«La Rai paghi il mio calvario» di Francesco Grignetti
«La Rai paghi il mio calvario» Lic^nziato nel '93: «Fui vittima di una faida, rivoglio il posto e un miliardo» «La Rai paghi il mio calvario» Ex dirigente arrestato e poi assolto ROMA. Era un dirigente importante della Rai, democristiano in auge con il democristianissimo Gianni Pasquarelli, governava con pugno di ferro i centri di produzione di Roma (Saxa Rubra, Dear, Salario e Teulada) e stava per fare un ulteriore scatto di carriera. Poi cambiò tutto. Arrivarono i Professori: Dematté presidente, Locatelli direttore generale, Celli direttore al personale. E lui, Michelangelo Cardellicchio, cadde in disgrazia. Prima il licenziamento. Poi l'arresto. Infine il crucifige sui giornali. A distanza di cinque anni, Cardellicchio è stato assolto con formula piena. Ma è un uomo rovinato che chiede il reintegro alla Rai più gli arretrati (un miliardo) e i danni. «Non ce l'ho con i magistrati, ma con la Rai. Perché io sono la vittima di una faida interna - racconta senza acrimonia, con il tono di chi si sente sopravvissuto a un cataclisma - cominciata all'ombra di Tangentopoli. Dirigevo il centro di produzione di Roma, che significa troupe per i tg, ma anche scenografia per i varietà. Lavoravo bene, lasciatemelo dire. Stavo abbassando i costi, riducendo gli sprechi, e per questo mi ero fatto molte antipatie. Non solo. Stavo diventando un pericolo per gli appalti esterni, visto che i costi interni erano tornati competitivi. Ero in predicato per diventare il direttore dell'istituendo centro nazionale di produzione Rai. Ma qui iniziano le mie disgrazie». La carriera di Cardellicchio cresce e, lui ammette, «aumentano i miei nemici». Intanto gli crolla intorno un mondo. La vecchia Rai è decapitata. Il 13 luglio 1993, pieno governo Ciampi, arrivano alla Rai i Professori con il mandato di fare pulizia. Cardellicchio ritiene di essere stato un classico capro espiatorio. «Loro avevano voglia di epurazione, ma non conoscevano l'azienda. Dall'interno qualcuno li guidò contro di me». Fatto sta che dopo qualche mese, a ottobre '93, l'azienda concorda con Cardellicchio un'uscita dolce con buonuscita. Sennonché la Rai ci ripensa e lo licenzia in tronco. Per tutto due mesi è guerreggiare di avvocati da una parte e dall'altra. Intanto il 17 dicembre, clamorosamente, arriva l'arresto. L'accusa è di concussione: il diri¬ gente, tra il 1990 e il 1994, avrebbe preteso lavori gratuiti per casa sua da una ditta che partecipa alla manutenzione di Saxa Rubra. «Quaranta milioni di concussione quando maneggiavo un budget di trenta-quaranta miliardi... Il ridicolo è che io non c'entravo affatto con i lavori edili di Saxa Rubra. Io mi occupavo dell'esercizio, ma la Rai si guarda dal comunicarlo ai giornali. Comunque, per fortuna avevo pagato con assegni e fattura». Otto giorni dopo l'arresto, Cardellicchio viene rimandato a casa. Arresti domiciliari. «Mi arrivò per lettera la mazzata finale. Io ero nello stato psicologico che potete immaginare. Vietato comunicare con l'esterno. E il direttore generale Locatelli, con lettera circolare alla Procura, mi chiede conto di quattro viaggi di rappresentanza più pranzi per un totale di 25 ospiti. Tutto qui. Banalità, in condizioni normali. In quel momento, no. E d'altra parte Locatelli non aveva preannunciato al pm Misiani, che l'aveva riferito al gip, "lo licenziamo perché è un ladro"? Ecco, queste erano le "prove" che la Rai inviava in Procura. Mi vergogno ancora oggi pensando a quel dirigente che preparò un simile dossier contro di me. Questa è la mia storia. Un incubo durato quattro anni: mi hanno pignorato la casa di Roma e in Sardegna, ho impegnato i regali di nozze per pagare le spese legali, vivo grazie ai miei congiunti. Dalla Rai voglio i danni». Francesco Grignetti
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