Il «carpentiere» Escher

Il «carpentiere» Escher I CENTO ANNI DALLA NASCITA Il «carpentiere» Escher Diceva di non capire la matematica DICEVA: «Non ho mai capito nulla di matematica». L'affermazione suona insolita, se a pronunciarla è proprio l'artista più amato dagli scienziati, che per tutta la vita ha disegnato mondi impossibili, particolari che oggi, con il senno di poi, definiremmo frattali, solidi matematici, geometrie capaci di ricreare o almeno di suggerire l'infinito. Eppure Maurits Cornelis Escher, di cui ricorre la prossima settimana il centenario della nascita, sentiva la matematica in maniera innata, con intuizioni che lui stesso definiva «teorie profane». Mentre gli scienziati si esprimono spesso per astrazioni, Escher preferiva lavorare «come un carpentiere, con metro e scalpello». Cioè con carta e matita. I suoi disegni, straordinari puzzle di uccelli e pesci, angeli e diavoli, scale oblique, prospettive impossibili e inquietanti, compaiono ora sulle copertine dei libri di matematica e «li scienze. Davvero uno strano destino per un ragazzo che non ha mai amato troppo i numeri. Nato il 17 giugno 1898 a Leeuwarden, in Olanda, Maurits Cornelis Escher visse gli anni della scuola come un incubo. Il padre, ingegnere idraulico, lo vuole architetto, lui si iscrive invece all'accademia d'arte ma ben presto abbandona gli studi. A 24 anni intraprende un lungo viaggio in Italia. Qui conosce la svizzera Jetta Umiker, che sposa poco dopo a Viareggio. La vita da artista è difficile: Escher disegna, espone, illustra qualche libro, ma dipende economicamente dal facoltoso suocero. Resta in Italia fino al 19.35, quando il figlio di nove anni viene costretto a portare l'uniforme da Balilla: indignato, poiché sempre schierato contro i fanatismi di ogni tipo, Escher abban¬ dona l'Italia con la famiglia. Con il ricavato della vendita delle sue opere a una compagnia mercantile, intraprende una serie di viaggi in nave in tutto il Mediterraneo. Durante una di queste peregrinazioni, in Spagna, resta affascinato dall'Alhambra, la straordinaria fortezza dei Mori a Granada. Le decorazioni geometriche che ornano pavimenti e pareti sono il punto di partenza di quella che diventerà la ricerca artistica di una vita: la divisione regolare del piano, un interesse molto singolare per un pittore. Dopo uno studio intenso, più «da carpentiere» che da matematico, Escher elabora opere che susciteranno la meraviglia di cristallografi e matematici. Sono di questo periodo le celebri «Metamorfosi»: figure geometriche che si trasformano in uomini, piante, animali, coprendo tutto il foglio. Il vecchio studente che non capiva nulla di matematica viene conquistato da simmetrie, strutture geometriche, prospettive. Trasferitosi prima in Belgio e poi in Olanda (dove visse fino alla morte, avvenuta il 27 marzo 1972), Escher trova nuovi spunti anche dalla frequentazione degli scienziati. Su suggerimento di un professore inglese, nel 1960 progetta una composizione sul nastro di Moebius, una figura geometrica che si ottiene facendo fare mezzo giro a una striscia di carta e incollandone gli estremi. E' una superficie a una sola faccia che Escher popola di cavalieri e formiche industriose. Ignorato a lungo dalla critica e dal mercato, artista non catalogabile, per tutta la vita Escher ha dato forma alle sue ossessioni matematiche. Per chi volesse saperne di più, segnaliamo che a lui e alla sua opera è dedicato un convegno organizzato dal matematico Michele Emmer: inizierà a Roma il 24 giugno e proseguirà a Ravello (dove Escher abitò) il 27 e 28 giugno. Giovanni Valerio m

Persone citate: Giovanni Valerio, Michele Emmer

Luoghi citati: Belgio, Italia, Olanda, Ravello, Roma, Spagna, Viareggio