LA SIGNORA JUVE CANTATA DA ARPINO di Claudio Gorlier
LA SIGNORA JUVE CANTATA DA ARPINO LA SIGNORA JUVE CANTATA DA ARPINO STILE E STILETTO La Juventus di Arpino Bruno Quaranta Limino pp. 107 L. 22.000 ARECCHI anni or sono, Giovanni Arpino attaccò un mio pezzo pubblicato nel «Corriere della Sera», con l'impeto e l'aspra passionalità che lo caratterizzava, lui che detestava l'ipocrisia delle belle maniere diffusa nelle nostre dimore letterarie. Io gli replicai con altrettanta e, devo ammetterla, maligna durezza. Allora lui tornò alla carica e, per colpirmi secco, mi paragonò a Gianni Rivera, sapendo che nessuno dei due lo amava. Devo dire che, superata la tempesta, la nostra amicizia si rinsaldò, e che per capirci bastavano in genere poche parole o magari cenni del capo. Il mio rimpianto per lui non si è mai spento. L'eccellente libro di Bruno Quaranta, Stile e stiletto. La Juventus di Arpino, in cui la intensa e spesso commossa amicizia non fa mai velo alla sottile lucidità biografica e critica, mi induce a rammentare l'episodio perché la metafora sportiva, il referente sportivo, non valevano mai per Arpino quale vezzo o strizzata d'occhi, in una letteratura (e, se si pensa, in un cinema) in cui dello sport quasi ci si vergogna, esibendolo se mai come civetteria, mai invece facendolo proprio nell'immaginario, come accade, per esempio, per la letteratura americana. Non si faccia ingannare il lettore dal riferimento alla Juventus, a suo modo opportuno in occasione del centenario della Signora. Nel libro c'è ben altro, e lo sport giustamente esige un'attenzione particolare, anche in considerazione del fatto che Arpino, oltre a scrivere un romanzo unico nel suo genere sul calcio, Azzurro tenebra, fu un grande e competente - s'intende, con le simpatie e le antipatie comuni a tutti - giornalista sportivo, prima sulla «Stampa» e poi sul «Giornale». La cronaca sportiva di Arpino, che, grazie al cielo, era in primo luogo cronaca e non disquisizione filosofica come spesso accade tutt'ora, rappresentava una pietra miliare che si rapporta coerentemente all'Arpino narratore, piaccia o no, uno dei maggiori dell'ultimo mezzo secolo. Voglio dire che gli umori, i fermenti, la concretezza insieme agonistica e festiva della realtà della convivenza umana, si manifestano tanto nella pagina giornalistica quanto in quella narrativa. Un giorno Cesare Cases mi faceva notare che forse nessuno scrittore italiano del nostro tempo sapesse raccontare come Arpino un grande pranzo, un'abbuffata. Arpino non tollerava i «pollastri d'elzeviro», una stoccata che soltanto lui poteva inventare, «artigiano libero», scrive acutamente Quaranta, «fino alla solitudine». Di qui anche i «carissimi nemici», tanto per mettere le carte in tavola e dirsi le cose in faccia. Ma non pensiamo soltanto al calcio. La opportuna antologia di scritti giornalistici di Arpino che chiude il volume di Quaranta spazia ben oltre, senza contare i brani utilizzati nel testo, le poesie anche dialettali, perché della complessa piemontistà di Arpino non si può tacere. E quindi, di quello sport appartato, noto soltanto in Piemonte e in Liguria, fervido e antico, il pallone elastico. Andate a rileggere il ritratto di Manzo, l'eroe per eccellenza del balon, che ho avuto il privilegio di conoscere, e capirete. Per gli scritti sul pallone elastico assegnammo un premio ad Arpino, naturalmente ad Alba. Ne fu felice, e io tuttora fiero di militare nella giuria. Claudio Gorlier STILE E STILETTO La Juventus di Arpino Bruno Quaranta Limino pp. 107 L. 22.000
Persone citate: Arpino, Bruno Quaranta, Cesare Cases, Gianni Rivera, Giovanni Arpino, Manzo, Stile
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