportiva, quella di prendersi una responsabilità assoluta e decidere: ci provo io; nessun amico, nessun alleato, se vinco, è anche per loro, ma adesso gioco da solo. Lo ha fatto per tutta la partita in verità, segnando tanti canestri, ma ancor di più mancandone, dimenticando egoisticamente nell'angolo un compagno meglio piazzato. Come sapesse di doversi scaldare la mano per non sbagliare più nulla al momento dell'ordalia, quando vinci o muori. Quarantino secondi e nove. Palla a Michael Jordan. Paga ut. allenatore quanto vuoi. Dagli una lavagnetta per disegnare gli sche¬ mi. Fagli scegliere il quintetto con cura. Ma, quando arriva la fine, mandi pure in campo il Quartetto Cetra più Michael Jordan e si assicuri che la palla ce l'abbia lui. Perché la prende e fa canestro. Ancora più uno per i Jazz, che l'affidano al loro giocatore più forte, l'immenso Malone. Jordan abbandona il suo uomo. Si affianca all'armadio Malone, lo apre infilando il suo passepartout nella serratura, gli ruba il pallone, lo lascia lì per il resto della vita a chiedersi cosa è successo e va dall'altra parte a cercare l'estrema fortuna. Il cronometro dice che mancano 18 secondi e 9. Jordan lo guarda e corre. Ci vogliono le gambe, certo, e i polsi. Ma ci vuole l'anima, soprattutto. Il coraggio di crederci. Hai fatto canestro, rubato palla e adesso il tempo è un'onda che lascia la riva e tu non puoi camminare sull'acqua, devi tuffarti. La media di Jordan è stata inferiore al 50 per cento, ha realizzato gli ultimi tre tiri, è contro ogni probabilità e mancano 10 secondi. Il capitano è solo, scende dalle colline lasciandosi alle spalle commilitoni feriti e stremati e va all'assal¬ to con una pallottola in canna. Ma il capitano ha una missione da compiere, una vocazione per l'impossibile, un'anima in pugno e una luce laser negli occhi. Fa una fìnta che manda Byron Russell per terra, prende l'ascensore per il cielo e prima di uscire, a cinque secondi e due dalla fine, spara, fa centro e vince la guerra. Gioco, partita, incontro, vita. Questo è un Uomo. Senza nessun «se». Se poi Stockton avesse centrato il successivo tiro da ere, mancato per un centimetro, la storia sarebbe cambiata, dicono. Ma Stockton è il giocatore in attività che ha disputato più finali Nba senza mai vincerne una. Jordan, sei su sei. Esiste, a volte, una ragione nelle cose, una giustizia nei verdetti, una designata grandezza nei vincitori. La finale Nba non è il premio letterario Chissenefrega o la consultazione elettorale in un'isola del Centro America. E' una battaglia ad armi pari e vince il migliore. Solitario, splendente e puro, vince l'Uomo Diamante: Michael Jordan. Gabriele Romagnoli

Luoghi citati: America, Centro America, Salt Lake City