L'INUTILE MARTIRIO DEL KOSOVO

L'INUTILE MARTIRIO DEL KOSOVO L'INUTILE MARTIRIO DEL KOSOVO Una conferenza alla Cascina Marchesa sull'ultimo dramma dell'exJugoslavia ■ N Europa si sta combattenI do una guerra feroce, ma H tutti fanno finta di non accorgersene. Non è la prima volta: quando la Jugoslavia cominciò lentamente a sfarinarsi ci vollero anni perché i «Grandi», riluttanti signori della pace, si rassegnassero a impegnare, oltre che parole, anche soldati e quattrini per arginare questo medioevo balcanico infracidilo dal tempo e dal terrore. Il Kosovo, enclave albanese che la Storia ha piantato nel cuore del rancoroso nazionalismo serbo per farne scoppiare la linfa segreta, è l'ultimo capitolo di quella tragedia. E anche questa volta si snodano il penoso rosario di inutili missioni pacificatrici, l'untuosa ma sterile professione di alti principi, gli immensi strati gelatinosi dei minuetti diplomatici. Martedì 16 (ore 18) -per iniziativa del Centro studi Sereno Regis e del Mir-Movimento non violento in collaborazione con l'Ufficio Pace Solidarietà e Cooperazione del Comune - alla Cascina Marchesa (corso Vercelli 141) una conferenza dal tema «Per una soluzione non violen¬ ta del conflitto nel Kosovo» offre una buona occasione per dimostrare che si può tentare qualcosa, e non solo ascoltare rinchiusi nel recinto della impotenza e dello sgomento. Relatori due attenti studiosi del groviglio balcanico, Alberto L'Abate e Roberto Morozzo (esponente di quella diplomazia senza feluca della comunità di Sant'Egidio che ha scritto proprio nel Kosovo un'altra pagina da protagonista). A sollevare il sudario rigido e legnoso steso sulla verità dalla propaganda hanno contribuito spesso le fotografìe, immagini choc che scuotono la passività sorniona della indifferenza. Come la bimba vietnamita in fuga dall'orrore del napalm; o i civili di Sarajevo straziati dai colpi di mortaio mentre erano in coda per il pane. Se le parole non basteranno, nei locali del Centro Regis (via Garibaldi 13, orario lunedì-venerdì 9-19, sabato e domenica 9-12 e 15-19) è allestita fino al 20 giugno una mostra che documenta con la straziante oggettività della fotografia le tappe del martirio kovaro. Drenica è un villaggio perduto tra le montagne, come My Lay come Goma. Il 28 febbraio sembrava una giornata normale. Prima che arrivassero gli squa droni della morte serbi. Ottanta civili, donne e bambini, stanno lì allineati all'aperto, straziati, torturati, derubati persino della quieta normalità della morte. Nessuno lo sapeva ma nella primavera del 1981 quando primi moti antiserbi sconvolsero proprio il Kosovo, il veleno dell'odio etnico aveva cominciato lentamente a erodere il belletto degli slogan ufficiali su «fratellanza e unità». Stane Dolane faceva parte della presidenza del partito comunista che stava svendendo la incerta eredità titoista. In una conferenza stampa davanti ai giornali stranieri minimizzò, affermando che i popoli della Jugoslavia certo potevano scontrarsi tra loro ma nel caso di un attacco esterno avrebbero saputo ritrovare una granitica unità. Un giornalista, ironicamente, gli chiese: «Ma se non ci sarà nessun attacco esterno?». Dolane non seppe rispondere. Domenico Quirìco

Persone citate: Alberto L'abate, Domenico Quirìco, Goma, Lay, Regis, Roberto Morozzo, Sereno Regis

Luoghi citati: Europa, Jugoslavia, Kosovo, Sant'egidio, Sarajevo