Parolaio di Umberto Eco
Parolaio Parolaio Umberto Eco IL MEGLIO DEL PEGGIO. Finalmente. Finalmente, sinora soffocata dalla vittoria della sinistra, è tornata l'invettiva contro gli italiani improvvisamente scomparsa il 21 aprile del '96. E' bastato uno zero virgola qualcosa in più per il Polo e con perfetto tempismo provvede Umberto Eco su Repubblica a ricordarci che gli italiani amano «i governi cialtroni». Che noia vincere e non potersela prendere con i connazionali ignoranti, disonesti, stupidi, mossi unicamente dal «tornaconto personale». Che frustrazione non poter lanciare acuminati strali contro la teocrazia in agguato, non poter invocare la par condicio, non poter vergognarsi di essere italiani, non poter inveire contro l'dmbecilgente». Ma adesso la destra che conquista un fondamentale Comune in provincia di Varese con meno di cinquecento abitanti («Attenti al ritorno della vecchia Italietta») restituisce un aroma oramai perduto, il gusto di sentirsi vittime, martiri, minoranza eroica al cospetto di una maggioranza rozza e incolta. Ed Eco, dopo due anni di astinenza, può prorompere come ai bei tempi: «Il fatto è che esiste un sentimento tipico nazionale, da sempre invincibile, che si esprime nel celebre: si stava meglio quando si stava peggio». Finalmente. Un altro zero virgola qualcosa e torna pure l'indimenticabile campagna Rai «Abbonato alza la voce». Ancora uno sforzo, please. LA SPINA DELLA ROSA. A proposito di Umberto Eco, ecco come Ruggero Guarini, intervistato dal Messaggero, dice la sua sul .tema dei «prestito letterari: «Uno che peggiora i testi che preleva è Umberto Eco: nel romanzo Il nome della rosa ne ha prelevato uno famoso di Erwin Panofsky e lo ha sicuramente peggiorato, perché Panofsky scrive con lo stile di un grande storico dell'Arte, Eco con lo stile dell'autore di un Bignami». Prestiti. Con gli interessi. VIETATO VIETARE. Riferisce il settimanale Lo Stato che il deputato leghista Mario Borghezio, da sempre attento ai problemi del libro e ancor più del Salone del libro, ha scritto una lettera indignata al ministro Walter Veltroni per sapere urgentemente «come mai il Salone del libro di Torino ha totalmente ignorato il centenario della nascita di Julius Evola, il pecltuigtsri«rMario Borghezio più grande maestro di Scienze esoteriche e occulte del Novecento». Siamo in grado di rivelare il perché delTesclusione. Si tratta infatti semplicemente di un complotto. In una località imprecisata un gruppo di congiurati, formato da rappresentanti qualificati di logge massoniche coperte, di sette esoteriche rivali, di servizi segreti «deviati», di schegge del terrorismo rosso, di elementi della Cia, di elementi del Mossad, di elementi dell'ex Kgb, di associazioni fanatiche giapponesi use a diffondere gas letali nella metrò di Tokyo, elementi deviati del Bagaglino, spie infiltrate nei gruppi dell'estrema destra, gnomi della finanza internazionale, seguaci occulti dell'Ulivo, si è riunito segretamente per deliberare che: il nome di Evola non deve comparire al Salone del libro. Tutto qua: le cose sono spesso molto più semplici di quanto non ci si immagini. SOGNI E BISOGNI. C'è modo e modo di manifestare entusiastico consenso nei confronti di un libro, ma l'entusiasmo dimostrato su Tuttolibri da Anacleto Verrecchia nei confronti del libro di Manlio Sgalambro Nietzsche. Frammenti di una biografia per versi e voce, sfiora l'apologia. Nota ammirato Verrecchia che «Sgalambro "piscia" pubblicamente e spaccia per poesia le sue minzioni». Continua Verrecchia, estasiato: «Ho dovuto leggere il libro a debita distanza perché puzza di fecalità». Interrogativo finale: «Dobbiamo mettere il depuratore anche in letteratura?». Urie ringraziamento di Sgalambro. o GELATO AL VELENO. A Luca Doninelli, invece, non è piaciuto il tono liquidatorio con cui il critico Giovanni Pacchiano aveva trattato sul Corriere della Sera l'antologia di racconti Il '68 di chi non c'era (ancora) a cura di Raul Montanari. E su Avvenire Doninelli scrive: «Da tanti anni Pacchiano naviga nel sottobosco letterario e non abbiamo mai avuto il piacere di assistere a una sua presa di posizione contro qualche nemico importante e potente». E aggiunge: «La sua prosa burocratica, da pagina finanziaria, rivela l'intellettuale stipendiato buono al massimo per mettere veleni in questa o quella tazzina». Urge ringraziamento di Pacchiano. Pierluigi Battista sta Umberto Eco Mario Borghezio
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