La confessione di Starr di Andrea Di Robilant

La confessione di Starr «L'ho fatto per contrastare la disinformazione degli indagati». Ma la Casa Bianca attacca: deve dimettersi La confessione di Starr «Sono la gola profonda del Sexygate» m WASHINGTON. Clamoroso! Kenneth Starr, il procuratore che indaga sulle presunte malefatte del Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, ha parlato riservatamente con alcuni cronisti. Peggio: ha fatto filtrare qualche indiscrezione sulle sue indagini. In Italia, dove interi verbali coperti da segreto istruttorio finiscono regolarmente sui giornali, la rivelazione dei contatti di Starr con la stampa non avrebbe fatto neppure notizia. Ma qui ha scatenato un putiferio che ha dominato i talk show della domenica. Dietro a quest'ultimo episodio della saga sui rapporti tra media e potere c'è lo zampino di Steven Brill - proprietario e direttore di «Brill's Contents», una nuova rivista che promette di coprire il mondo dell'informazione da dietro le quinte. L'articolo di copertina del primo numero, che porta appunto la firma di Brill, è un lunghissimo, dettagliatissimo reportage sulle fonti che hanno alimentato lo scandalo Lewinsky. Messo sotto torchio da Brill, Kenneth Starr ammette (e l'articolo riporta le sue ammissioni tra virgolette) che lui e i suoi colleghi hanno parlato informalmente con alcuni giornalisti in più occasioni sin dai primi giorni dello scandalo. E nello stesso articolo - sempre intervistati da Brill - i giornalisti di varie testate confermano di aver avuto colloqui con Starr e colleghi. Segue un elenco preciso di circostanze, nomi, testate, virgolettati. In realtà era ovvio a tutti - in città si diceva da mesi - che Starr e il suo ufficio erano la fonte principale di molti articoli sullo scandalo Lewinsky. Anche la Casa Bianca lo ripeteva in ogni possibile occasione. Allora perché tanto clamore? Perché adesso è scritto nero su bianco, perché il «gioco» è stato svelato al pubblico. E perché Starr adesso è chiamato a rispondere all'accusa di Brill, secondo cui, violando il segreto istruttorio, ha violato la legge. Kenneth Starr ha risposto sabato notte, prim'ancora che la rivista uscisse in edicola, con una dichia- razione al vetriolo in cui accusa Brill di falsità irresponsabile. «I nostri contatti con la stampa sono stati assolutamente legittimi», dice Starr. E spiega che le sue confidenze alla stampa non riguardavano i contenuti delle testimonianze davanti al gran giurì né «informa¬ zioni sostanziali» di un'inchiesta della magistratura. «L'ho fatto per contrastare un'opera di disinformazione in corso e per creare fiducia nell'opinione pubblica sull'operato del mio ufficio», si è giustificato. Ma alla Casa Bianca non è parso vero di poter saltare addosso a Starr per questo passo falso. Clinton ha subito mandato i suoi fedelissimi a sbranare il procuratore sui principali talk show della domenica. «Questa è una bomba», ha urlato Rahm Emanuel, collaboratore po- litico del Presidente, intervistato dalla Nbc. «E' una nuvola nera che grava sull'ufficio di Kenneth Starr, e che mette in dubbio la legittimità stessa del suo operato, delle sue tecniche investigative, delle sue tattiche, dei suoi motivi... La gravità delle accuse è tale da richiedere l'apertura di un'inchiesta». E il portavoce della Casa Bianca James Kennedy ha detto che «serve un magistrato indipendente per investigare su come indaga il magistrato indipendente». Ma sotto accusa non è solo Starr: anche i cronisti del caso Lewinsky sono passati allo spiedo da Brill per essersi lasciati turlupinare dall'ufficio di Starr e per aver violato accordi di riservatezza con altri testimoni pur di battere la concorrenza. Insomma, un gran polverone. E Brill, l'astuto editore-direttore che vuole sfruttare il malanimo nei confronti dei mass-media che a quanto pare pervade l'opinione pubblica americana, non poteva sperare di meglio per il lancio della sua nuova rivista. Andrea di Robilant Il procuratore speciale del Sexygate Kenneth Starr è al centro di nuove aspre polemiche

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